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Guardate con me: ch’ei si contraddice cosí, è chiaro. Tu rispondi a noi, o Meleto: e voi ricordatevi di quello che vi ho pregato in principio, di non mi far rumore se io ragiono nel modo solito.
- Ci è alcun uomo, o Meleto, il quale creda esserci cose umane sí, ma uomini no?... (che risponda, o Giudici, e non si dimeni, non ischiamazzi)
- c’è alcuno che non creda esserci cavalli, e cose cavalline sí? che non creda esserci sonatori di flauto, e sonate di flauto sí?... Non c’è: o il piú buon uomo, se non vuoi rispondere tu, rispondo io a te e a questi altri. Ma a questo déi rispondere tu: c’è alcuno il quale creda esserci cose demoniache, e demoni no?
- Non c’è.
- Che bene mi hai fatto! che alla fine tu m’hai risposto un poco: ma sforzato. Ora tu affermi che io credo e insegno esserci demoniache cose, nuove o vecchie che siano? dunque a cose demoniache credo, secondo che di’ tu; e giurato l’hai nella tua querela. Ma se io credo in cose demoniache è ben di necessità che io creda anche nei demoni: non è cosí?... Cosí; dacché non rispondi, suppongo che tu consenta. E i demoni non crediamo noi essere Iddii o figli d’Iddii? sí o no?
- Eh sí!
- Dunque se io credo in demoni come tu affermi, e se i demoni son cotali Iddii, ecco che dico io, tu fai un enimma, per fare il grazioso, affermando che negli Iddii io non ci credo e ci credo. E se poi i demoni son cotai figli spurii d’Iddii, partoriti o da ninfe o da altre che dicono, qual uomo crederebbe esserci figli d’Iddii, e Iddii no? sarebbe tal strana cosa, quale se alcun credesse esserci figli di cavalli e di asini, i muli, e non credesse esserci cavalli e asini. Ma, o Meleto, una delle due: o m’hai scritto l’accusa per pigliarti giuoco di me e mettermi a prova, o per non trovar niuna vera colpa che tu imputare mi potessi; ma che ti venga fatto di persuadere alcuno, anche se di piccola mente, che uno medesimo creda esserci cose demoniache e divine, e demoni e Iddii ed eroi no, non ci è modo né verso.