< Il corsaro < Canto I
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George Gordon Byron - Il corsaro (1814)
Traduzione dall'inglese di Pietro Isola (1830)
Canto I - XIV Canto I - XVI

XV.


» Partì dunque Corrado!» Oh, come spesso
Fia che tu il chiegga, a la improvvisa, e muta
Solitudine o misera!....» Quì stava!....
» Meco quì!.... ed ora?....» Su l’estrema soglia
Del portico si slancia, e in traboccante,
Libero piagner si discioglie; grevi
Lucenti, e a lei che pur le versa ignote,
Cadono in sen le lagrime, ed il labbro
Immobile, ricusa anco un addio.
Addio?.... Voce fatal, che fè promette
E speme, e soffia disperato affanno!
Sovra la faccia pallida dipinto
È il duol, che tempo non scancella mai,
E l’amorose, azzurre, ampie pupille
Gelide, e fisse ha sul terribil vuoto
Che la circonda. Alfin rivede un lampo,
Ma lunge, oh quanto! un ombra di colui,
E allor più s’addolora, e il negro ciglio
Di stille inesauribili s’ingombra
Sì, che par che vi nuotino mestissime
Ambo le luci.» Lassa, ahimè!.... Partìo!.....
E in così dir la man convulsa, e presta

Sul cor si posa, e dolcemente al cielo
Poi la solleva; e quinci l’onde mira,
E scorge quindi la candida vela.....
E più non osa rimirar, ma volge
L’egro sguardo a la porta, ed » ahi Corrado!
» Sclama,.... sogno non è!.... me desolata!

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