< Il Parlamento del Regno d'Italia
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Giuseppe Carrias Berardo Maggi


Questo testo fa parte della serie Il Parlamento del Regno d'Italia


Emilio Broglio.



Ha veduto il giorno in Milano nel febbrajo del 1814 da Angelo e Giuditta Righetti.

Fatti gli studi ginnasiali nel collegio di Verona, si recò all’università di Pavia, ove prese laurea in legge nel 1855. Nel medesimo anno sostenne con plauso gli esami ond’essere approvato, come lo fu, a professore privato di diritto naturale e di statistica e più tardi di scienze politiche e di economia pubblica, esercitando quindi in patria con profitto suo ad altrui tale insegnamento nel tempo stesso in cui in qualità d’alunno interveniva nell’ufficio fiscale, ch’era in allora la più vasta e dotta palestra per le pratiche legali.

Nell’autunno del 1840, in compagnia di quel simpatico ingegno e caldissimo cuore che ha nome Aleardo Aleardi, stato al Broglio diletto compagno di studi nel collegio di Cremona, il nostro protagonista visitò le principali città d’Italia e fece ampia raccolta d’importanti cognizioni. Si fu in una questione quasi affatto industriale ed economica, la famosa questione sul tracciamento della strada ferrata da Milano a Venezia, che il Broglio ebbe campo, non solo di distinguersi per la saviezza de1 suoi consigli e de’ suoi giudizi, ma anche di mostrare la sua decisa avversione contro il governo antinazionale degli Austriaci. Definita tale questione in senso favorevole ai buoni patrioti, i più chiari tra questi furono portati alla direzione della società delle strade di ferro lombarde e il Broglio stesso venne nel 1842 nominato segretario della direzione, posto nel quale rimase fino al 1846, epoca in cui dovette rinunciarvi per essere stata la Società incamerata dal governo austriaco.

Riprese allora il Broglio la sua carriera di professore privato, sostenne quindi gli esami d’avvocato con nota distinta, non potendo però mai, a causa d’opposizione per parte della polizia, ottenere una nomina nell’avvocatura.

Al cominciare del 1848 il nostro protagonista ebbe a soffrire una perquisizione domiciliare e un principio di processo criminale per accusa di complicità con Manin, allora prigioniero in . Venezia, nel delitto di perturbata tranquillità dello Stato.

Scoppiata la celebre rivoluzione di Milano, il Broglio fu uno dei primi a prendervi notevolissima parte, correndo al principio delle ostilità grave pericolo di vita, e venendo assunto fin dalle prime ore a segretario del governo provvisorio.

Lavorò in tale sua qualità col conte Giuseppe Durini, uomo di vasto ingegno e di nobilissimo cuore troppo presto e troppo sventuratamente rapito all’Italia da morte quasi improvvisa nel 1850, il quale era incaricato del portafoglio degli affari interni, e si recò con esso, con Gaetano Strigelli, ora consigliere di governo in Milano, e con Andrea Lissoni, ora deputato anch’esso, a Torino per trattare col governo del Re del regime provvisorio di Lombardia dopo la legge di fusione.

Sopraggiunte le sventure militari del 1848 e la capitolazione di Milano, il Broglio emigrò in Piemonte, dove fu ben presto eletto deputato al Parlamento nazionale dal collegio di Castel S. Giovanni.

Votò in allora col partito Gioberti e fu dal ministero dell’illustre filosofo nominalo professore d’economia pubblica nell’università di Torino. Sciolta la Camera negli ultimi giorni del 1848, venne rieletto deputato, nelle nuove elezioni all’unanimità, finchè il disastro di Novara gli fece perdere il suo posto nel Parlamento, per l’avvenuta separazione di Castel S. Giovanni dal territorio dello Stato, e poco dopo anche il posto di professore.

Rientrato di tal guisa nella vita privata si diede a studi tranquilli, scrisse di vari argomenti politici ed economici in vari giornali; finchè nel 1856 pubblicò in due volumi venticinque lettere dirette al conte di Cavour sull’Imposta sopra le rendite e sul capitale in Inghilterra e negli Stati Uniti.

Nell’anno seguente, avendo la Camera eletto una giunta che studiasse questo argomento, il prof. Broglio insieme al professore Boccardo di Genova venne aggregato, quantunque non membro del Parlamento, ai lavori della giunta stessa, lavori che furono poi sospesi dall’incalzare degli eventi politici., Al principio pel 1859 il conte di Cavour radunò una giunta di cospicui cittadini lombardi sotto la presidenza del conte Cesare Giulini, ora senatore del Regno, coll’incarico di fornire al governo opportune informazioni intorno al modo di reggimento da adottarsi in Lombardia, non appena la guerra decidesse in nostro favore della sorte di quella provincia. L’avvocato Broglio fu uno dei più utili membri di quella giunta.

Non si tosto la battaglia di Magenta ebbe riaperte le porte della città nativa al nostro protagonista, che questi si affrettò a rientrarvi e fu dal governatore Vigliani pregato di assumere la direzione del giornale ufficiale La Lombardia. Nei mesi successivi fu eletto dal governo del Re membro di una giunta consultiva in materia di finanze e d’imposte, e pei servigi da lui prestati in tale qualità venne decorato della croce di cavaliere Mauriziano.

Dopo la pace di Villafranca gli venne offerto dal ministero Rattazzi il posto di segretario generale al ministero delle finanze, ma per ragioni pubbliche e private non si credette in grado di doverlo accettare.

Candidato nelle elezioni parlamentari del 1860 pei collegi di S. Cassano e di Rivergaro, non riuscì eletto. In quell’anno stesso pubblicò un volumetto di Studi costituzionali che gli fece onore. Nelle elezioni generali del 1861 fu eletto, dopo viva lotta, a rappresentante del collegio di Lonato-Desenzano.

La di lui parola alla Camera, sopratutto in materie economiche e amministrative, è molto autorevole.



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