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senatore.
Uno dei libri storici che nel nostro secolo hanno prodotta una più grande e favorevole impressione in Italia è stato senza alcun dubbio quello dell’Amari intorno ai Vespri Siciliani. Siciliano, come tutti sanno, egli stesso, il chiaro autore in età ancora giovanile ha scritta la narrazione di quell’epopea della patria isola con tanta ricchezza di colorito, saviezza e profondità di osservazioni, eleganza e robustezza di stile da ottenere meritamente quel grande e duraturo successo da esso conseguito.
La gloria e il soddisfacimento di quel trionfo furono turbati dalle amarezze del lungo esigilo cui lo condannarono la caldezza del suo patriottismo e il feroce sospetto dei Borboni, i quali odiavano e perseguitavano ogni più nobile figlio di quella terra paradisiaca da essi oppressa.
A Parigi l’Amari visse del prodotto dei propri lavori letterari e d’un impiego d’ajuto bibliotecario, scarsissimamente retribuito, che gli venne affidato nella biblioteca imperiale.
Ma i giorni della meritata ricompensa sorsero alfine; l’Amari ebbe uno scanno nel Senato e più tardi fu scelto dal Farini a ministro dell’Istruzione Pubblica, in quel Ministero in cui sedevano pure quei chiari uomini che sono il Minghetti e il Peruzzi.
Durante i diciotto mesi in cui l’Amari fu ministro emanò provvide leggi e amministrò lodevolmente un dipartimento, che lui tanta importanza in Italia.
Si ritrasse dal potere insieme ai suoi colleghi dopo i fatti non mai abbastanza deplorati di Torino, sorti a proposito di quella convenzione colla Francia, che forma e formerà uno dei più bei titoli alla riconoscenza nazionale che appartengano incontestabilmente al Ministero Minghetti e Peruzzi.