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Or sentiamo l’altro sillogismo che forma il Sarsi: "Sed videat Galilæus, quam non contentiose agam: aliud sit instrumentum tubus nunc productior, nunc contractior; iterum, paucis mutatis, idem argumentum conficiam. Quæcumque diverso instrumento spectari postulant, diversum etiam ex instrumento capiunt incrementum; sed propinqua et remota diverso instrumento spectari postulant; diversum igitur propinqua et remota ex instrumento capient incrementum. Maior iterum ac minor ipsius est; eiusdem sit et consequentia necesse est. Quibus rebus expositis, satis docuisse videor, nihil nos hactenus a veritate, neque a Galilæo quidem, alienum pronunciasse, cum diximus, hoc instrumento minus remota augeri quam propinqua, cum, natura etiam sua, ad illa spectanda contrahi, ad hæc vero produci, postulet: dici tamen non inepte poterit, idem quidem esse instrumentum, diverso tamen modo usurpatum."
Il quale argomento io concedo tutto, ma non veggo ch’ei concluda niente in disfavor del signor Mario, né in favor della causa del Sarsi; al quale di niun profitto è che gli oggetti vicinissimi veduti con un telescopio lungo ricrescono più che i lontani veduti con un corto, ch’è la conclusion del sillogismo, ma molto diversa dall’obligo intrapreso dal Sarsi. Il qual è di provar due punti principali: l’uno è che gli oggetti sino alla Luna, e non quei soli che sono nella camera, ricrescano assaissimo; ma le stelle fisse, non poco manco, ma insensibilmente, vedute queste e quelli coll’istesso strumento: l’altro, che la diversità di tali ricrescimenti proceda dalla diversità delle lontananze d’essi oggetti, e che a quelle proporzionatamente risponda: le quali cose egli non proverà mai in eterno, perché son false. Ma della nullità del presente sillogismo, per quanto appartiene alla materia di che si tratta, siacene testimonio che io su le sue medesime pedate procederò a dimostrar concludentemente il contrario. Gli oggetti che ricercano d’esser riguardati col medesimo strumento, ricevono da quello il medesimo ricrescimento; ma tutti gli oggetti, da un quarto di miglio in là sino alla lontananza di mille milioni, ricercano d’esser riguardati col medesimo strumento; adunque tutti questi ricevono il medesimo ricrescimento. Non concluda per tanto il Sarsi di non avere scritto cosa aliena né dal vero né da me; perché di me almanco l’assicuro ch’egli sin qui ha concluso cosa contraria all’intenzion mia.
Nell’ultima chiusa di questo periodo, dov’egli dice che il telescopio or lungo or corto si può chiamar il medesimo strumento, ma diversamente usurpato, vi è, s’io non m’inganno, un poco di equivoco; anzi parmi che il negozio proceda tutto all’opposito, cioè che lo strumento sia diverso, e l’usurpamento o vero applicazione sia la medesima a capello. Chiamasi il medesimo strumento esser diversamente usurpato, quando, senza punto alterarlo, si applica ad usi differenti: e così l’àncora fu la medesima, ma diversamente usurpata dal piloto per dar fondo, e da Orlando per prender balene. Ma nel caso nostro accade tutto l’opposito: imperocché l’uso del telescopio è sempre il medesimo, perché sempre s’applica a riguardar oggetti visibili; ma lo strumento è ben diversificato, mutandosi in esso cosa essenzialissima, qual è l’intervallo da vetro a vetro. È adunque manifesto l’equivoco del Sarsi.