Questo testo è completo. |
◄ | Carlo Acquaviva d'Aragona | Antonio Beretta | ► |
senatore.
Tra le più gravi perdite che ha subite l’Italia dopo il giorno in cui è risorta ella a novella vita, bisogna inscrivere quella del Salvagnoli. — Egli era uno dei più notevoli tra i notevolissimi della Toscana, egli caldissimo patriotta, egli poeta, emulo, ispiratore e quasi maestro di Giuseppe Giusti, egli oratore facondissimo, diremmo inarrivabile.
Tutti lo stimavano, tutti lo amavano, tutti desideravano la sua amicizia. Era l’uomo il più cordiale del mondo, senza alterigia, senza boria, semplice e schietto, affettuoso e buono.
Questi elogi che noi gli facciamo qui con tanto maggiore entusiasmo, con tanta maggiore spontaneità che per isventura d’Italia egli ha cessato d’esistere, tutti quelli che l’hanno conosciuto sanno come non sieno il meno del mondo esagerati. La sua vita fu spesa a profitto del paese che niuno poteva vantarsi di amare più e meglio di lui.
Egli prese parte essenziale agli avvenimenti politici del 1848; egli preparò quelli del 1859, e, vicino a morte, il suo ultimo pensiero, il suo ultimo voto fu per l’Italia. Non diremo di più; che per isventura l’indole del nostro libro non ci consente ci occupiamo a lungo degli estinti, ma quanto abbiam detto servirà almeno come uno sfogo del nostro rammarico per la perdita di tant’uomo, e come un giusto e meritato tributo di plauso a chi sparì dal mondo, quando tanta parte di gloria gli era anco in esso riservata.