< Il Trecentonovelle
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Novella CLXVIII
CLXVII CLXIX

Maestro Gabbadeo con una bella cura fa uscire a uno contadino certe fave che gli erano entrate nell’orecchia, battendole su l’aia.

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Ancora ritornerò pur alla medicina, e al maestro Gabbadeo, del quale a drieto in una bella novella è stato narrato.
Fu nel contado di Prato un contadino di forte natura, chiamato l’Atticciato; il quale nel mese di luglio battendo fave, gli ne venne schizzato una nell’orecchia, e volendosela cavare con sue dita grosse, quanto piú s’ingegnava di trarla, piú la ficcava in entro; tanto che per viva forza convenne che ricorresse al maestro Gabbadeo; il quale, veggendolo, disse:
- Qui vuole essere un partito che, benché ti dolga, non te ne caglia.
Disse costui:
- Fate che vi piace, escan’ella.
Allora il maestro ch’era grande e atante della persona, facendo vista di guardare ora l’una orecchia e ora l’altra prese tempo, e lascia andare, e dà uno grandissimo punzone a costui dall’altra parte, dove la fava non era, per sí fatta forma che costui cadde in terra dalla parte dove era la fava; e tra per lo pugno e per la percossa in terra, la fava uscío fuori dall’orecchia. Il lavoratore, avendo aúto questo colpo, si dolea del pugno e della caduta, e alla fava non pensava. Dice il maestro Gabbadeo:
- Lasciami vedere l’orecchia -; e quelli, dolendosi, gli la mostrò, e vide la fava esserne uscita.
Colui si dolea d’un gran botto che gli parea aver ricevuto; e maestro Gabbadeo dicea:
- O sciocco, non sai tu che quando t’entra alcuna cosa nella guaina del coltellino che tu la volgi, e tanto picchi ch’ella n’esce? cosí mi convenne fare di te, che mi convenne dare il colpo dall’altra parte, acciò che quella orecchia che avea la fava percotesse in terra, e cosí n’è uscita. Altri medici t’avrebbono tenuto un mese impiastri, e serebbene andato tutta la ricolta tua. Va’, e procaccia di far bene, e quando ti verrà fatto, rechera’mi un paio di capponi.
Quelli si racconsolò, ché avea paura che non si volesse pagare piú agramente, oltra averli dato delle busse, e disse:
- Io non ho capponi, ma se voi non gli avete a schifo, io vi recherò un paio di paperi.
- E tu cotesti mi reca, e va’ che sia benedetto; e se nella villa tua avvenisse che nessuno avesse alcun male, racconta la bella sperienza che io t’ho fatta, e avvialo a me.
Colui disse che lo farebbe, e andossene assai doglioso, come quelli che per guerire della fava avea avuto una gran percossa, talché stette piú dí che non poté battere; e come fu sdoluto, portò i paperi a maestro Gabbadeo; il quale della bella cura acquistò gran fama per lo paese, che fu sperienza nuova e mai piú non usata.
E lo Atticciato fu sempre grandissimo suo amico. E ben lo dice il proverbio: «batti il villano, e ara’lo per amico».

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