Questo testo è stato riletto e controllato. |
◄ | Domenico Carutti | Francesco Borgatti | ► |
deputato.
Ebbe vita il Castiglioni da Federico, professore ginnasiale in Cremona, il 20 luglio del 1824, e fin dalla prima età diè a divedere non comune talento e singolare applicazione agli studî, sicchè compiti appena quattordici anni venne abilitato a dar lezioni private di grammatica, quindi di belle lettere e posteriormente ancora di scienze naturali, nei quali onorevoli uffici continuava fino al 1848 in Pavia, ove si traslocò insieme all’intera famiglia.
Avvezzato così per tempo ad una vita operosa, appena lo sviluppo delle sue facoltà intellettuali gliel permise, studiò con tutto l’intenso ardore d’un puro patriottismo la questione politica, e ne’ suoi insegnamenti ebbe sempre cura di educare la gioventù che gli veniva affidata, a italiani e liberi sensi.
Chè anzi, non contento di tanto, egli ebbe a fondare fin dal 1842 il giornaletto Le Forbici, che circolava per Pavia manoscritto e segreto, giornaletto del quale la polizia ebbe sentore, sicchè il Castiglioni ne ricevette non tenui molestie, tanto più poi quando lo si venne a scoprire per uno dei capi della propaganda dei libri politici.
Preso di mira di questa guisa, e fin d’allora, dalle autorità austriache, le vessazioni per parte di queste a riguardo del Castiglioni non fecero che aumentare a dismisura, quando l’iniziamento della politica proclamata dal nuovo pontefice, in cui si fissavano con tanta speranza, crudelmente delusa dipoi, gli sguardi di tutti i patrioti italiani, l’installazione dell’arcivescovo Romilli a Milano, e varie altre circostanze che riuscirebbe troppo lungo il mentovare, dettero campo al nostro protagonista di palesare con pieno ardire i generosi suoi sentimenti.
Si fu in quel torno che nell’ospedale, ov’egli seguiva il corso d’ostetrica, ordinò la società segreta che diresse il movimento nazionale tra la gioventù studiosa, società che contava tra gli altri capi i due distintissimi patrioti ed intimi amici del Castiglioni, l’ingegnere Siro Beccaria e il pittore Pasquale Massacra, entrambi martiri illustri dell’indipendenza nazionale.
Tolta nel dicembre del 1847 la laurea in medicina fu nominato medico d’ospedale e chirurgo di un quartiere della città per i poveri di Santa Corona. Veniva proposto ad assistente d’una cattedra, conoscendosi a prova l’attitudine all’istruzione cui erasi tanto dedicato in tutti i rami. Ma scoppiata la rivoluzione del 1848, corse a dividere i pericoli e le glorie degli strenui difensori delle barricate, e ritornato in Pavia nella notte del 23 marzo, fu eletto capitano della 1.ª compagnia di quella Guardia nazionale, e il 24 prese parte alla piccola, ma significante spedizione dei giovani ch’ebbero l’ardire di perseguitare Benedek nella sua ritirata verso Cremona.
Duce ed anima del partito veramente italiano, proclamava nel primo numero del giornale Il Patriottico, da lui fondato in Pavia, la leva in massa e la fusione col Piemonte, la qual cosa dimostra come le sue opinioni fossero sempre quelle che oggi lo guidano nella sua condotta politica, costituzionali, cioè, ed unificatrici.
Da questo momento la vita del Castiglioni diviene più operosa che mai, ed egli prende parte continua e notevole in tutte le vicissitudini che agitano il nostro paese. Avendo noi tra le mani un cenno biografico del nostro protagonista, che fu pubblicato in Casalmaggiore per cura della presidenza del circolo patriottico Garibaldi, quando questo circolo propugnò la candidatura del Castiglioni a deputato, crediamo doverne citare alcuni periodi, facendovi quelle aggiunte od emendamenti che informazioni attinte a sicurissima fonte ne danno modo di recarvi.
«Non bastando al Castiglioni di predicare — così si esprime il redattore di quei cenni — volle rendersi d’esempio e partiva pel campo qual chirurgo d’armata, nominato sul finir di maggio dal governo provvisorio, e fu fortunato di assistere ai brillanti fatti d’arme di Santa Lucia, Goito e Pastrengo, ed in fine nella ritirata a Milano fu nominato medico capo di due sale ed il 4 agosto dirigente un’ambulanza ed aggregato all’esercito piemontese, che, ritiratosi il 6 al di là del Ticino a cagione dell’armistizio Salasco, fu abbandonato dal Castiglioni il 9 agosto a Novara, d’onde date le proprie dimissioni, sfiduciato si recava in Isvizzera.»
Ci consta che il Castiglioni fu invitato non solo a rimanere nell’esercito, ma che gli fu anche offerta una promozione ch’ei non credette dovere accettare.
«Avvicinatasi l’epoca di riprender le armi, non rimase indifferente, e chiesto d’entrare al servizio attivo, fu nominato il 10 marzo 1849 chirurgo maggiore dello Stato maggiore, e poscia addotto all’artiglieria, e nelle battaglie della Sforzesca e di Novara ottenne la menzione onorevole.»
Non crediamo inutile d’aggiungere che questa distinzione ei la conseguì più specialmente per aver diretta l’ambulanza della 3.ª divisione, che trovavasi sprovvista di medici in aspettazione delle nuove nomine. Da Novara ritirandosi, per ordine dello Stato maggiore, verso Domodossola, comandò l’ambulanza della sua divisione che trasportava gran numero di ufficiali feriti ed era seguita da qualche migliaja di sbandati dei diversi corpi rimasti senza ufficiali.
Piantò nel ritorno l’ospedale militare provvisorio di Santhià, e dopo aver ricondotto in buon ordine fino alle rive della Sesia tutti i suoi, fu chiamato a direttore provvisorio dell’Ospedale militare in Ivrea.
Fu adoperato poscia al campo di San Maurizio ed all’ospedale di Torino, e vedendo che la guerra non poteva più riprendersi, diede una seconda volta le sue dimissioni, non volendo rimanere a carico dello Stato, ma adoperandosi sempre nei circoli politici e nei giornali a tener vivo il sacro fuoco della patria.
Il non interrotto esiglio del Castiglioni fu il suo miglior campo d’azione, giacchè nulla omise per la grand’opera della rigenerazione italiana. Di una delicatezza di sentimenti scrupolosissima, sebbene ei certo si fosse acquistalo più ch’altri il diritto di aversi un impiego e di vivere alle spese dello Stato, onde non esser d’aggravio a nessuno, tolse alla regia Università di Torino una nuova laurea in medicina e in chirurgia onde potere esercitare in Piemonte la sua professione.
Di tal guisa fu ricevuto medico condotto a Settimo, dal qual paese, vicinissimo come ognun sa alla capitale, in questa ei si recava di sovente, continuando così a tenersi informato d’ogni moto e d’ogni avvenimento che potesse tornare ad utilità delle patrie speranze. Rinverditesi queste dopo la guerra di Crimea, a cagione delle mozioni riguardanti l’Italia fatte dal conte di Cavour in seno al celebre congresso di Parigi, il Castiglioni rinunciò alla condotta di Settimo, ove si ebbe la cittadinanza sarda, ed in cui molto si adoperò e seppe acquistarsi durevoli simpatie nella funesta circostanza del cholera, per venirsi a stabilire definitivamente in Torino.
Quivi non tardò ad offrirsegli occasione di esercitare la più energica e salutare influenza sullo sviluppo del movimento nazionale qual direttore d’un importante foglio politico, l’Indipendente, che non si può revocare in dubbio molto giovasse alla gran causa italiana. Quel periodico era stato fondato nel dicembre del 1856 da una società di azionisti, deputati e senatori, che ne affidarono al Castiglioni la direzione letteraria. Un consiglio di direzione politica dava l’indirizzo per ciò che riguardava le cose parlamentari. Forse il colore politico di questo consiglio era alquanto diverso da quello che apparteneva in proprio al nostro protagonista; il quale, finchè rimase alla redazione dell’Indipendente, vi rappresentò l’elemento il più progressivo e liberale. Però, è giustizia da rendergli, quel periodico non venne mai meno ai principî di libertà, che in molte occasioni sostenne più fermamente di ogni altro, come, a cagion d’esempio, quando si trattò della legge De Foresta sulla stampa; e sopratutto propugnò la politica d’italianità e d’unificazione con costanza e fermezza, non cedendo in questo benchè minimamente il passo ai più avanzati periodici.
Il suo principal merito, che fu dapprima imputato a colpa all’Indipendente, fu quello d’avere aperta la discussione e sostenuta ad oltranza, fino dal 1857, la tesi della necessità dell’alleanza francese e di aver sempre, in mezzo alle parziali lotte tra i singoli ministri, difeso ed appoggiato in tutto e per tutto il conte di Cavour, al quale sommamente importava mantenere intatta e piena la fiducia del paese.
La linea politica, dritta ed indipendente da ogni ajuto od influsso governativo, che tenne questo giornale, e l’andamento più libero e deciso che assunse dal maggio 1858 in poi, quando ne divenne solo proprietario e direttore il Castiglioni, gli ottenne molto credito nell’Italia ed all’estero. Era forse l’unico giornale liberale che penetrasse in Toscana, grazie agli sforzi del commendatore Boncompagni, ambasciatore sardo a Firenze, che n’era collaboratore; e ci consta che colà giovasse assaissimo dando favorevol indirizzo alla pubblica opinione, e ciò sino alla primavera del 1859, quando per due articoli contro i ministri del granduca e la dinastia di Lorena, ne fu sospesa l’introduzione con gravissimo danno economico, ma con molto onore del foglio, che tra i primi sostenne l’impossibilità di mantenere Leopoldo II a sovrano della Toscana, e la necessità dell’annessione di quella provincia al regno Sardo.
E giacchè siamo entrati nell’argomento del far l’istoria di quel giornale, ci si permetta d’esaurirlo coll’aggiungere che dell’Indipendente distribuironsi per sei mesi seicento copie clandestinamente nel Lombardo-Veneto, e ciò a spese esclusive del Castiglioni stesso il quale vi consumò tutto quel po’ che possedeva.
Nè dobbiamo trascurare di notare che questo non fu il sol sacrificio d’interesse che il nostro protagonista facesse alla causa nazionale, mentre, per aiutar tal causa intraprese un lungo viaggio all’estero alfine di porsi in contatto coi principali redattori de’ più accreditati giornali francesi, belgi, russi, inglesi e tedeschi, onde inviar loro, come fece durante gli anni 1857, 58 e 59, gratuite corrispondenze, che, in premio appunto dell’esser gratuite, avevano il privilegio di venir pubblicate tal quali erano dal Castiglioni redatte.
Dopo la battaglia di Magenta il nostro protagonista si ritirò in Lombardia, ove, associatosi tosto coi suoi amici politici dottor Broglio e Gazzoletti, fondò in Milano il giornale La Lombardia, che pochi giorni dopo la sua prima comparsa ebbe titolo di giornale ufficiale, sebbene d’ufficiale non avesse e non abbia che l’inserzione dei soli alti ufficiali e giudiziari.
Il Castiglioni, in mezzo a tanta operosità di lotta giornalistica e di azione patriotica, trovava pur tempo e modo di pubblicare alcuni scritti, i quali non possiamo disgraziatamente che limitarci a indicare, e sono i seguenti:
La Gualdrada, novella in cinque canti in versi sciolti; pubblicata in Milano nel 1843, e di cui l’edizione è totalmente esaurita;
La disfida dei tredici Campioni, ch’è una traduzione, in versi sciolti del poema latino del Vida, a cui va aggiunta l’istoria dei tempi e la biografia dello stesso Vida; stampato a Pavia nel 1844;
Dei Medici-Condotti di Lombardia, opuscolo di vitale interesse stampato pure in Pavia nel 1847;
Biografia di Pier Dionigi Pinelli, a Torino nel 1853;
Del Servizio sanitario in Piemonte, notizie storico-statistiche e proposte di riforma, edite in Torino nel 1859;
Della Monarchia popolare, opera in due volumi che si è pubblicata pur dianzi a Milano, ch’è costata dieci anni d’indefesse cure e studî al chiaro autore, opera già premiata dalla Società d’istruzione e d’educazione degli Stati Sardi, nel pubblico concorso del 1852. È da notarsi che quel tema era stato proposto anche negli anni precedenti, nei quali non si era trovato doversi conferire il premio, perchè gli scritti de’ concorrenti non gli avevano dato un sufficiente sviluppo.
Fuori della politica il Castiglioni si occupò con particolare amore, sapendolo soggetto quant’altro mai di rilievo, delle riforme da introdursi nel servizio sanitario. Fece studi continui in proposito, insistendo con una non comune costanza in eccitare il governo a provvedimenti definitivi; e oltrechè ne fanno fede le due opere che abbiamo qui sopra indicate, lo attestano pure ampiamente moltissimi articoli pubblicati in periodici medici e politici, e moltissimi discorsi pronunciati negli annui congressi dell’Associazione medica. Appunto in riguardo a ciò il Castiglioni venne nominato membro di parecchie accademie mediche e statistiche, e rappresentante del Comitato genovese presso la Consulta centrale della medica associazione.
Si fu il collegio di Casalmaggiore, città che diè ampio saggio di slancio e spirito efficacemente italiano col numero stragrande dei volontarî che inviò a combattere sotto le bandiere sabaude la pugna del nazionale riscatto, città nella quale il Castiglioni trascorse gli ozi dell’infanzia e dell’adolescenza, si fu, diciam noi, quel collegio che il volle a proprio rappresentante nell’aula del primo Parlamento italiano, in seno al quale niuno potrà certo impugnare che il nostro protagonista non abbia titoli cospicui e innegabili ad assidersi. Nella breve sessione del corrente anno il Castiglioni ha presa poche volte la parola, ma in quelle poche si è mostrato dicitore succoso e tale da fare sperare che il suo concorso sia de’ più profittevoli all’Assemblea nazionale e alla gran patria italiana.