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E ora, o Ateniesi, è giusto che prima io mi difenda contro le prime false accuse e contro i primi accusatori; poi contro quelle e quelli venuti dopo. Imperocché accusatori miei presso voi ce n’è stati molti, e da un pezzo, sono già molti anni, non dicendo nulla di vero: i quali piú mi dànno paura che non Anito e i suoi seguaci, contuttoché terribili, anche loro. Ma quelli sono piú terribili, o cittadini; i quali, pigliando i piú di voi ancor fanciulli, di loro accuse contro me in nulla vere vi ebbero persuasi: che ci è un certo Socrate, uomo sapiente, speculatore delle cose del cielo e cercatore di tutte le cose sotto terra, e che le piú deboli ragioni fa piú forti[1]. E gli spargitori, o Ateniesi, di questa fama, essi sono i miei terribili accusatori; imperocché pensano quelli che li odono, i cercatori di cotali cose non creder né anche negl’Iddii. E poi questi accusatori sono molti e m’han già accusato da molto tempo, parlando in quella età a voi nella quale molto credevate per essere fanciulli, alcuni giovinetti; e mi hanno accusato, me assente, niuno difendendomi. E la piú strana cosa è che non si possa conoscere e dire loro nomi, salvoché qualche comediografo[2]; ma, tutti quelli che voi ebbero persuasi per invidia o calunnia, o perché persuasi e persuadenti alla loro volta, verso questi non so che fare io: né si può qua menare nessun di loro né argomentar contro; ed è proprio necessità che io mi difenda come se combattessi con ombre, e che, niuno rispondendo, ribatta. Dunque, consentite anche voi, i miei accusatori sono di due specie, i novelli, e gli antichi che dico io: e consentite che io mi ho a difendere prima contro quelli; imperocché voi avete udito quelli accusarmi prima, e piú molto, che non questi venuti dopo. E sia. Ci si ha a difendere, dunque, e ci si ha a provare di trar via fuori dai vostri animi la calunnia che ivi cova da lungo tempo, e trarnela in tempo cosí breve. Oh cosí fosse, se cosí è il meglio per voi e per me; se avessi pure qualche vantaggio, difendendomi; ma la difficoltà la vedo, e non mi si nasconde quale ella è. Ma vada come a Dio piace; si ha a ubbidire alla legge e ci si ha a difendere.
Note
- ↑ Per esempio Aristofane nelle Nuvole, rappresenta l’anno 423: i discepoli di Socrate vi sono raffigurati mentre scrutano le cose di sotterra e studiano l’astronomia (vv.188-241); ad ammaestrarli sono gli stessi Discorsi Giusto, quello del bel tempo antico, e Ingiusto, capace di confondere e vincere con le capziosità sofistiche (vv.890-1104). Diopete verso la metà del V secolo introdusse un decreto che mirava a colpire Anassagora e in lui Pericle, perseguendo chi non riconosceva gli dèi o insegnava qualche teoria sulle cose celesti (cfr. PLUTARCO, Pericle 32.1; Nicia 23.3, e nota a Cap.XIV 1).
- ↑ Aristofane (cfr. Cap.III), Ameipsia (Connos, a.423) ed Eupoli (Adulatori, a.421).