Questo testo è incompleto.
Lo scortico de Campomarzo La sposa de Titta
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti dal 1828 al 1847

L’APPARTAMENTO DE LA PADRONA.

     La mi’ padrona è vvedova da un anno,
E sse gode sto po’ dd’appartamento,
Che cc’entrerìa magara un riggimento
4Coll’arme e li bagajji ar zu’ comanno.

     Questa è la sala: cqui sto io: llì stanno
Le cammoriere e er pupo:1 de cqui ddrento
Se2 va a ssei stanzie nobbile, che ssento
8Che li re cche so’ re mmanco scell’hanno.3

     Poi viè er zalone der bijjardo, poi
Quello der ballo, poi ’na gallaria
11Pe’ spasseggio, pe’ ggioco e cquer che vvòi.

     Là ccanteno e cqua ddorme la padrona:
E accusì, amico, senza dì bbuscia
14Pòi dì cche llà sse canta e cqua sse sona.

28 marzo 1846.

  1. [E il bambino. Dal lat. pupus.]
  2. Si.
  3. Ce le hanno: semplicemente “le hanno.„

Note

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