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Il vescovo Antonio fiorentino con uno piacevole motto confonde certi gentiluomini fiorentini, li quali si doleano che a un suo fedele e servitore, e loro congiunto, essendo morto per usuraio, non lo lasciava sotterrare.
Fu in Firenze per li tempi passati uno vescovo Antonio, vescovo di quella città, uomo molto venerabile e dabbene; il quale avea uno suo cordiale amico e servidore, della famiglia de’ Pazzi di Firenze, ben veramente gentiluomo, che uccellare, e cacciare, e cavalcare, e ogni altra cosa da diletto ottimamente facea. Avea certi suoi danari, e prestavagli a usura. Il detto vescovo non sapea né stare, né andare, che questo gentiluomo appena mai si potesse partire da lui. Avvenne per caso che questo de’ Pazzi, avendo grande infirmità, si morí. Come fu morto, il vescovo manda a vietarli la sepoltura, e che non sia sotterrato in sagrato s’e’ libri suoi non gli sono appresentati, e se non si soda di rendere a ciascuno da cui elli avesse aúto usura. Alli suoi congiunti e consorti parve questa una nuova cosa, pensando l’amore che detto vescovo portava al morto; e mossonsi certi di loro e andaronsene al vescovo; li quali, a lui giunti, fatta primamente la reverenza, dissono:
- Venerabile padre, noi vegnamo alla vostra paternità, che, come voi sapete, egli è piaciuto a Dio di chiamare a sé il tale vostro servitore e nostro consorto; ed è venuto alla sua casa e vostro messo e comandamento, che elli non sia sotterrato se non sono fatte quelle cose che si appartengono di fare quando uno usuraio muore. Di che, considerando quanto il tenevate per figliuolo e servidore, maravigliàncene forte, pregandovi per la vostra benignità, e per non oscurare la sua fama, e per quello amore, il quale sempre gli avete portato, che vi debba piacere in questo fine della sua vita vi sia raccomandato.
Il vescovo, avendo uditi costoro, rispose:
- Io vi confesso che al vostro consorto, il quale morto è, portai nella sua vita tanto amore quanto ad alcuno io portasse mai; ma la cagione di partire questo amore non è venuta da me, ma è venuta da lui; e però m’abbiate per iscusato, però che io seguo gli ordini del vescovado, li quali io ho giurato di seguire. S’egli ha fatto cauzione, bene sta; quanto che no, fate di sodare e appresentare e’ libri, e io mi porterò il piú benignamente che potrò.
E cosí convenne che facessono. E ’l vescovo si portò poi sí, e con la sua prudenza, e con la virtú di Santo Giovanni Boccadoro, che a’ consorti del morto, parendo smemorati della risposta del vescovo, convenne esser contenti: e ’l morto fu sotterrato.
Bella risposta fu quella del vescovo, s’ella non fosse stata mossa da avarizia; e veramente si vede ogni amor mancare, purché l’uomo possa tirare a sé, e spezialmente e’ cherici, che per lo denaio ad ogni cosa si mettono, non curando ch’ella sia o onesta o disonesta. E non dico per questo vescovo, che fu valentre uomo, ma dicolo per la maggior parte comunemente.