< Intermezzo di rime
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Vecchi pastelli Venere d'acqua dolce

I

Le làmine de 'l verso aurëe batto
io faticosamente co 'l martello,
e per voi, musa da li occhi di gatto,
ogni làmina d'or piego ed anello.

5Tacito, su la vana opera, in atto
di artefice chinato su 'l gioiello,
per voi, madonna, vigilando, io tratto
ogni làmina a punta di cesello.

Le gemmee rime sprizzano barbagli
10d'iride, in mezzo a i toni opachi d'oro,
su 'l molle raso ov'è trapunto il gallo...

Impetuosamente io su i fermagli
de l'ultima terzina ancor lavoro;
e mi stride ne l'impeto il metallo.


II

Non mai vi vidi io dunque ilare, a 'l fresco
ne i rossi novilunî di Siviglia,
urtare il marmo d'un cortil moresco
co 'l piè gentile, a suon di seghidiglia?

5Ne i circoli de l'agile arabesco
ondeggiava fremendo la mantiglia;
e s'apriva per l'ansia, come un fresco
fiore, l'anel de la bocca vermiglia.

Stanca sedeste, ove il raggio lunare
10sotto l'arco moriva, a 'l dolce invito
aprendo con le fini unghie un'arancia:

quand'io chino su voi, senza parlare,
entro il fumo e l'odor de 'l papelito
arditamente vi baciai la guancia.


III

S'io fossi mai, crudele Marchesana,
un poeta pittore e mandarino
da 'l lungo obliquo mite occhio vetrino
animante un candor di porcellana,

5vedreste su 'l ventaglio in una strana
primavera fiorir sotto il mio fino
pennello, come a li orti di Pekino,
rami di thè, d'aglaja e di banana.

Passano in vece per la nera seta
10le rondini d'argento a vol disperso,
(lungi son le moschee) con la fortuna...

Ma pure a me, barbarico poeta
ne la prosa domato, ancora il verso
per voi fiorisce, o Marchesana bruna.


IV

Ella intreccia da 'l curvo ago li stami
fra le onici de l'unghie scintillanti
e in sen le scende per virtù d'incanti
una vergine pioggia di fiorami.

5Si destano i miei sogni anche a i richiami
de 'l desiderio, vergini; ed avanti
le piovono in fulgor di diamanti
anche de' sogni i floridi velami.

Dorme la stanza immersa in un chiarore
10d'alba plenilunar, che si diffonde
per l'alto de la sfera cristallina.

E ne 'l silenzio l'anima in odore
esalano le rose moribonde
fuor da li antichi vasi de la China.


V

Quando ampio s'apre il plenilunio ardente
su i verdi sonni de li stagni a 'l piano,
ne la pagoda i rulli cupamente
de 'l gran tamburo echeggiano lontano.

5Su 'l popolo de' bonzi, erto e fulgente
guarda Fo muto iddio da l'occhio umano
e tra gl'idoli d'oro e i mostri in lente
onde li aromi sfumano pe 'l vano...

Ma la sacra bevanda con un riso
10voi ne la fine tazza di yuè
mi versate fra i nembi de 'l vapore;

mentre a voi su 'l tappeto io prostro il viso,
io poeta fanatico del thè
come Khian-Loung celeste imperatore.


VI

Un antico rondò di Cimarosa
da la spinetta al fin li echi sopiti
risveglia fra le tende alte di rosa,
ne i fondi de li arazzi scoloriti.

5Vibra il sol la sua lama radiosa
d'oro su quel languor di tinte miti,
e par che rida in ogni morta cosa
un'anima di fiore, a quelli inviti.

Madonna è china, a la spinetta: sale
10ogni mio verso in ritmo de l'adagio
per la sua nuca e a 'l limbo de' capelli.

E mentre io le susurro il madrigale
rompe ella in un suo bel riso malvagio,
passando a una gavotta di Jommelli.


VII

Su 'l divano di scarlatto
tutto a grappoli d'argento
il bel capo sonnolento
ferma un tono d'oro matto.

5Ne' suoi tondi occhi di gatto
il bagliore è semispento,
su 'l divano di scarlatto
tutto a grappoli d'argento.

Co 'l piacere fine de 'l tatto
10a la gola io l'addormento:
spira un fievole lamento
ella, e resta in quel dolce atto
su 'l divano di scarlatto.

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