< Il Parlamento del Regno d'Italia
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Mariano d'Ayala Maurizio Bufalini
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Sebastiano Tecchio.


TECCHIO SEBASTIANO


deputato.


È uno degli emigrati veneti, i più chiari e i più accetti che possieda Torino, divenuta a quest’ora una seconda patria per l’illustre avvocato, che siede già da vari anni nel suo consiglio comunale.

Eminente legale, il Tecchio è uno degli avvocati i più accreditali, non solo di Torino, ma quasi d’Italia, e non di rado avviene ch’egli sia chiamato a difender cause della più alta importanza davanti ai tribunali delle città che più distano da quella in cui egli risiede.

Chiara testimonianza di stima, egli ha ricevuto dai suoi concittadini dell’emigrazione veneta, essendo stato chiamato da essi, a presiedere e a dirigere il comitato dell’emigrazione di quella bella quanto infelice provincia d’Italia. E agli ardui doveri di così difficile incarico, egli ha saputo ognora corrispondere con una solerzia ed una previdenza, che gli fanno il più grande onore, e che gli valgono la benevolenza dei suoi infelici compatriotti.

Da lunghi anni di già il Tecchio siede nella Camera dei deputati, ove rappresenta una ragguardevole parte, vogliasi come oratore, vogliasi come esaminatore, e relatore di progetti di legge, destinati a introdurre grandi riforme, nell’organismo dell’amministrazione dello Stato.

Il Tecchio appartiene a quella screziatura del partito moderato, che ha seguito il più spesso la bandiera del Rattazzi, di quello che siasi accostata e l’usa pienamente nella schiera della grande maggioranza; sebbene spessissimo, siagli avvenuto di votare insieme alla sinistra. L’importanza parlamentare del Tecchio, è incontestabile, ma è altresì vero, ch’egli si trova piuttosto isolato, e che non ha sequela d’addetti. Malgrado ciò, quando il ministero Rattazzi, salì al potere, confidando un portafogli a uno degli uomini i più moderati della sinistra, qual si è appunto il Depretis, volle nel tempo stesso dare un altro pegno di conciliazione a quella parte dei rappresentanti che tengono un luogo di mezzo, e sono una sorta d’anello di congiunzione tra il centro sinistro e la sinistra pura, chiamando al seggio della presidenza della Camera il Tecchio. Questa elezione non fu molto contrastata, perchè il partito della destra sparse i proprii voti, e perchè in fondo, niuno o quasi che niuno aveva una decisa avversione per il Tecchio. Non si può, però, malgrado tutto il buon volere, assicurare che il Tecchio, come presidente della Camera, si spogliasse, qual l’avrebbe dovuto, d’ogni spirito di parte e tenesse le bilancie giuste. Questo fatto poco plausibile, fu notato e non potè non fare un certo torto a un uomo, d’altronde, come abbiamo già asserito, generalmente stimato.

Il Tecchio ha sostenuto nel 1859 la carica, affidatagli dal conte di Cavour, di commissario straordinario nel Vercellese; in quella circostanza, ha dato come sempre, alte prove di patriottismo e di fermezza d’animo.

Come oratore non possiamo che plaudirc e riconoscere nel Tecchio le qualità che meglio si affanno all’umno chiamato a parlare in pubblico. Non è verboso, come lo sono la maggior parte di quelli della sua professione, e il suo dire non manca di eleganza, e di solidità di argomentazioni.



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