< Il Trecentonovelle
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Novella CLXXIII
CLXXII CLXXIV

Gonnella buffone predetto in forma di medico, capitando a Roncastaldo arca certi gozzuti, e ancora il Podestà di Bologna; e con la borsa piena si va con Dio, e loro lascia col danno e con le beffe.

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Perché simil malizia o maggiore segue in questa novella che non è stata la passata, come che ancora ella fu del Gonnella, brievemente la dirò; però che io non truovo tra tutti i buffoni che furono mai sí diverse astuzie e cosí strani modi usare, non per guadagnare, ma per rubare altrui.
Come nella passata novella è stato detto, il Gonnella il piú della sua vita stette col marchese di Ferrara, e alcuna volta venía a Firenze; e fra le altre venendo una fiata, e avendo passato Bologna, e giugnendo una mattina a desinare a Scaricalasino, ebbe veduto per la sala e in terreno certi contadini gozzuti; di che come vide il fatto, subito informò in camera uno suo famiglio, e fecesi trovare una roba da medico che nella valigia avea, e miselasi in dosso; e venendo alla mensa, ed essendo posto a mangiare, el suo famiglio s’accostò a uno lavoratore gozzuto che era nella sala, e disse:
- Buon uomo, quel valentre medico che è colà a tavola, è gran maestro di guerire di questi gozzi; e non è alcuno sí grande che non abbia già guerito, quando egli ha voluto.
Disse il lavoratore:
- Doh, fratel mio, e’ n’ha in questa montagna assai; io ti prego che sappi, quand’egli ha mangiato, se ne volessi curare parecchi che, secondo uomeni d’Alpe, sono assai agiati.
Gnaffe! costui nol disse a sordo, ché come il medico Gonnella ebbe desinato, il famiglio gli s’accostò da parte, e tirollo in camera, e dissegli il fatto; onde il medico fece chiamare il contadino, e disse:
- Questo mio famiglio mi dice sí e sí; se tu vuogli guarire, io non mi impaccerei per uno solo, però che mi serà un grande sconcio di tornare a Bologna e recare molte cose. Ma fa’ cosí: se ti dà cuore d’accozzarne otto o dieci, va’ subito, e menali qui, e togli uomeni che possano spendere fiorini quattro o cinque per uno.
Il contadino disse subito farlo; e partitosi non andò molto di lungi che ne accozzò con lui otto, o piú. I quali subito vennono al maestro Gonnella, e là ragionato per buono spazio con lui, el medico disse:
- E’ m’incresce che io non sono in luogo piú abile alle cose che bisognano; poiché cosí è, io tornerò a Bologna, e bisognerà due fiorini per uno di voi; e tanto che io torni, ordinerò ciò che avete a fare e lascerocci il fante mio. Se voi volete, ditelo, e io darò ordine ad ogni cosa.
Tutti risposono:
- Sí per Dio, e’ danari son presti.
Disse il medico:
- Aveteci voi niuna casa adatta dove possiate in una sala stare tutti, e fare fuoco di per sé ciascuno?
- Sí bene, - risposono.
Allora disse:
- Trovate per ciascuno una conca, o calderone di rame, o altro vaso di terra, e trovate de’ carboni del cerro, e legne di castagno, e abbiate uno doccione di canna per ciascuno e ciascuno per quello soffi ne’ carboni e nel fuoco; questo soffiare con alcuna unzione che io vi farò nel gozzo, assottiglierà molto la materia del vostro difetto; e ’l fante mio non si partirà da questo albergo infin ch’io torno.
Come detto, cosí fu fatto; che questo medico ebbe fiorini dua per uno, e prima che si movesse gli acconciò in una casa, ciascuno col fuoco e col trombone a bocca, e unse loro i gozzi, e disse non si partisseno finché tornasse. Quelli dissono cosí fare. Maestro Gonnella si partí, e vennesene a Bologna; e spiato che là era un Podestà giovene, desideroso d’onore, se n’andò a lui, e disse:
- Messer lo Podestà, io credo che per avere onore voi fareste ogni spendio; e pertanto se mi volete dare fiorini cinquanta che son povero uomo, io ho alle mani cosa che vi darà il maggiore onore che voi aveste mai.
Il rettore volontoroso disse che era contento, ma che gli dicesse di che materia era la cosa. E quelli disse:
- Io vel dirò. In una casa sono una brigata che fanno moneta falsa, date buona compagnia al vostro cavaliero, e io il metterò sul fatto, sí veramente che perché sono uomeni di buone famiglie non vorrei loro nimistà. Quando io avrò messo il vostro cavaliero sul fatto, io mi voglio andare a mio cammino.
Questa cosa piacque al Podestà; e apparecchiato il cavaliero con buona famiglia, sappiendo che avea andare da lungi, diede fiorini cinquanta al Gonnella, e la notte gli mandò via, tanto che giunsono alla casa dove si conciavono i gozzi. E trovato il fante suo che era in punto, dissono:
- Qui sono la brigata; e fatevi con Dio, ch’io non voglio che paia che io abbia fatto questo.
Il cavaliero disse:
- Va’ pur via -; e dando nella porta, dice: - Avrite za.
Quelli rispondeano:
- Sete voi il maestro?
- Che maestro? avrite za.
- Sete voi il maestro?
- Che maestro?
Spezza la porta, ed entrarono dentro, dove trovorono la brigata tutta soffiare sanza mantachi nel fuoco. Piglia qua, piglia là; costoro furono tutti presi, sanza poter dire: «Domine aiutami»; e se voleano dire alcuna cosa, non erano uditi: e’ gozzi loro erano divenuti due tanti, come spesso incontra a simili, quando hanno paura con impeto d’ira.
Brievemente, a furore ne furono menati a Bologna; là dove giunti al Podestà, e ’l Podestà, veggendoli tutti gozzuti, si maravigliò e fra sé stesso disse questa era una cosa molto strana; e menatili da parte l’uno dall’altro, prima che elli li mettesse alla colla, domandò che moneta elli faceano. Elli diceano ogni cosa come stato era, e oltre a questo giunse lo albergatore, e altri da Scaricalasino, e dissono ordinatamente come il fatto stava; e accordossi ciascuno di per sé, e quelli che vennono, che questo era che un medico di gozzi era passato di là, e dicea di guarirli, e acconciolli a soffiare nel fuoco, come gli trovaste; e poi disse venire a Bologna per cose che bisognavono, e che l’aspettassono in quella casa cosí soffiando nel fuoco.
Il cavaliero, udendo questo, tirò da parte il Podestà, e disse:
- Ello dee essere vero, però che come io giunsi alla porta, là dove erano, e bussando, dicendo che aprissono, e’ diceano: «Sete voi il maestro?» e poi voi vedete che costoro son tutti co’ gozzi; la cosa rinverga assai, ché, a fare moneta falsa, otto serebbe impossibile fossono tutti gozzuti.
Ma sapete che vi voglio dire? questo medego dee essere assottigliatore piú di borse che di gozzi; e cosí egli ha assottigliata la borsa di questi poveri uomeni, e anco la vostra; a buon fine il faceste; da’ tradimenti non si poté guardare Cristo; rimandate costoro alle loro famiglie, e pensate di sapere chi è questo mal uomo che ha beffato e loro e voi; e se mai potete, gli date o fate dare di quello che merita.
Elle furono novelle; la brigata fu lasciata, e tornoronsi tutti a Scaricalasino; e ’l Podestà poté assai cercare che trovasse chi costui era stato; però che io non voglio che alcun pensi che venisse allora a Firenze, anzi diede volta ad altra terra. E quando era cavaliere, e quando medico, e quando giudice, e quando uomo di corte, e quando barattieri, come meglio vedesse da tirare l’aiuolo; sí che posta di lui non si potea avere, come colui che sempre stava avvisato in queste faccende. La brigata gozzuta giunti a Scaricalasino aspettarono il medico, non ostante a questo, piú dí, credendo che tornasse; e non tornando, guatavano i gozzi l’uno dell’altro per maraviglia, quasi dicendo: «È scemato gnuno?», o «È scemato l’uno piú che l’altro?». Poi se ne dierono pace; ma non s’avvisorono mai, come gente alpigiana e grossa, come il fatto fosse andato; e avvisoronsi che qualche malivolo, perché non guerissono de’ gozzi, avesse condotto là quella famiglia; e pensando or una cosa e or un’altra, se prima erano grossi, diventorono poi grossissimi e stupefatti. E ancora per maggiore novità parve ch’e’ gozzi loro, non che altro, ne ingrossassono.
Perché chi nasce smemorato e gozzuto, non ne guarisce mai.

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