Questo testo è completo, ma ancora da rileggere.
Questo testo fa parte della raccolta Le poesie di Vincenzo Monti


IN OCCASIONE DEL PARTO
DELLA VICE-REGINA D’ITALIA

e del decreto del 14 marzo 1807 su i licei convitti


Contenuto: Fra le dee Gamelie, curatrici del regal parto, appare folgorando Minerva: ma dove l’asta e l’egida? (1-18). — L’armi, risponde, cessi all’eroe che combatte in Polonia, al quale Bellona apparecchia trionfi (19-30); e qui venni non come desiderosa di battaglia, ma come amica degli studi e della poesia: perocché da questa cuna s’espande un raggio di clemenza, che letifica i padri, vedendo i figli tolti alla miseria, sola causa d’ignoranza e d’ineducazione (31-48). — Ed ecco aprirsi le porte ed apparire nella stanza numi, e primo il patrio Amore, poi il Genio degli studi, quindi la Pittura e la Scoltura, che recano saluti alla regale infante (49-84). Ultime vennero le Muse e cantarono quest’inno: «Come il sole, nella primavera, feconda del suo raggio germi di nuove vite, cosí tu, o Amalia, italico sole, dài vita, nel tuo aprile, a questa amata prole, che già ti desta in seno speranza di frutto maggiore: però esultano la Lombardia e la Baviera (835-120). Bello il lauro de’ vincitori sul capo di re; bella la rosa pronuba sul capo di regine; grato a’ valorosi lo strepito delle spade e il fragore delle trombe; grato alle madri il riso de’ fanciulletti e il labbro che non sa parlare (121-132). Il sudore della battaglia è balsamo al prode; ma il pianto del bambino è strazio al cuore femminile: non affligger dunque, piangendo, o fanciulletta, la madre, che troppo soffrí. La tua nascita ci allieta; al nnovo anno tu non sarai piú sola: ce ne affida la fortuna del maggiore dei re (133-144). — Cosí cantarono le Muse. Minerva intanto lavò in onda d’ambrosia la pargoletta e le istillò il suo spirito, e le vergini Gamelie l’avvolsero in fasce. La mia Musa tutto vide e cantò (145-156). — Il 31 marzo 1805 veniva proclamato iln Milano il regno d’Italia e il 26 maggio incoronato re Napoleone; che il 7 giugno nominava vicerè Eugenio di Beauharnais (1780-1824), figlio del visconte Alessandro e di Giuseppina Tascher de la Pagerie, già sposa, in seconde nozze, di Bonaparte fin dal 1796. Ne’ primi dell’anno seguente Eugenio, adottato come figlio dal grande imperatore, sposò Augusta Amalia figlia di Massimiliano re di Baviera. Da queste nozze (che avvennero in Monaco e furono festeggiate anche in Milano con pompa regale e coll’erezione di un provvisorio arco di trionfo, disegnato dall’architetto marchese Luigi Cagnola, che, fatto poi di marmo, fu quello del Sempione: cfr. De Cast. St., p. 184) nacquero tre femmine (cfr. la nota al v. 109) e due maschi (cfr. la nota al v. 114). La primogenita, della quale canta qui il poeta, fu Giuseppina, che divenne poi la sposa di Oscar I re di Svezia. — Quest’ode, composta nel marzo 1807, fu pubblicata subito in Brescia da Niccolò Bettoni, preceduta dalla nota seguente: «Il giorno medesimo che ci fe’ lieti per la nascita della Real Primogenita la clemenza del Principe segnò il decreto de’ quattro Licei-Convitti, ciascuno con novanta pensioni a spese della Corona e a beneficio della classe men facoltosa dei benemeriti cittadini». Fu pubblicata poi nello stesso anno anche in Milano (Cairo e Compagno tip.), con a fronte la versione latina (che il M. giudicò aurea: Card. Lett. al Bett., p. 433) di Luigi Bellò, rettore delle scuole pubbliche di Cremona, e insieme a un sonetto di Luigi Lamberti, tradotto in latino da un canonico Rosnati. In quel mese di marzo compose il Foscolo il noto epigramma «Te Deum; Gamelie Dee! ecc.», coll’intenzione di deridere i poeti e gli artisti che avevano celebrata la nascita di Giuseppina. — Il metro è simile a quello usato già in loro odi da Agostino Paradisi e da Giuseppe Parini: ogni strofa è composta di sei versi, i primi cinque settenari, alternativamente sdruccioli liberi e piani rimati; il sesto endecasillabo tronco, di rima corrispondente all’altro dell’altra strofa. Cfr., in proposito di ciò, il mio studio Dell’ode Per l’inclita Nice di G. Parini: Nuova Antologia, fasc. 1 luglio 1899, p. 41 e segg.


Fra le Gamelie vergini1
     Curatrici divine
     Del regal parto, e roride2
     D’eterna ambrosia3 il crine,

     Qual negli arcani e taciti
     6Claustri4 gran diva5 folgorando appar?
O del nemboso Egïoco6
     Armipotente7 figlia,
     Ti riconosco al cerulo
     Baleno delle ciglia8
     E all’ondante su gli omeri
     12Peplo9 che l’erettèe nuore sudâr.
Ma dove, o dea, dell’egida10
     Son l’idre irate11, e i lampi
     Dell’asta che terribile
     Scuotea di Flegra12 i campi
     E l’alte mura iliache,
     18Quando i numi ferìa braccio mortal13?
Armi, risponde, e turbini
     Nella rutenia lutta14
     Cessi all’eroe, che fulmina
     L’acre Scita15; né tutta,
     Né tutta ancor sul barbaro
     24Del vincitor ruggì l’ira fatal16.
Su la redenta Vistola17
     Gli prepara Bellona
     I procellosi alipedi,
     E boreal corona

     Tolta a due fronti e fulgida
     30Del sangue che l’avara Anglia comprò.
E qui vengh’io, non cupida
     Di battaglie e di pianto18,
     Ma inerme e di pacifici
     Studi amica e del canto,
     Che a far piú lieti i talami
     36Di reine al ciel care Ascra19 insegnò.
Da questa cuna, ov’auspice20
     Fecondità s’asside
     E alla pensosa e trepida21
     Donna regal sorride,
     Primo de’ fior22 porgendole
     42La bruna che spuntò nunzia d’april;
Da questa cuna espandesi
     D’alta clemenza un raggio23,
     Che i mesti padri esilara,
     Tolti i figli all’oltraggio
     Di povertà che al misero
     48Chiude le fonti d’ogn’idea gentil24.
Germe d’eroe, che il pubblico
     Vóto già vinse e l’ira
     Placò del fato ausonico,
     Apri i begli occhi e mira25.
     Disse; e tosto spontanee
     54Su i cardini le porte ecco suonar26;
Ecco avanzarsi, ed ilari
     Raggiar27 celesti aspetti;
     E si diffonde un subito
     Odor per gli aurei tetti
     Che numi annunzia28, e insolito
     60Già del petto gli avvisa il palpitar.

Primiero, e iddio bellissimo,
     Favella il patrio Amore:
     Cara di dei progenie,
     È tuo di tutti il core:
     Salve. E libava29 un tenero
     66Bacio al bel labbro che le Grazie aprîr.
De’ buoni studi30 il Genio
     Dicea secondo: I regni
     Per me son d’auro31 e splendono:
     Splendon32 per te gl’ingegni:
     Salve. E ligustri e anemoni33
     72Sparse che gli orti di Sofia nutrîr.
Le due sorelle artefici34
     Sclamâr giulive e schiette:
     Care son l’arti all’Italo;
     Tu all’arti in te35 protette.
     Salve: mercé del merito36
     78Daran gli alunni, che tu svegli, un dí.
Sí dicendo, agitarono
     L’una il vital37 pennello,
     L’altra di marmi38 il fervido
     Animator scalpello:
     E di leggiadre immagini
     84Splendor la fronte pueril lambí39.
Mal note40 in terra ed ultime,

     Ma prime in ciel, le Muse
     Mossero; e il volto ingenuo
     Di bel pudor suffuse41,
     Questo alle fibre armoniche42
     90Maritâr dilettoso inno d’amor:
— Già ne’ fioretti scorrere
     Di Zefiro l’amica43
     Fa dolce un rio di nèttare44,
     E la gran madre antica45
     Di gioventú s’imporpora
     96Rinnovando del capo il verde onor46.
Delle celate Drïadi47
     Sotto la man già senti
     Dentro il materno cortice
     Scaldarsi i petti algenti;
     Già sporgonsi, già saltano
     102Fuor della buccia in lor natía beltà.
E della luce il provvido
     Eterno padre e fonte48
     Di vegetanti palpiti
     Empie la valle e il monte,
     E ne’ corpi col rutilo49
     108Strale la vita saettando50 va.
Oh del bel cielo italico51,
     Amalia, augusto sole52!
     Dell’april tuo benefica
     Aura è l’amata prole
     Che già ti ride e suscita

     114Di maggior frutto53 le speranze in sen.
Odi esultar di giubilo
     Gl’insubri54 gioghi, e lieti
     Benedir le vindeliche
     Rive55. Dagli antri queti
     L’Isèro56 echeggia, e libero
     120Concede all’onda salutata il fren.
Bella la marzia polvere57
     Di re guerrier sul crine;
     Bello il lauro tra’ fulmini
     Cresciuto58: e di reine
     Bella sul crin la pronuba
     126Rosa che il fiato d’Ilitía59 creò.
Grato ai forti lo strepito
     De’ brandi, e l’improvviso
     Fragor di tube e timpani:
     Grato alle madri il riso
     De’ bamboletti e il roseo
     132Balbo60 labbruccio che parlar non può.
Sudor di Marte è balsamo
     Del prode alle ferite;
     Di bambinel la lagrima
     Strazio è di cor piú mite:
     Deh! non far mesto, o tenera
     138Vita61, il bel seno che soffria per te.
Al tuo natal dileguasi,
     Vedi, ogni nostro affanno.
     Sorridi, o bella, e calmati.
     Al ritornar dell’anno62

     Non sarai sola; e giuralo
     144L’alta fortuna del maggior dei re.
Tale del fato interpreti
     Sciogliean le Muse il canto.
     In viva onda d’ambrosia63
     Lavò Minerva intanto
     La pargoletta; e l’alito
     150Sacro ispirando: Tu se’ mia64, gridò.
E le Gamelie vergini,
     Curatrici divine,
     D’auree fasce l’avvolsero.
     Fra le chiuse cortine
     Vide l’opra mirabile
     156La diva65 che m’assiste, e la cantò.

  1. 1. Gamelie vergini: «Deità Gamelie, ossia Nuziali, chiamavansi dagli antichi Giunone, Venere, Diana, le Grazie, e lo stesso Giove.... Queste deità Gamelie godevano della speciale denominazione di Vergini.... Era naturalo che quelle deità cho assistevano alle nozze assistessero anche al parto. Infatti Giunone e Diana, presidenti del Coro Gamelio,... erano le prime deità invocate dalle partorienti.... Né il vocabolo Vergini sta nel mio verso come parola nsata dai buoni latini per indicare deità fresche di gioventù, ma vi sta come la complessiva ed unica ed immutabile appellazione loro propria, e vale quanto l’altra di Pierie Vergini per indicare le Muse, le quali.... eran tutt’altro che Vergini». Mt. p. Marz. E cita autorità ed esempi per provare come il nomo di vergine in latino, di pàrtenos in greco e di fanciulla in italiano (Petrarca Trionf. d’A. I, 5: «e la fanciulla di Titone») si usi parlando anche di maritato. Cfr. pure Card. Lett. al Bett., p. 434.
  2. 3. e roride... il crine: accus. di relaz. Cfr. In nota v. 26, p. 3.
  3. 4. ambrosia: La fragranza dell’ambrosia (unguento odorosissimo onde si profumavano gli dei, detta qui eterna perché rendeva incorruttibili i corpi dei mortali) era tenuta come segno della presenza di un dio. Cfr. Omero Iliad. XIV, 170; Virgilio En. I, 103; Foscolo Sep., 62 ecc.
  4. 5. arcani... claustri: stanze appartate e silenziose della regale puerpera.
  5. 6. gran diva: Minerva.
  6. 7. del nemboso Egioco: di Giove adunatore di nembi. Cfr. la nota al v. 145, p. 102.
  7. 8. Armipotente: Anche Virgilio (En. III, 544) chiama Minerva armisona e Ovidio (Amor II, vi, 35 e Metam. XIV, 475) armifera.
  8. 9. al cerulo ecc.: L’essere occhi-azzurra era, com’è noto, prerogativa di Minerva. Cfr., p. e., Omero Odiss. V, 427, 437; VI, 13 ecc.
  9. 12. Peplo: l’ampia veste, tenuta stretta al corpo per mezzo di fermagli, che ti lavorarono con sudore (sudâr: trans.) e ti offersero come a loro protettrice le donne ateniesi, spose dei nipoti d’Erettèo. Cfr. la nota al v. 39, p. 182.
  10. 13. dell’egida ecc. cfr. sopra il v. 7 la nota al v. 145, p. 102.
  11. 14. l’idre irate: Nel mezzo dello scudo di Minerva era il capo di Medusa (il Gorgone), che per crine aveva serpenti (idre). Il Poliziano (St. II, 28), di Minerva: «Che ’l casto petto col Gorgon conserva».
  12. 16. Flegra: Cfr. la nota al v. 467, p. 113.
  13. 18. braccio mortal: quello di Diomede, che ferì, in tempo della guorra troiana, Venere e, guidato da Minerva, anche Marte. Cfr. Omero Iliad. V, 319 e 816 e segg.
  14. 20. Nella rutenia lutta: nella guerra di Polonia (abitata dai Ruteni, popoli di razza slava), promossa contro Napoleone dall’Inghilterra e combattuta con armi prussiane e russe.
  15. 22. L’acre Scita: il rabbioso Russo. Cfr. la nota al v. 53, p. 143.
  16. 28. Né tutta ecc.: In fatti la vittoria che Napoleone ebbe dei Russi a Friedland, causa precipua della pace di Tilsitt (8 luglio), avvenne nel 14 giugno di quell’anno, mentre l’ode, come si è detto, fu composta nell’aprile.
  17. 25. - Su la redenta Vistola ecc.: «Napoleone era già entrato in Varsavia. Il Monti pone che alla fine delle vittorie la dea della guerra [Bellona] gli prepari il cocchio e i cavalli [alipedi: cfr. la nota al v. 364, p. 109] del trionfatore, e gli tenga pronta la corona che egli avrà tolta ai due re del settentrione [boreal corona], il prussiano e il russo già ricordati: corona fulgente del sangue dei nemici comprati dall’Inghilterra avida e ricca [avara] a danno di lui. Dopo la pace di Tilsitt si formò poi in Polonia un piccolo stato indipendente con Varsavia capitale. — Dicendo Vistola intende la Polonia, perché la Vistola è fiume che attraversando questo stato tocca Varsavia e sbocca nel Baltico». Ferr.
  18. 31. non cupida ecc.: non come guerriera, ma come dea delle scienze e delle arti.
  19. 36. Ascra: le Muse. Cfr. la nota al v. 13, p. 40.
  20. 37. ov’auspice: presso alla quale s’asside propizia.
  21. 39. trepida: della propria salute.
  22. 41. Primo de’ fior ecc.: la viola.
  23. 41. D’alta clemenza un raggio: il decreto sui convitti nazionali. Cfr. la nota d’intr.
  24. 46. Tolti ecc.: per veder tolti i figli all’obbrobrio di povertà (Orazio Od. III, xxiv, 42: Magnum pauperies opprobrium), che nega loro di potersi istruire ed educare (ogn’idea gentil).
  25. 49. Germe ecc.: o figlia d’eroe (il Beauharnais) che fu ed è amato da tutti (vinse il pubblico vóto) e colla sua saggia, onesta ed attiva amministrazione placò il fato che sembrava avverso alla felicità d’Italia, ecc.
  26. 53. spontanee ecc.: Virgilio En. VI, 81: Ostia... patuere.... Sponte sua. Cfr. la nota al v. 16 del c. III della Feron.
  27. 55. ilari raggiar: e lieti diffonder luce. Idea consimile a quella di Dante (Par. viii, 70): «Per letiziar lassi fulgor s’acquista, Sí como riso qui».
  28. 59. Che numi annunzia: cfr. la nota al v. 4. — e insolito ecc.: Aver il petto anelante nel parlare, significava essere invasi da spirito divino. Cfr. Virgilio En. VI, 46 e segg.
  29. 65. libava: diede leggermente.
  30. 67. De’ buoni studi ecc.: il Genio che protegge dall’alto i buoni studi.
  31. 68. I regni ecc.: Accenna alle età di Pericle, di Augusto, di Leone X ecc. (Cfr. le note a’ vv.5, bp. 2 e 267, p. 18), che, per lo splendore delle arti e l’onore in che furono tenuti gli studi, si chiamarono e chiamano secoli d’oro.
  32. 70. Splendon ecc.: Torna ad alludere al decreto del licei convitti. Cfr. il v. 44 è la nota d’introd.
  33. 71. ligustri e anemoni: fiori di che si formavano corone simboleggianti la scienza, e però nutriti negli orti della sapienza.
  34. 73. Le due sorelle ecc.: la pittura e la scoltura.
  35. 76. in te: per causa di te. Con questo senso usa in l’Ariosto (XXX. 3): «Ben spero, donne, in vostra cortesia, Aver da voi perdon poi ch’io vel chieggio». Cfr. anche Parini Od. III, 14.
  36. 77. mercé del merito ecc.: gli alunni che tu svegli agli studi ti renderanno un giorno grazio (mercé) de’ meriti che si saranno, per causa tua, acquistati nel campo dell’arte.
  37. 80. vital: che dà vita alle idee della mente.
  38. 81. di marmi ecc.: cfr. il v. 22 e segg. p. 3.
  39. 83. E di leggiadre ece.: e subito leggiadre figure passarono innanzi agli occhi della regale infante.
  40. 85. Mal note ecc.: Accenna al disprezzo ignorante in cui hanuo alcuni la poesia,
  41. 87. il volto... suffuse: Accus. di relaz.: cfr. la nota al v. 26, p. 3.
  42. 89. alle fibre armoniche: alle corde della lira.
  43. 92. Di Zefiro l’amica: Flora.
  44. 93. nèttare: la bevanda degli dei: qui, germi vitali.
  45. 94. la gran madre antica: la terra. Petrarca Trionf. d. M. I, 89: «Tutti tornate alla gran madre antica».
  46. 96. il verde onor: le erbe.
  47. 97. Delle celate ecc.: la forza vitale e germinativa dello piante (i petti delle Driadi), rimasta inerte per tutto l’inverno (algenti), ora, se tu tocchi (sotto la man), sentirai riscaldarsi per isbocciare in fiori (già sporgonsi ecc.), che poi diverranno frutti. — Le Driadi (gr. drús: quercia) erano lo ninfe dei boschi. Cfr. i vv. 55 e segg. del Serm. sulla Mit.
  48. 103. E della luce ecc.: il sole, che Dante (Par. X, 28) saluta «Lo ministro maggior della natura».
  49. 107. rutilo: rilucente (lat.).
  50. 108. saettando: È detto come se i raggi fossero saette. Dante Purg. 11,55: «Da tutte parti saettava il giorno Lo sol, ch’avea con le saette conte Di mezzo ’l ciel cacciato il Capricorno».
  51. 109. Oh del bel cielo ecc.: E il Foscolo (Grazie framm. c. II), pur di Amalia: «O nuova speme Della mia patria, e di tre nuove Grazie Madre e del popol tuo; bella fra tutte Figlie di regi, e agl’Immortali amica!»
  52. 110. augusto sole: Si osservino i termini della similitudine, solo accennata: Come il sole fa nascere i fiori a primavera; cosí la donna regale, sole d’Italia, mette in luce nella sua gioventú
  53. 114. Di maggior frutto: di un figlio maschio. Amalia ebbe, in fatti, due figli maschi: Augusto Carlo, che sposò la regina Maria di Portogallo e morì nel 1835, e Massimiliano Giuseppe, che nel 1842 sposò l’arciduchessa Olga, figlia dell’imperatore Nicola di Russia, e morì nel 1853.
  54. 116. insubri: cfr. la nota al v. 17, p. 182.
  55. 117. le vindeliche rive: la Baviera (anticamente Vindelicia), che diede loro nna cosí buona regina.
  56. 119. L’Isèro ecc.: l’Isar (che nasce dai monti del Tirolo e bagna la Baviera) echeggia degli applausi degl’Italiani, e lascia che scorra libera l’onda sua al Danubio.
  57. 121. Nelle tre strofe che vengono, la prima parte di ciascuna dice delle virtù militari del Beauharnais (si ricordi che questo valoroso principe combatté con Napoleone in Egitto, a Marengo, in Russia ecc.); la seconda delle virtù, dirò così, materne di Amalia.
  58. 123. Bello il lauro ecc.: bella la vittoria acquistata tra i fulmini delle armi. Cfr. i vv. 53 e segg. a p. 183.
  59. 126. Ilitìa: Giunone, invocata con tal nome dalle partorienti. Cfr., p. e., Ovidio Amor. II, XI, 21.
  60. 132. balbe: che forma suoni indistinti.
  61. 137. o tenera vita: o bambina.
  62. 142. Al ritornar ecc.: «Nel nuovo anno tu, o fanciulla, avrai un fratello; perché l'alto destino di Napoleone ce ne assicura. Si ricordi che Napoleone aveva fatto concepiro al Beauharnais la speranza della corona d’Italia: e che questi considerava come una disgrazia la nascita di una figlia temendo che fosse causa di far mutare disposizioni all’imperatore che era fatalista. Come il M. altri allora vollero consolare il viceré, predicendogli un maschio: Febe ha preceduto Apollo dissero. L’alta fortuna di Napoleone pertanto gli darà quel maschio che gli varrà a continuare la dignità reale nei suoi discendenti». Ferr.
  63. 147. ambrosia: cfr. la nota al v. 4.
  64. 150. Tu se’ mia: sarai tutta imbevuta dell’amore dell’arte è degli studi.
  65. 156. La diva ecc.: la mia Musa.

Varianti

N. B. Queste varianti sono state ricavate dalle Odi del cav. V. M. colla versione latina del signor L. Bellò, Parma, Bodoni, 1812, indic. con un B.; dal vol. I delle Opere di V. M., Milano, Resnati, 1839, indic. con un R., e dal vol. IV delle citate Opere inedite e rare, indic. con un O.

67. De’ lieti studi (B. O.).
72. Sparge (B. C.).
82. Animator scarpello (B. R. O.).
83. E di venuste immagini (B. R. O).
87. Mossero; il volto ingenuo (0.).
111-12. Aura d’april benefica È la beata prole (B. R. O.).

133. Sudor di guerra (B. R. O.).

Note

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