< L'Ulisse
Questo testo è incompleto.
Canto secondo
Canto primo Canto terzo

POI CHE ’L seguente dì la bella aurora
Co’ bei crin d’oro, e con rosato aspetto
Dal balcon d’oriente appare fuora,
Tornando in grembo al suo sposo diletto:
D’’Ulisse il figlio, ch’attendea quell’hora
Tutto pien di desire uscì di letto,
Ratto si veste, e al fianco pon la spada.
Et ove bisognò prese la strada.

Trova i trombetti, e lor altero impone,
Che bandisca il messaggio à Greci tosto:
E vengan nella sua stessa magione,
Che ’n questo luogo egli l’havea proposto;
V’aviene adunque ogni primier barone:
Et egli ne la sedia si fu posto
Del padre, che ’n paesi era lontani,
E presso li giacean due bianchi cani.

Teneva in man l’ardito giovinetto
Una lung’hasta, e la poneo da parte.
Quivi era un huom d’Egitto, ch’a diletto
Havea visto del mondo una gran parte:
Ma prudente, e ripien d’alto intelletto,
Però ch’havea vivuto la sua parte:
Questo fu ’l primo, il qual ragionar volse
In quel consiglio, e che la lingua sciolse.

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.