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COMPOSTA
IN ONOR D'ISAOTTA
Amore in mezzo a questo ballo stia:
E chi gli è servo, intorno.
E se alcuno ha sospetto o gelosia,
Non faccia qui soggiorno;
Se non, farebbe storno;
Ognun ci s'innamori,
O esca fuor del loco tanto ornato.
LORENZO DE' MEDICI
AGVNT ET CANTANT
SALABAETTO · VANNOZZO
IPPOLITO
CORO DEI GIOVINI
*
VERDESPINA
ALTEA DALLE TRE GORE
LA DIAMBRA
CORO DELLE GIOVANI
La scena è in un orto vasto, arborato e rigato di acque, e ad austro limitato da un fiume sinuoso. I cantori stanno sulla cima di un monticello, il quale è nel mezzo dell'orto, tutto coperto dalli arcipressi e dalli allori, come nel dialogo del Firenzuola.
Interrompono il verde alquanti aranci vivi, carichi di frutti straordinariamente numerosi, de' vecchi e de' nuovi frutti e de' fiori ancóra.
I paoni, taluni bianchi, posano su' più alti rami.
Le donne e gli innamorati, in attitudini di grazia, si compongon da principio intorno a Salabaetto, che canta accompagnandosi dolcemente con un ribechino.
Nel corso delle canzoni e de' cori alterni, le due schiere si aprono, si chiudono, si mescono, si atteggiano in varia guisa; ma seguendo nei moti quasi un ritmo di danza.
- SALABAETTO, cantando
- Aprile, il damigello,
- mette suoi lieti bandi:
- - Ogni bella inghirlandi
- un amador novello. -
- Porta in su 'l giustacuore
- verde una rosa bianca.
- Con atto di signore,
- tiene il pugno in su l'anca.
- In su la spalla manca
- gli posa un vago augello.
- Un turcasso gli pende
- alli òmeri sonoro;
- a tratti a tratti splende
- poi ch'è tutto d'avòro.
- Ha buona punta d'oro
- ed ali ogni quadrello.
- È il giovine un gagliardo
- arciere, o Verdespina.
- Ferita di tal dardo
- è ferita divina.
- Ei rapì l'arme fina
- ad Amor tirannello.
- Vien con gentile ardire
- questo de' Vènti figlio,
- come un giovine sire
- torna da lungo esiglio.
- Leva piano un bisbiglio
- da presso ogni arboscello.
- I cespi rifiorenti
- stretta gli fan la via.
- Forse, con occhi intenti,
- una ninfa lo spia.
- Suonano in compagnia
- l'arbore ed il ruscello.
- Vien con sicuro passo
- il banditor per li orti:
- gli tintinna il turcasso
- in su li òmeri forti.
- E pur da' tronchi morti
- rompe qualche ramello.
- Udite. Il banditore
- gitta suoi lieti bandi.
- O messaggio d'Amore,
- April, che ne comandi?
- - Ogni bella inghirlandi
- un amador novello. -
- CORO DEI GIOVINI
- Ogni bella inghirlandi
- de le braccia il suo vago.
- Ne l'ombra il verde Mago
- crea giacigli alti e grandi.
- CORO DELLE GIOVANI
- Scendiamo su 'l dolce lido
- ove Diana giacque.
- CORO I
- Men rapide son l'acque
- che il desir vostro infido.
- CORO II
- Piegare d'erba è lieve
- men che dolor d'amante.
- CORO I
- Bevon l'acqua le piante;
- cuor di donna oblìo beve.
- CORO II
- Amor d'uomo troppo vuole.
- CORO I
- Amor di donna è infido.
- I DUE CORI
- Scendiam su 'l dolce lido
- a cui s'inchina il Sole.
- VANNOZZO, cantando
- O Sole, i tuoi corsieri
- van con narici ardenti
- respirando i gran vènti.
- Come bianchi e leggeri!
- Lor rilascia in su 'l collo
- tutte le briglie, e sosta.
- Pascan quieti, o Apollo,
- giù per la rossa costa
- cui vigila composta
- la notte in suoi misteri.
- L'Ora del giorno estrema
- vieni a' cavalli stanchi.
- Ben a lor, senza tema,
- palpa li ansanti fianchi.
- La guatan, fra i crin bianchi,
- da li occhi umidi e neri.
- Di sue lusinghe l'Ora
- cinge li alati mostri.
- Indugian quelli ancóra
- lungo i vermigli chiostri.
- Su, gioite, o amor nostri!
- Fiorite, aurei verzieri!
- Aprite i freschi rivi,
- tutti, o poeti amanti!
- I beni fuggitivi,
- i fiori, i frutti, e i canti
- numerosi, e in stellanti
- prata i balli, e i vin mèri,
- e in lucidi oricanni
- l'acque e l'essenzie rare,
- e i preziosi panni
- che vengon d'oltremare,
- e i sogni seguitare
- da morbidi origlieri,
- quanti, o poeti, sono
- i fuggitivi beni
- celebrar con gran suono
- giova e con versi pieni.
- S'aprano a' ciel sereni,
- come rose, i pensieri!
- Apresi in fiamma, come
- una rosa, il mio cuore.
- Vien nel canto il tuo nome,
- Altea da le tre Gore.
- O Sole, a farle onore,
- arresta i tuoi corsieri!
- CORO DEI GIOVINI
- Ei fugge. Il sir non ode.
- Lo chiami? Egli è lontano.
- Tenerlo è disìo vano.
- Lodarlo è vana lode.
- Uom saggio è sol chi gode.
- CORO DELLE GIOVANI
- Seguono i Vènti il sire;
- che versano da l'ale
- un suon limpido eguale
- come da lunghe lire.
- È dolce cosa udire.
- CORO I
- Dolce, ma sotto i vasti
- alberi che un'iddia
- già tenne in signoria
- d'amore, a' giorni fasti.
- CORO II
- Tu, Delia, con men casti
- occhi, a la molle ombrìa,
- su l'erba che fiorìa
- Endimion guardasti.
- CORO I
- Nel suo favor benigno
- venite, o belle, a 'l folto.
- CORO II
- Ride, curvo in ascolto,
- il satirel rossigno.
- CORO I
- Venite, o belle, a 'l clivo
- cui l'acqua esile riga.
- Me' che vivuola o giga
- canta ogni snello rivo.
- CORO II
- Me' che giga o vivuola
- canta ogni rivo snello;
- ma lesto il satirello
- arma la sua tagliuola.
- CORO I
- È vano il diniegare,
- ché dentro arde gran sete.
- CORO II
- Vano è tender la rete
- a chi non vuol calare.
- CORO I
- Qual s'accende a l'aurora
- una rosa non tocca,
- tal l'aulorosa bocca
- a 'l desir che l'infiora.
- CORO II
- Qual de la gemma oscura
- la verde foglia brilla,
- tale da la pupilla
- la speme non sicura.
- CORO I
- O belle, udite, udite
- voci che il vespro aduna.
- CORO II
- I vaghi de la Luna
- fan lai ne l'aria mite.
- CORO I
- Udite gran bisbigli
- lungh'essi que' sentieri.
- CORO II
- Le ninfe hanno misteri
- grandi ne' lor concigli.
- CORO I
- È dolce cosa udire.
- CORO II
- Udire è dolce cosa.
- I DUE CORI
- Scendiam la china ombrosa.
- Giorno, tu non morire!
- IPPOLITO, cantando
- O Giorno, a la tua morte
- il ciel lacrime versa,
- lento; e da l'ostro emersa
- la Notte apre le porte.
- Si piega ella su 'l Giorno
- caduto in su' ginocchi
- però che il sangue a torno
- da 'l fianco gli trabocchi.
- Su le labbra e su li occhi
- bacia il finito sire;
- gode sentir salire
- sotto il bacio la morte.
- Quando in su' novi mai
- ardeva la diurna
- fiamma, ti sospirai
- a lungo, o taciturna.
- Bere la pace all'urna
- tua vasta era il desìo;
- bere il tuo lene oblìo,
- sorella de la morte.
- Anche a me, da' supremi
- cieli, vogli la faccia.
- Li stanchi occhi mi premi;
- tutto a 'l gran sen m'allaccia,
- sì ch'io fra le tue braccia
- oda il tuo tardo cuore,
- oda il lontan fragore
- de' fiumi della morte.
- CORO DEI GIOVINI
- O belle, udite, udite
- voci che il vespro aduna.
- CORO DELLE GIOVANI
- I vaghi de la Luna
- fan lai ne l'aria mite.
- VERDESPINA, cantando
- Io l'amo. Pe 'l ruscello
- di sue rime il mio nome
- passò fiammando, come
- tra perle un carboncello.
- Ei si chinò, per bere,
- in su l'anima mia;
- ei bevve a suo piacere
- la vita che n'uscìa.
- L'imagine giulìa
- rise ne le dolci acque.
- O Amor, quanto mi piacque
- il volto aperto e bello!
- Nel fonte ride ancora,
- o Amor, l'imagin bruna.
- Passa il vespro e l'aurora,
- passa il sole e la luna,
- seren passa e fortuna,
- senza l'acque mutare.
- Il volto mai scompare;
- ride sempre novello.
- SALABAETTO, cantando
- Dà faville, o mia Rima,
- poi ch'ella ama l'amante!
- Benedici l'istante
- quand'io la vidi prima!
- Era il giugno. Mi parve
- che un baleno io vedessi.
- Ridendo ella comparve.
- Io nel mio cor la elessi.
- Maturava le messi
- quel suo rider sereno
- che correa quel baleno
- a l'alte spiche in cima.
- CORO DEI GIOVINI
- O belle, udite, udite
- voci che il vespro aduna.
- CORO DELLE GIOVANI
- I vaghi de la Luna
- fan lai ne l'aria mite.
- ALTEA, cantando
- Io l'amo. Agili e fieri
- e liberi, i suoi canti
- balzaronmi d'innanti
- qual torma di levrieri.
- Pe' tuoi di foco, o Amore,
- segreti laberinti
- il mio trionfatore
- portò miei spirti avvinti.
- Un serto di giacinti
- son que' suoi ricci neri.
- Quando gli fan carezza
- l'aure a 'l vivace serto,
- scopresi la bianchezza
- de 'l collo bianco ed erto.
- Ben tu l'avresti certo,
- Giove, fra' tuoi coppieri.
- O Giove, da le cene
- tue pingui egli discese.
- Piacquergli le serene
- valli del mio paese.
- Io languiva; ei mi tese
- la coppa de' piaceri.
- VANNOZZO, cantando
- Sgorga da labbro umano
- questa voce, in su 'l mondo?
- M'inebria il cuor profondo,
- come un vin cipriano.
- Ben tale ebrezza, o Amore,
- vinsemi; e la divina
- Altea da le tre Gore
- fu del mio cor reina.
- Così la Leoncina.
- Tu 'l sai, Poliziano!
- Cantava mollemente;
- recava in man narcissi.
- Il grande occhio languente
- come luna in eclissi,
- di tra' capei prolissi
- quanto era dolce e strano!
- Bevean l'onda inchinati
- i lauri a 'l suo passaggio.
- - Rendete e' cuor furati -
- ella cantavo a Maggio.
- E il gonfalon selvaggio
- fiorìa ne la sua mano.
- CORO DEI GIOVINI
- Udite, udite, o belle.
- Rendete e' cuor furati.
- CORO DELLE GIOVANI
- Si son li amanti armati
- per prender le donzelle.
- LA DIAMBRA, cantando
- O amanti, ancora i lai?
- L'amore è un vil tiranno.
- Fuggite il triste inganno.
- Non amate già mai.
- Sopra un albero adorno
- splende un frutto e non muta.
- Uomini e donne a torno
- aspettan la caduta;
- guatan con brama acuta
- poi che il velen non sanno.
- Fuggite il triste inganno.
- Non amate già mai.
- Bei mostri a mezzo il mare
- tesson vocali ambagi.
- Scorgonsi fiammeggiare
- ne 'l profondo i palagi.
- Ma traggono i malvagi
- canti ad oscuro danno.
- Fuggite il triste inganno.
- Non amate già mai.
- Oggi le man leggere
- levan alto la coppa;
- a l'agili chimere
- godon blandir la groppa.
- Ahi, per l'angoscia troppa
- doman si torceranno!
- Fuggite il triste inganno.
- Non amate già mai.
- Oggi li occhi un giocondo
- abbagliamento assale;
- ei veggon tutto il mondo
- in luce trionfale.
- Doman, arsi da 'l sale
- de' pianti, ombra vedranno.
- Fuggite il triste inganno.
- Non amate già mai.
- Oggi cantan le bocche
- vicine - Io l'amo, io l'amo -,
- quali rose non tocche
- in su l'istesso ramo.
- Doman, altro richiamo!
- Gemiti leveranno.
- Fuggite il triste inganno.
- Non amate già mai.
- CORO DEI GIOVINI
- Piacciasi la Diambra
- di sue torbide rime.
- La Luna è in su le cime,
- pallida come l'ambra.
- CORO DELLE GIOVANI
- Acerba è la Diambra,
- però che senza tregua
- Ippolito la segua
- in van, come Ombrone Ambra.
- CORO I
- O Ippolito, per lei
- April non ha turcasso.
- CORO II
- Ombron piange su 'l sasso,
- ne' canti medicèi.
- CORO I
- Ecco le stelle prime.
- CORO II
- Le vedi tu, Diambra?
- I DUE CORI
- Pallida come l'ambra,
- la Luna è in su le cime.
- IPPOLITO, cantando
- O Amor, vile tiranno,
- tu non sei sazio mai!
- Morte, se chiamerai,
- con gioia i servi udranno.
- Vider già ne' dolenti
- sogni tua signoria,
- videro i fiumi lenti
- ove sotto l'ombria
- taciti, in compagnia,
- al fin discenderanno.
- Quivi stagna tra molto
- erba l'acqua del Lete.
- Chi ne beve una volta,
- poi non avrà più sete.
- Alti, ne la quiete,
- i papaveri stanno.
- La cicuta e il solatro
- e il giusquïamo bianco
- metton ne l'ombra un atro
- fiore, un fior tardo e stanco.
- Quivi i servi, in su 'l fianco
- piagato, giaceranno.
- CORO DEI GIOVINI
- Altri boschi, altri fiumi,
- altri fiori, altri canti!
- CORO DELLE GIOVANI
- Nuotan gli spirti amanti
- ne fiumi de' profumi.
- CORO I
- O belle, o belle, è l'ora!
- CORO II
- Gittò il paone un grido!
- I DUE CORI
- Scendiamo alfin su 'l lido.
- Meglio è vespro che aurora.
- Le stelle ad una ad una
- ridon pe 'l ciel profonde;
- e a' palpiti risponde
- il seno de la Luna.
- CORO I, movendo
- Luna, qual dolce affanno
- metti a 'l cuor de' rosai?
- UNA VOCE, di lontano
- Morte, se chiamerai,
- con gioia i servi udranno.
- CORO I, movendo
- Udiam colloqui gai
- che l'acque e l'aure fanno.
- UNA VOCE, di lontano
- Fuggite il triste inganno.
- Non amate già mai.
TEΛΟΣ