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coro
Strofe
Il lutto io vedo già, vedo le lagrime,
gli ululi ascolto, il rompere dei gemiti,
quando saprà che un figlio
trovò lo sposo, la signora mia,
ed essa invece orba è di prole e sterile.
O di Latona figlio, or che significa
questa tua profezia?
Donde provenne, da qual donna, il pargolo
che fu cresciuto nel tuo santuario?
Non m’allieta l’oracolo,
e l’inganno pavento,
se considero l’esito
che aver può tale evento.
È strano il signor mio, strano è che m’ordini
ch’io rimanga in silenzio.
Tutto è frode, fallacia
tutto, in questo fanciul che germinò
da un altro sangue. E chi negarlo può?
Antistrofe
Tutto dobbiamo alla regina esplicito
narrar, che ogni suo ben poneva, o misera,
nello sposo, e partecipe
era della speranza dei suoi letti?
Egli è felice adesso, ella si logora
nel duol: ché piomberà nella vecchiaia
senza figli diletti.
O sciagurato! A questa casa estraneo
giunto, non seppe alla sua sorte, prospera
troppo, innalzare l’animo.
Deh, mora colui, mora,
che con la sua versuzie
vinse la mia signora!
Deh, mai libami che con pure avvampino
fiamme non arda ai Superi!
E bene apprender l’anima
mia dovrà. Ma s’appressano al banchetto
il nuovo padre e il figlio giovinetto.
Epodo
O gioghi che lo scoglio della Parnasia roccia
reggete eccelso, e la celeste sede
dove Bacco che leva le scintillanti fiaccole
lancia con le nottivaghe Baccanti a danza il piede,
mai non giunga il fanciullo alla nostra città,
e pria soccomba nel fior dell’età.
Bene Atene dovria, che ancora lagrima,
tener da sé lontano
il nuovo intruso: assai fu che un estrano
v’introdusse Erettèo nostro sovrano.