Questo testo è completo. |
◄ | Giuseppe La Farina | Pier Carlo Boggio | ► |
deputato.
È nato a Pescia di nobile famiglia devota ai principi già regnanti in Toscana. Ha fatto brillantemente gli studi legali nell’Università di Pisa, quindi si è avvocatato in Firenze, ove ha posto stabile domicilio, ad esercitare la professione. Benchè Firenze sia una di quelle città in cui gli avvocati, e i buoni avvocati abbondano piuttosto che no, l’arte del ben dire sembrando quasi un privilegio esclusivo de’ Toscani, tuttavia il Galeotti non tardò gran tempo ad esser notalo come uno tra i più capaci e i più diserti.
Ben presto le vicende politiche del 1848 diedero agio al nobile pesciatino di mostrarsi scrittore arguto ed elegante, uomo politico avveduto e sapiente. Inviato dalla città nativa a sedere nella qualità di rappresentante nell’Assemblea toscana, ebbe posto importante nei lavori e nelle discussioni di essa, seguendo quel partito alla cui testa si trovavano gli uomini i più assennati ed onesti dell’Atene italiana.
Nel giornalismo, nel quale egli si mise, dirigendo un periodico che era l’organo dell’importante partito cui abbiamo accennato, si accrebbe la fama del Galeotti, che vi dava articoli profondi sulle evenienze straordinarie del tempo, e vi combatteva efficacemente in favore della causa della libertà e dell’indipendenza d’Italia. Fu pur esso, il Galeotti, un saldò e costante oppositore allo sgoverno guerrazziano, e un di coloro i quali si adoperarono alla restaurazione del Governo granducale, nella fiducia che la Toscana potesse di tal maniera conservare le istituzioni liberali che già possedeva e andasse esente dalla insopportabile occupazione straniera.
È inutile rifar qui la dolorosa istoria del come andassero fallite le speranze di tanti egregi toscani, i quali mal conoscevano l’animo debole, per non dir più, di Leopoldo II. Il Galeotti resse col suo giornale fin che potè; fino a quando cioè i ministri del granduca ebbero dichiarato che lo Statuto più non esisteva. Allora, anch’egli, il nostro protagonista, si ritrasse dalla vita pubblica e si rimise all’esercizio della sua professione, nella quale ogni di acquistò maggior celebrità. Ma quando le prime aure annunziatrici di un cambiamento sostanziale nelle sorti della patria sorsero ad aprire il cuore degli energici patrioti a novelle speranze, il Galeotti col Ricasoli, col Peruzzi e col Bianchi si mise coraggioso all’impresa e fu uno dei più attivi fattori di quella situazione politica la quale mise capo alla pacifica rivoluzione del 29 aprile.
Da quel momento in poi il Galeotti ha avuto parte grandissima a tutte le faccende politiche ed amministrative, non della Toscana soltanto, ma di tutta quanta l’Italia. Fu membro della Consulta, deputato dell’Assemblea toscana che votò l’annessione al Piemonte; membro quindi del Parlamento nazionale italiano, dai quale fu per ben due volle eletto a segretario. Non vi ha certamente alcun deputato che possa vantarsi di essere più attivo, e più indefesso al lavoro del Galeotti. Ei viene eletto membro di quasi tutte le commissioni che hanno da occuparsi dello studio di leggi di una qualche importanza; egli prende parte continua alle disamine che di queste leggi si fanno negli uffici; e bene spesso parla intorno ad esse, quando se ne discute nell’aula della Camera, dovendo il più delle volte farlo per obbligo, mentre è raro ch’ei non venga eletto relatore delle Commissioni di cui è chiamato a far parte.
L’avvocato Galeotti è uno dei più saldi e degni campioni del gran partito liberale moderato. La sua parola nobile, eloquente, spontanea ha molla autorità, e non di rado le grandi discussioni dell’Assemblea elettiva hanno termine con un ordine del giorno proposto dall’insigne Toscano, di cui ci siamo fatti biografi.