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deputato.
La città di Napoli ha scelto a rappresentante in seno al Parlamento, gli uomini i più cospicui e i più devoti al paese, gli uomini, in una parola, i quali riassumevano più positivamente il programma eminentemente nazionale dell’unità, dell’indipendenza dallo straniero, e di una libertà fondata sulle solide ed eque basi di un regime costituzionale. Questo diciamo delle prime elezioni avvenute in quella grandiosa metropoli; che la più recente del Cairoli è stata alquanto ispirata dai principi di opposizione governativa, sebbene il Cairoli, malgrado il radicalismo delle sue teorie, sia l’uomo che non può fallire a niuno dei patti ch’egli ha giurati nell’entrare nell’aula parlamentare, ed abbia tali meriti e tali virtù di buoni italiano, da indurre gli stessi suoi più decisi avversarii politici a rispettarlo e stimarlo non solo, ma anche ad amarlo.
L’avvocato Enrico Castellano ha fatto, come ordinariamente suol dirsi, degli studi brillanti, ed ha esordito nell’esercizio della nobile sua professione in modo tale da riscuoterne gli applausi e l’ammirazione generale, e di far augurare benissimo della sua carriera avvenire.
I pronostici favorevoli si sono perfettamente avverati, e può anche dirsi siano stati sino ad un certo punto sorpassati, mentre l’avvocato Castellano è divenuto uno dei più dotti giuristi del foro di Napoli, che pur tanti ne possiede di sapienti, e ogni qual volta ha avuto occasione di patrocinare cause e sostenere difese lo ha fatto con tanta maestria di parola, forza d’argomentazione, e copia di dottrina da guadagnarsi la viva approvazione degli ascoltanti.
Non è più mancato al giovine difensore dell’orfano e della vedova, nonchè dei profughi e degli accusati politici, quell’aureola che cinge intorno alla fronte del cittadino di una patria sventurata ed oppressa, la persecuzione di un governo tirannico ed antinazionale.
Come si può ben credere, questi erano titoli più che sufficienti ad ottenere al giovine avvocato napoletano le firme le più chiare del favore di cui godeva appo loro. Ma prima ancora di esser scelto dai Napoletani a rappresentante al Parlamento, il Castellano aveva avuto occasione di rendere altri non tenui servigi alla propria città nativa nonchè all’intiera Italia, col favorire ardentemente, e con tutti i mezzi di cui poteva disporre, la cessazione dell’abborrito governo borbonico, e l’avvenimento di quello tanto sospirato, alla cui testa trovavasi il Re Galantuomo.
Non appena il Castellano intervenne alle sedute della Camera, e prese parte ai lavori di essa, si potè constatare dai suoi colleghi l’acume della di lui intelligenza, la vivacità e prontezza del suo discorso, e la profondità di sua sapienza, particolarmente in ciò che riguarda le materie giuridiche ed amministrative.
Ben presto egli ebbe occasione di prendere la parola nelle pubbliche discussioni, e ciò che si era potuto presumere di lui quando ancora limitavasi a discutere negli uffici, potè completamente verificarsi; cioè che egli doveva riuscire coll’andar del tempo, uno degli utili e distinti membri di essa.
Poco a poco, le opinioni politiche del nuovo deputato, ebbero campo di manifestarsi in tutta la sua pienezza, ed esse furono di tal natura da far temere ad alcuno dei colleghi del Castellano, ch’egli avesse ad accostarsi e a fondersi nel partito dell’opposizione la più avanzata.
Questo timore tuttavia, non era giustificato, e forse lo era tanto meno, inquantochè le convinzioni proprie del Castellano non potevano certo metterlo ad unissono con deputati della screziatura alla cui testa si trovano i Crispi, i Mordini e i Ricciardi.
Ma bisogna però convenire, che in certe circostanze, e soprattutto in alcuni momenti, il deputato napoletano trovavasi ad avere la mano forzata dall’opinione prevalente nella metropoli di cui era il rappresentante.
Le fluttuazioni dell’opinione pubblica in Napoli, sono, come ognun sa, state frequenti e qualche volta hanno raggiunto certi limiti cui non si sarebbe potuto supporre scendessero o salissero.
Questo ha fatto sì, che i rappresentanti di quella grande città abbiano potuto qualche volta trovarsi piuttosto disorientati che no, e non volendo per la maggior parte non tenersi all’unissono coi loro mandatari, abbiano dovuto assumere un contegno che forse non sarebbe stato quello che avrebbero preferito tenere.
Egli è ben vero, che fors’anco essi si sono lasciati trascinare a torto, da ciò che a torto hanno creduto il dettato della pubblica opinione. Inquantochè questa opinione, piuttosto che pubblica dovesse, in molte circostanze, ritenersi per quella di pochi agitatori e mestatori, che riuscivano con modi ed atti meno che approvevoli, ad imporla alla generosità.
E a coloro i quali hanno, abitato Napoli un tempo assai lungo, questo che noi affermiamo non potrà certamente essere impugnato; avvegnachè non possa ignorarsi da essi, come la parte la più sensata e la più culta dell’antica Partenope, credendo indegno di sè il mischiarsi in certe faccende nelle quali si trova vano a contatto con persone da essi disistimate, preferissero astenersi dell’usare dei propri diritti, e così avveniva che quelle faccende fossero completamente trattate da quelle stesse persone che non avrebbero dovuto neppur per ombra avervi parte.
Se prove ricorressero di quanto affermiamo, i fatti, amplissime ne fornirebbero; si contenteremo soltanto di ricordare qui le ultime elezioni del Consiglio municipale che sorpresero immensamente la generalità degli Italiani, ma non i Napoletani stessi, o coloro che abitanti da lungo tempo Napoli, sanno a maraviglia come quelle elezioni siensi fatte.
In queste ed in simili circostanze, sembra a noi che il rappresentante della nazione possa, anzi debba non uniformarsi quasi ciecamente all’avviso della sedicente opinione pubblica, che signoreggia nel collegio, dal quale ha ricevuto il mandato, ma conservare la propria autonomia e dare alla cosa pubblica quell’impulso, che nel proprio convincimento crede il più opportuno a fare il bene generale del paese.
Fu detto ultimamente da un deputato, col quale siamo lungi dall’esser d’accordo su molte questioni, ma che tuttavia apprezziamo e stimiamo assaissimo, una proposizione che ci sembra dover servire di regola a tutti i rappresentanti della nazione.
L’opinione pubblica non deve già guidar noi, disse quel deputato, ma deve piuttosto essere da noi guidata. E la Camera applaudi queste parole, che non potrebbero certamente venir contraddette; inquantochè s’egli è vero che nel Parlamento stia il senno della nazione, egli è evidente che tocca a questo senno a pronunziarsi e a proferire la parola d’ordine, piuttostochè a riceverla da altri.
Il Castellano tuttavia, bisogna dirlo a sua lode, non si è lasciato adescare troppo da quest’esca che morde troppo spesso i deputati, i quali non sanno astenersi di sacrificare, a quel dio, troppo spesso bugiardo, che nomasi popolarità. Egli ha resistito alla pressione più di quello che non abbianlo fatto altri dei suoi col leghi, e qualche volta ha saputo deciderci a votare con quella maggioranza, della quale si è tanto detto male da certe esagerate persone. E di questo coraggio civile, chè coraggio civile egli è, bisogna sapere molto grado al Castellano, ed augurarsi che il suo esempio frutti.
La parola dell’onorevole oratore, che noi abbiamo usato più di una volta, scorre facile ed impetuosa mente eloquente, tanto che lo si ode volentieri, anche quando sviluppa per avventura teorie o sostiene principi, che non possiamo completamente approvare.
L’avvocato Castellano è giovine ancora, e non crediamo dir cosa che possa ritenersi per inverosimile, assicurando ch’egli sa dell’avvenire, e che un giorno potrà poggiare più alto, che non sia ancor salito fino a questo momento.