< Il Trecentonovelle
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Novella LXVII
LXVI LXVIII

Messer Valore de’ Buondelmonti è conquiso e rimaso scornato da una parola che un fanciullo gli dice, essendo in Romagna.

*

Molti sono che viddono e udirono già messer Valore, e sanno, come che fusse reputato matto, quanto fu reo e malizioso. Egli erano poche cose di che non s’intendesse e ragionasse, con uno atto quasi di stolto. Essendo pervenuto a una terra una sera in Romagna, e favellando dov’erano Signori e gentili uomini, o che gli fusse fatto in prova fare, o che da sé lo facesse, venne un fanciullo, il quale era d’età forse di quattordici anni, e accostandosi a messer Valore, il cominciò a guatare in viso, dicendo:
- Vo’ siete un grande calleffadore.
Messer Valore con la mano pignendolo da sé, dice:
- Va’, leggi.
Costui fermo; e messer Valore dicendo per sollazzo con costoro dicea:
- Quale avete voi che sia la piú preziosa pietra che sia?
Chi dicea il balascio, chi ’l rubino, e chi l’elitropia di Calandrino, e chi una, e chi un’altra.
Dice messer Valore:
- Voi non ve ne intendete; la piú preziosa pietra è la macina del grano; e s’ella si potesse legare e portarla in anello, ogni altra pietra passerebbe di bontà.
Dice il fanciullo (e tira messer Valore per lo gherone):
- Mo qual volete voi piú, e qual val piú, o un balascio, o una macina?
Messer Valore guata costui, e scostagli la mano da sé, e dice:
- Vanne a casa, pisciadura.
E que’ fermo. La brigata comincia a ridere e sí della macina da grano, e sí del detto del fanciullo. Messer Valore dice:
- Voi ridete? Io vi dico tanto, che io ho trovato esser maggior virtú in un piccolo sasso che non è macina da grano, che io non ho trovato né in pietre preziose, né in parole, né in erbe, e pur l’altro dí ne feci la sperienza, e sapete che si dice che in quelle tre cose lasciò Dio la virtú, e udite come, e credo che voi stessi il confesserete. Egli era l’altro dí un giovanetto su uno mio fico, e facevami danno, cogliendo que’ fichi che v’erano su. Io cominciai a provar la virtú delle parole, dicendo: «Scendi giú, vanne»; e infine minacciando quanto potei, e’ non si mosse mai per le mie parole. Veggendo che le parole non valeano, cominciai a cogliere dell’erbe, e facendo di quelle mazzuoli, le gittava, e davagli con esse alcuna volta, e le furono novelle, che mai si partisse. Veggendo che ancora non mi valevano l’erbe, misi mano alle pietre, e cominciai a gittare verso lui, dicendo: «Scendi giú». Com’egli vedde pur ricorre la seconda pietra, avendo gittata la prima, subito scese a terra del fico, e andossi con Dio. Questo non averebbe fatto quanti rubini e quanti balasci furono mai.
La brigata tutta con grande sollazzo dissono messer Valore aver ragione, e dire il vero; e ’l fanciullo guarda messer Valore con un atto malizioso, e dice:
- In fé di Dio, questo gentiluomo è molto amico delle pietre, e ne deve avere piena la scarsella.
E pongli mano a un carniere ch’egli avea. Messer Valore si volge, e dice:
- Vanne col malanno; chi diavol è questo fanciullo? Serebb’egli Anticristo?
Dice il fanciullo:
- Io non so che Anticristo; s’io potessi far quello che possono gli signori di Romagna, in fé di Dio, che io vi darei tante di queste pietre, che hanno sí gran virtú che portandole in Toscana voi ne andreste ben fornito.
Messer Valore quasi tutto scornato, udendo le parole di questo fanciullo, dice verso la brigata:
- E’ non fu mai nessun fanciullo savio da piccolino che non fusse pazzo da grande.
Il fanciullo, udendo questo, disse:
- In fé di Dio, gentiluomo, voi dovest’essere un savio fantolino.
Messer Valore, strignendosi nelle spalle, disse:
- Io te la do per vinta.
E rimase quasi tutto smemorato, dicendo:
- Non trovai mai nessun uomo che mi mattasse, e uno fanciullo m’ha vinto, e matto.
Il piacere che quelli dattorno ebbono di ciò non è da domandare; e quanto piú ridevano, messer Valore piú imbiancava. Nella fine disse messer Valore:
- Chi è questo fanciullo?
Fugli detto come era figliuolo d’un uomo di corte, chiamato o Bergamino, o Bergolino. Disse messer Valore:
- E’ m’ha sí bergolinato, che io non ho potuto dir parola, che non m’abbia rimbeccato.
Dice alcuno:
- Messer Valore, menatelo con voi in Toscana.
Dice messer Valore:
- Non che io lo meni in Toscana, io fuggirei di stare là, quando egli vi fusse: fatevi con Dio, e bastivi questo, ché se gli altri Romagnuoli sono della razza di questo fanciullo, e’ non ne fia mai nessuno ingannato.
E cosí a Firenze si tornò scornato e beffato da uno fanciullo colui che tutti gli altri beffava.

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