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IL BUON CAPO D’ANNO
DEL PELLEGRINO ITALIANO
1859
E’ fa dieci anni che mi son partito,
Mia terra! ch’ha’ sì bello il monte e il mare;
Ogni anno sopra l’Alpe son salito
Perchè il buon anno almen ti volea dare;
Ma ogni anno, appena che l’ho riveduto,
Mi s’è stretto nel core il mio saluto:
Sta volta, se il mio cor non mi fa inganno,
Ti porto, o Italia mia, ’l buon capo d’anno.
Popol di Micca e popol di Balilla,
Voi siete all’ombra dei colori belli;
Ma di là del Ticin fin oltre a Scilla,
Guardate i bei colori che son quelli!
Guardate un po’ di là per la pianura
Quanti vi chiaman da la sepoltura;
Sta volta, se il mio cor non mi fa inganno,
Io darò prima a voi ’l buon capo d’anno.
Sono un povero vecchio pellegrino,
E posso andare senza passaporto;
O tu, che fai la guardia in sul Ticino,
Io son passato, e non ti sei accorto:
Forse fra poco te n’accorgerai;
Ma allor la guardia più non ci farai:
Sta volta, se il mio cor non mi fa inganno,
Ti porto, o Lombardia, ’l buon capo d’anno.
Oggi tu hai la neve e il tramontano:
Pur sei sì bella e mi rallegri il core;
Ci rivedrem più allegri, o mia Milano,
Quando vedremo il mandorlo col fiore:
Verrà col fior del mandorlo la rosa,
E tu, o Milano, allor sarai gioiosa;
Qui ’l verde è sempre vivo, ed ei lo sanno;
E tu, o Milano, avrai ’l buon capo d’anno.
Non istare sì tacita e sì bruna;
Sveglia, o Venezia cara, il tuo liuto:
Le tue gondole spingi alla laguna:
Di’ al tuo Leon che non istia più muto;
Di’ al tuo Leon che salti in cima al ponte,
E li faccia passar di là dal monte;
Di là passati più non torneranno,
E tu, o Venezia, avrai ’l buon capo d’anno.
O grandi che abitate in Santa Croce,
Certo che voi qui non istate indarno;
Alza almen tu, o Vittorio, la tua voce,
Fa tremar le due sponde a tutto l’Arno;
Risplenderà una spada in Gavinana,
E splender la vedrà tutta Toscana;
I figli tuoi, che a Curtatone stanno,
Mandan, Firenze, a te ’l buon capo d’anno.
Addio, care marine a me native;
Addio, poveri amici entro alle fosse;
Mi fermo appena per baciar le rive,
Le rive del mio Tebro ancora rosse:
Mi fermo appena per baciar ie mura
Dove Cola e Mameli han sepoltura;
Le sepolture si commoveranno,
E tu, o Roma, avrai ’l buon capo d’anno.
Oh i bei pendii di Chiaja e Mergellina!
Oh! i dolci aranci di Castellamare!
Qui la terra d’Italia è più divina,
Ma qui si è condannati a sospirare:
Sospiran l’onde, sospiran le zolle
Perchè di sotto a loro il sangue bolle;
Ma la natura vincerà il tiranno,
E tu, o Napoli, avrai ’l buon capo d’anno.
E te saluto alfin, Sicilia bella:
Solo a vederti mi s’infiamma il core;
Tu pria ci hai dato il suon della favella,
Tu pria ci chiami ai giorni del furore;
Qui oggi aspetto il suono della tua tromba;
Qui aspetto fin che l’Etna non rimbomba;
Anche di qui dov’hai l’estremo affanno,
Ti mando, o Italia mia, ’l buon capo d’anno.
L. Mercantini