< Il Parlamento del Regno d'Italia
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Luigi Lechi Antonio Colocci

deputato.


Palermo è una delle città italiane che ha dato un più gran numero di eccellenti patrioti all’Italia, numero nel quale ci è grato e doveroso l’annoverare l’egregio uomo, di cui ci accingiamo a discorrere.

Egli è nato nel 1797 e applicatosi di buon ora agli studi legali, ha conseguito in ambo i diritti la laurea, e non ha tardato a mostrarsi uno dei più abili periti giurisprudenti della metropoli siciliana.

I suoi concittadini, appresero di buonissima ora a stimarlo, tanto che quando accadde la rivoluzione del 1820 lo si nominava a membro della giunta di governo, in qualità di deputato di un municipio della provincia di Girgenti.

Dopo quella fase, in cui al Santocanale fu concesso di

provare che egli congiungeva, sebbene in giovanile età, all’ingegno e alla scienza, quella prudenza, la quale è maggiormente richiesta negli uomini che si dedicano alle gravi cure di Stato; un’altra ne sorse nel 1848, in cui si fece ancora conto sul nostro protagonista, dai suoi compatriotti, tanto che lo vediamo eletto deputato al Parlamento siciliano, onore questo che gli valse nel successivo 1855, al ristabilimento della dominazione borbonica nell’isola, la di lui esclusione assoluta della Camera di disciplina degli avvocati, avvegnachè lo si dichiarasse ineleggibile.

Quando Garibaldi, sbarcato miracolosamente a Marsala, fu entrato in Palermo, e dichiaratosi dittatore, ebbe ad organizzare un governo, la voce insistente ed unissona dell’opinione pubblica, gli additò il Santocanale, come uno degli uomini i quali avrebbero dovuto far parte di detto governo. Quindi fu che il portafogli di grazia e giustizia eragli affidato, e ch’egli resse con la generale approvazione questa importante carica della pubblica istruzione.

Non sarebbe inutile cosa il far conoscere come accadesse che il Santocanale avesse a ritirarsi da quel gabinetto alla cui testa trovavasi il barone Natoli. Noi che siamo in caso di dare qualche schiarimento intorno ad un fatto che non è ancora generalmente conosciuto in tutti i suoi particolari non possiamo trattenersi dal dirne alcuni chè di più preciso di quello che fino ad ora siasene saputo.

Si ricorda come il Lafarina e il Cordova fossero dal conte di Cavour inviati in Sicilia, con missione di tener in mano, ove l’avesser potuto, il reggimento della cosa pubblica, onde la conquista della Sicilia restasse ad ogni modo utile al novello regno italiano cui lo si designava congiungere anche quando per avventura la spedizione continentale del Garibaldi, fosse per andare fallita.

Ma il Garibaldi, che voleva restare padrone affatto della situazione, e che non poteva acconsentire a cedere quell’autorità che i maravigliosi fatti da esso compiuti avevangli dato, non sì tosto seppe dell’arrivo dei due, che montò nelle furie e volle torre loro assolutamente ogni mezzo d’influenza sul popolo, che pure riconosceva in essi due egregi suoi concittadini, instigato anche a ciò dal Crispi che vedeva bene in fondo le cose, e che non era tale cui potesse sfuggire, con quali intendimenti il Cordova e il Lafarina fossesi recati in Sicilia, dette quell’ordine perentorio di cụi più tardi moltissimi s’indignarono che i due messi di Cavour fossero riscortati fino al vapore che scaldava la macchina per il continente, onde lasciassero su due piedi quella terra di Sicilia, che era pure la lor terra natale.

Compiutosi il fatto come il dittatore aveva decretato, l’opinione pubblica si commosse grandemente a cagione di esso, e vari furono i pareri esternati in torno ad un avvenimento di cui niuno ascondevasi l’importanza.

Il gabinetto alla cui testa, come già abbiamo detto, trovavasi quell’egregio personaggio che è il barone Natoli, adunatosi & consiglio, manifestava unanimemente l’avviso di dimettersi in massa, non volendo in veruna maniera essere o mostrarsi solidale di un atto che aveva tutti i caratteri dell’arbitrario il più spinto.

Solo il Santocanale una volta che ebbe udito formolare ai suoi colleghi la determinazione del ritiro, si manifestò contrario a questo parere, e sostenne francamente e risolutamente l’opinione contraria, tanto chè le sue parole indussero quel presidente del consiglio a chiedergli s’egli volesse rimaner solo, di tutti quanti i ministri al suo posto. E siccome il Santocanale rispondevagli affermativamente, egli interrogavalo per quali motivi potesse indursi a ciò fare; alla quale interrogazione il Santocanale rispondeva presso a poco nei seguenti termini; non sono che pochi giorni che il valoroso generale Garibaldi chiamatoci presso a sè, ci ha esposto con quella franchezza e quella lealtà che lo distinguono, i motivi e lo scopo del suo modo di procedere in faccia alla Sicilia e all’Italia . Si vuole, ci ha egli detto, che io immediatamente ceda il potere il, e che raunati i comizî si promuovi il plebiscito, quale decreti l’annessione della Sicilia al Piemonte. Ora questo io non lo voglio fare e non lo debbo, perchè venendo qui non ho avuto soltanto in mira la liberazione di questa generosa terra, ma anche la redenzione delle altre provincie d’Italia, sotto allo straniero o ad un governo dispotico e questo non mi sarebbe assolutamente concesso, qualora io cedessi alle brame di coloro, che propugnano l’annessione immediata. E rivoltosi a noi, il generale c’interrogó colla voce e collo sguardo per decidersi se saremmo disposti a sostenerlo nella via da esso battuta, ed io dal mio conto, che non distava da lui che di breve intervallo, gli dichiarai esser affatto deciso di prestarle tutto il mio debole appoggio. Quindi è che non credo dovere in quest’occasione mancarvi di parola e trarmi addietro, quando ho detto di rimaner fermo qui ove sono.

Questi deliberati accenti produssero sull’animo dei colleghi del Santocanale un impressione così profonda, ch’essi ebbero a riconoscere non solo la giustezza delle sue obbiezioni, ma ben anco decisero di uniformarsi al parere da esso espresso ritirando la proposta di dimissione in massa che avevano risoluto di accogliere.

Pochi giorni dopo che il ministero era di questa guisa rimasto al suo posto, il Santocanale veniva invitato a rassegnare il portafogli. – Egli lo fece motivando la sua dimissione col dire che riconosceva non essere l’ingegno suo all’altezza degli obblighi della carica che gli si era affidato.

Noi ci siamo fatti, come sempre, semplicemente gli storici di fatti che non intendiamo spiegare o commentare, ma dei quali ci consta la perfetta verità.

La comune e la provincia di Palermo elessero il Santocanale a membro dei proprî consigli, e compiuta nel 1861 l’annessione, egli fu nominato a consigliere di luogotenenza per la giustizia.

Più tardi a presidente della camera di disciplina de gli avvocati, e insignito del collare di commendatore dell’ordine dei santi Maurizio e Lazzaro.

Egli ha pubblicato due importanti opuscoli, uno dei quali sul matrimonio civile, l’altro sugli ordini monastici, che sono stati molto apprezzati.

Il Santocanale stimatissimo, come già abbiam detto nel proprio paese, è uno dei più diserti oratori del foro palermitano che pur ne conta di eloquentissimi.

Ci dimenticavamo di dire che nel 1850 caduto in sospetto alla polizia venne arrestato e tradotto nelle prigioni di Stato ove non rimase che tredici giorni mediante l’intercessione di alti personaggi, e sebbene il Manescalco, che allora reggeva in Palermo quello lasciamo giudicare che si chiamava in quel tempo con quanta proprietà di vocabolo — il Buon governo, si scusasse seco lui protestando quell’arresto doversi attribuire ad imperdonabile errore, non veniva meno perciò confinato per 5 mesi.

Da ciò ci giudichi come dovesse agire quella benevola polizia verso coloro i quali aveva fondate ragioni per credere di non sospettare troppo ingiustamente!...


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