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deputato.
È uno dei martiri della tirannide borbonica.
Nato in Manduria nella Puglia nel marzo del 1818 da Tommaso e da Carmela Casistimo, studiò in Napoli fino al 1847, abbandonando questa metropoli giusto sul bel cominciare dei grandi avvenimenti politici di quell’epoca. Siccome però era legato dai vincoli della più stretta amicizia coi principali fautori di quelli, cosi prese parte, ed ampia parte, ai moti che accaddero nella nativa provincia dopo la catastrofe del 15 maggio 1848.
Arrestato in Lecce, addì 13 settembre, insieme a due suoi fratelli, Giovanni e Vespasiano, dopo aver sofferti due anni di durissimo carcere fu condannato a 30 anni di ferri, e tradotto prima al bagno del Carmine in Napoli, fu trasferito dappoi in quello dell’isola di Procida, daddove il 9 gennajo del 1852, insieme al barone Poerio, a Michele Pironti, a Niccola Nisco, a Vincenzo Tonna ecc., fu trascinato in quello di Montefusco, orrido e malsano fra tutti.
Colà visse — se vita può chiamarsi quella — quarantadue mesi, e l’umidità di quella fogna danneggiandolo nella vista ebbe a perdervi un occhio. Da Montefusco fu poscia in Montesarchio, e da quell’ultimo bagno in quello di Nisida.
Da qui nel gennajo del 1859, per decreto di Ferdinando II, la galera fu commutata pello Schiavoni ed altri molti condannati politici in perpetuo esilio, e i martiri furono imbarcati per Nuova-York, sebbene, come ognun sen sovviene, lor riuscisse di approdare in Irlanda, e da quest’isola passati in Inghilterra, di rimetter piede sul continente europeo, festeggiati per tutto ove passavano.
Rientrato nel 1860 in patria, lo Schiavoni fu eletto a deputato al Parlamento nazionale dal collegio della nativa Manduria.