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Passera della Gherminella, credendo trovare gente grossa per arcare, ne va in Lombardia, e trovandoli piú sottili che non volea, ritorna a fare il suo giuoco a Firenze.
Passera della Gherminella fu quasi barattiere, e sempre andava stracciato e in cappellina, e le piú volte portava una mazzuola in mano a modo che una bacchetta da Podestà, e forse due braccia di corda come da trottola, e questo si era il giuoco della gherminella, che tenendo la mazzuola tra le due mani e mettendovi su la detta corda, dandogli alcuna volta, e passando uno grossolano dicea:
«Che l’è dentro, che l’è di fuori?», avendo sempre grossi in mano per metter la posta.
Il grossolano veggendo che la detta corda stava, che gli parea da tirarla fuori, dicea di quello «che l’è di fuori», e ’l Passera dicea: «E che l’è dentro».
Il compagno tirava, e la corda, come che si facesse, rimanea e fuori e dentro come a lui piacea; e spesse volte si lasciava vincere per aescare la gente e dar maggior colpo. Quando con questo giuoco ebbe consumato quasi ogni uomo, e spezialmente sul canto de’ Marignolli dove si vende la paglia, gli disse un dí uno che di questa sua arte con lui alcuna volta si trovava alla taverna:
- Passera, io m’ho pensato che, se tu vai in Lombardia, la gente v’è grossa, tu guadagnerai ciò che tu vorrai, e spezialmente a Como e Bergamo, che vi sono gli uomini che paiono montoni, sí sono grossi; e se tu vuogli, me ne verrò con teco.
Disse il Passera:
- Sie fatto; quando vogliamo?
- Andiamo in tal dí.
Venuto el dí posto, el Passera col suo consigliere si mosse, e giugnendo a Bologna, dove dall’albergo di Felice Ammannati erano molti e Fiorentini e Bolognesi, come Felice il vede, dice:
- Buon buono! Legatevi le borse, brigata, che ecco il Passera.
Il Passera si partí da giuoco il meglio che poté, e non gli parve di stare in Bologna, né di perdersi la fatica. L’altro dí pervenne a Ferrara; là fu ancora sí conosciuto che non vi approdò alcuna cosa. Andossene a Modona, e quivi in su la piazza tese la rete, là dove non pigliò alcuna cosa. Come va, o come sta, inteso che aveano el giuoco, ciascun s’andava con Dio. Andò a Reggio, e quivi misse innanzi il giuoco, e chiamando a sé gente.
- Che volete voi dire? Guardate questo giuoco.
L’uno tirava una reggiaria e l’altro un’altra: e ’l Passera si volge al consigliero e dice:
- Tu m’hai pur condotto bene.
E quel dice:
- Non ti sgomentare; andiamo pur oltre a Parma.
Provorono; chi dicea:
-E’tira quella cordella.
L’altro dicea:
- E’ se la tiri, ché io non voglio apparare testeso giuoco nuovo.
E cosí o peggio a Piacenza, che ben lo piagentavano, dicendo:
- O barba, e che giuoco è questo?
E’ poteva assai dire, ch’egli era quivi uccellato. A Lodi su la piazza lodavono il giuoco, e domandovonlo onde egli era. Giunto a Melano, dov’erano le buone borse, gli era detto:
- Mo guarda chi crede arcare li Melanesi!
E in tutte le terre passate non guadagnò soldi venti, che gli scotti gli erano costati piú di cento novanta.
Andaronsene a Como tosto tosto, credendo trovar quelli Comasini grossissimi; e là in su la piazza cacciò il Passera fuori la mazzuola e la cordella.
- Chi mette? e che l’è dentro?
Giugne l’uno e dice:
- A mi che fa?
E quel dice:
- E che l’è di fuori?
E un altro giugne, e dice:
- E che fa a mi?
Mai non gli fu fatta altra risposta.
Andaronsene a Bergamo, a Brescia, a Verona, a Mantova, a Padova e in molte altre terre, e non trovorono chi dicesse, se non: «A me che fa?» e «Che fa a mi?» o peggio tanto che, tornati a Firenze, il Passera trovò aver guadagnato lire quattro e soldi otto, e trovò avere speso in lui e nel consigliero lire quarantasette e soldi. Onde, per rifarsi, cominciò a tender la trappola in Firenze al luogo usato. Il primo dí che vi fu, correvano le genti come se mai non l’avessino veduto, credendo che ’l Passera fusse morto, e ciascuno gli facea festa; e chi piú era caduto alle sue reti per li tempi passati, piú di nuovo vi cadea, e guadagnò co’ fatappi in pochi dí ciò ch’egli avea in Lombardia messo al di sotto: dicendo con assai poi questa novella, affermando che tra quanti luoghi avea cerchi, e in Lombardia e altrove, mai non avea trovata gente paolina come là dov’egli era nato.