< Il mistero del poeta
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XXX XXXII

XXXI.


Il 25 mattina, alle sette e mezzo, partivo da Magonza sul vapore Loreley. Pioveva e tirava vento; le umili rive e le isole del fiume con i loro grandi pioppi sfumavano nella nebbia. I gioghi del Taunus non si vedevano affatto; ad un certo punto poco più si vedeva che i fiotti giallastri rotti dal piroscafo. Finalmente dietro i grandi alberi d’un’isola, al piede di fosche alture, ci apparve Rüdesheim.

Discesi all’Hôtel Krass. Sapevo che Violet non era a Rüdesheim, ma pure la sola aspettazione della venuta sua, un presentimento di ore felici, una incertezza del dove, del come, del quando le avrei parlato, mi fecero battere il cuore appena messo piede a terra. Guardavo avidamente le case, il fiume, le colline di questo paese che doveva diventarmi familiare e caro quanto altro mai. All’Hôtel Krass mi diedero una cameretta piccina, presso la sala da pranzo. L’unica finestra guardava il giardinetto a pergolati dell’albergo, un piccolo dado di ombra, di verde e di rose; di là dal giardinetto la ferrovia, il gran fiume verdognolo, le alture del Rochusberg. Tutto era nuovo per me, nulla mi pareva straniero.

Chiesi subito al cameriere, un gobbo chiacchierino, se vi fosse a Rüdesheim una famiglia Steele. Quegli mi rispose, spalancando gli occhi per la meraviglia, che sì. Il signor Paul Steele e la sua signora erano tra le persone più distinte del paese. Avevano degli ottimi vigneti sotto il Niederwald e sul Rochusberg, un gran palazzo a Magonza. Viaggiavano assai; il cameriere credeva che in quel momento fossero assenti; mi promise, a ogni modo, informazioni esatte. Seppi infatti da lui, più tardi, ch’erano a Francoforte e che quel mattino stesso avevano telegrafato di mandar loro certi oggetti a Magonza, dove intendevano trattenersi alcuni giorni. Non perdetti un minuto e scrissi a Violet per farle sapere dov’ero. Nella incertezza, feci due lettere; ne indirizzai una a Norimberga e l’altra a Magonza. Poi mi feci indicare la casa degli Steele, un villino elegante nello stile tedesco antico, alla estremità orientale del paese, presso all’incontro della strada di Geisenheim con la ferrovia.

La sera del secondo giorno dal mio arrivo ebbi questo biglietto da Magonza:

«Dovevamo restar qui una settimana, ma ho ottenuto che si parta domani. Oh non posso, non posso più stare lontana da Lei! L’anima mia è più che mai Sua, tutta Sua, ma, nella lontananza, le antiche obbiezioni mi combattono ancora. Io non voglio più ascoltarle, però soffro, soffro, ho infinitamente bisogno di esser con Lei. La mia amica desidera viaggiare di notte; così partiremo col treno della riva sinistra che arriva a Bingen prima dell’alba. Gli Steele hanno molte cose a fare colà e non si sa ancora quando tragitteremo a Rüdesheim. Se Lei ode il treno, metta un lume alla sua finestra; credo che lo vedrò benissimo anche dalla sponda opposta del Reno e sarò tanto felice di vederlo! Non venga a Bingen e neanche cerchi di vedermi nel passaggio dallo sbarco di Rüdesheim al villino Steele. Venga al villino alle cinque; allora ci troverà di sicuro.

Addio, addio. I love you.

V. Y.»




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