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LA VENDEMMIA
Prema co ’l pié gagliardo un giovinetto,
entro il tino di quercia, le capaci
sacca ricolme d’uva succulenta;
ed all’urto gli scorra il mosto in rivi.
Poggiato ad una verde asta silvana.
ci moderi co ’l suo canto l’alterno
salto de’ piedi; e sia composto, quale
è Dionigi nel buon marmo acheo.
Gli ridano le membra, temperate
di grazia e di vigore, agili in ritmo.
Appariscano a fior del suo torace
adolescente i fieri archi dell’ossa,
come a studio segnati da preclaro
artefice; e le braccia al busto inserte
nitidamente sieno e nerborose
come d’atleta al disco esercitato;
e le gambe in lor moti abbian la maschia
venustà della forma e la lunghezza
quasi fluente, che alli Antichi nostri
in tele e in marmi assai furono care.
Vengan d’in torno le fanciulle al tino
da le prossime vigne, con canestri
di grappoli in su ’l capo; e faccian coro,
quali un di le canéfore in Atene.
Fluiscano, di sotto alle calcagna
imporporate del vendemmiatore,
larghi rivi di mosto; e liberale
sia di gioia a l’umana opera il Sole.