< Il Parlamento del Regno d'Italia
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Luigi Baino Giovanni Antonio Ambrosetti
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Cesare Beccalossi.


BECCALOSSI CESARE, avvocato

deputato.


A Brescia, una delle più generose tra le nostre città, il dì 13 marzo del 1799 dall’avvocato Giuseppe, primo presidente della corte d’appello durante il regno d’Italia, e da Angiola Marini è nato il Beccalossi.

Entrato fanciullo nel collegio militare, che si nomava la Paggeria del principe Eugenio, dovette uscirne nel 1834, quando gli Austriaci invasero la Lombardia e si dieder premura d’abolire quel semenzajo italiano d’ufficialità.

Rammaricato nel vedersi precludere di quella guisa e da tali mani la carriera dell’armi, il Beccalossi si recò a Padova, d’onde, compiti gli studî preparatorî in quel liceo, trasse ad apprender legge nell’università di Pavia, nella qual città s’ebbe la laurea nell’anno 1825.

Rientrato in patria, fatte pratiche e avuta licenza d’avvocato, si fissò a Leno, ove visse operoso e onorato, seminando buoni esempi ed ottime azioni e raccogliendo la stima, la fiducia e l’affetto de’ suoi conterranei.

Sorvenne l’epoca del 48, questo primo allarme della gran lotta nazionale, e l’avvocato Beccalossi fu invitato a lasciare in un canto digesto e codice per ricordare le militari discipline apprese nella Paggeria del principe Eugenio, e giovarne i suoi compatrioti.

Accettò di buon grado l’incarico, e tanto e così efficacemente s’adoperò come organizzatore e come istruttore, ch’entro il breve termine di pochi giorni Leno possedeva un battaglione di guardie nazionali, di cui era naturalmente, e per unanime acclamazione dei militi, eletto a maggior-comandante il nostro avvocato.

E i momenti di prova non tardarono ad arrivare.

L’Austriaco si ritraeva fremente per la patita sconfitta, e un corpo intero d’armata stava per passare da Leno.

Come lo si può agevolmente pensare, la notizia dell’arrivo di sì poderoso stuolo nemico fu udita con isgomento dei Lenesi; si temevano rappresaglie, rapine e vendette, nè senza ragione, come più tardi si ebbe in più d’una provincia d’Italia a farne la straziante esperienza. I membri del municipio fuggirono e si nascosero; il Beccalossi, egli che certo avea da temer più d’ogni altro l’odio dello straniero, fu la sola autorità che rimanesse al suo posto. E non soltanto rimase al suo posto, ma comprendendo quanto maggiori danni potessero risultare al paese dell’essere così sprovveduto d’un capo che valesse a rappresentarlo e a sostenerne gl’interessi, ove pur fosse d’uopo, presso il comandante supremo delle truppe ostili, assunse la direzione, la responsabilità di tutto e di tutti.

E ben gliene colse. Quel suo fermo e dignitoso contegno ne impose all’Austriaco, che trattò il paese e lui con ogni riguardo, e riconobbe la pericolosa autorità assuntasi con sì longanime risolutezza del Beccalossi, dirigendosi unicamente ad esso per tutte quelle somministrazioni di foraggi, di viveri e di vetture che gli erano necessarie, somministrazioni tuttavia che furono moderatissime, fatto piuttosto unico che raro nella triste istoria delle marce de’ soldati dell’apostolico imperatore in Italia.

Trascorso quel nembo, che per nostra sventura non si allontanò del tutto dall’italiano orizzonte, sicchè ebbe poscia ad oscurare di nuovo il bel cielo della penisola, il Beccalossi, chiamato a far parte del Comitato di pubblica sicurezza, intraprese un’escursione in tutti i comuni del suo distretto onde invitarli alla fusione del Lombardo-Veneto col Piemonte, che si sa quanto riuscisse unanime e spontanea nell’intero bresciano.

Al ritorno dell’Austriaco il Beccalossi non si allontanò neanche questa volta dal paese, e non ne ebbe molestie. Pure sembrandogli a buon dritto insopportabile l’esser testimone ogni giorno, ad ogni ora, dei soprusi e delle barbarie commesse contro gl’infelici suoi compatrioti dal dominatore straniero, chiese nel 1856 l’emigrazione legale, che, dopo lungo attendere e con molta difficoltà, ebbesi l’anno dipoi.

Venne allora a stabilirsi in Torino, dalla quale città non si è più mosso, ed ove nelle elezioni generali del corrente anno si ebbe la dolce riprova del memore affetto che i suoi Lenesi conservan di lui, ricevendone il mandato di loro rappresentante al primo Parlamento del regno italico.

L’avvocato Beccalossi ha pubblicato a Brescia nel 1842 un’Istruzione famigliare sui contratti di locazione e conduzione temporanea ecc. ecc., libro che ne sembra utile e benemerito, come quello che facilita e popolarizza, direm così, alcune delle più interessanti parti del codice civile, e tende a sottrarre l’ignaro di legge ad errori nella stipulazion de’ contratti.



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