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Come Alberto detto, rimenando uno ronzino restío a casa, risponde a certi, che ’l domandano nuovamente, come nuovo uomo era.
Dappoi che io ho messo mano in Alberto da Siena, seguirò ancora di dire di lui una piacevole novelletta, la quale, se la fece per senno, serebbe stata bella a qualunque savio; ma credo piú tosto fosse per semplicità. Costui, avendo bisogno d’andare a un suo luogo fuori di Siena, accattò da un suo vicino un ronzino, sul quale salendo suso, e andando insino alla porta, come là giunse, il ronzino si cominciò a tirare addietro, come se della porta avesse aúto paura, o fosse aombrato, o che si fosse posto in cuore di non volere uscire della terra. Alberto, accennandoli cotale alla trista, non lo poteo mai fare andare; ma cominciandosi a sinistrare, e Alberto avendone grandissima paura, per lo migliore discese in terra, e prese le redine, lo volse indietro e cominciollo a rimenare a casa di chi gli l’avea prestato: là dove il ronzino non ch’egli andasse di passo, ma andava sí di trotto che facea ben trottare Alberto.
E cosí arrivò per lo campo di Siena; al quale quelli Sanesi che v’erano avendo gli occhi, veggendo menare uno ronzino a mano, a gran boci gridavano:
- O Alberto, di cui è cotesto ronzino? O Alberto, dove meni tu questo ronzino?
A quelli che diceano: «Di cui è cotesto ronzino?» rispondea: «Èssi me’ suo». A quelli che diceano: «Dove il meni tu?» rispondea: «Anzi mena elli me».
E cosí diede che pensare a’ Senesi buona pezza, tanto che seppono l’effetto di quello che dicea; e Alberto rendé il ronzino, dicendo a colui:
- To’ ti il ronzino suo, dappoi che e’ non vuole che io vadi in villa oggi -; e cosí si rimase Alberto, che non andò in villa quel giorno.
Io per me credo che Alberto in questo fosse molto savio; ché sono molti che dicono: «Io vincerei pur la prova». Quando uno avesse a domare, o scorgere un suo puledro, forse è da consentire; ma vincere la prova d’un cavallo altrui, colui che si mette a questo non corregge il suo cavallo, ma piú tosto puote pericolare sé.