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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1835
L'ARICREAZZIONE
Detta ch’er Papa ha Mmessa la matina,
E empite le santissime bbudelle,
Essce in giardino in buttasù1 e ppianelle,
A ppijjà ’na bboccata d’aria fina.
Lì llegato co’ ccerte catenelle
Sce tiè2 un brutto uscellaccio de rapina,
E, ddrento a una ramata,3 una ventina
O ddu’ duzzine ar più de tortorelle.
Che ffa er zant’omo! ficca drento un braccio,
Pijja ’na tortorella e la conzeggna
Ridenno tra le granfie4 a l’uscellaccio.
Tutto lo spasso de Nostro Siggnore
È de vedé cquela bbestiaccia indeggna
Squarciajje er petto e rrosicajje er core.5
2 giugno 1835
- ↑ Veste-da-camera.
- ↑ Ci tiene.
- ↑ [Ramata, propriamente, corrisponde al fiorentino “graticola;„ non però a “gratella„ da cucina, che i Romaneschi chiamano appunto graticola. Ma qui, per estensione, ramata vale “uccelliera.„]
- ↑ Artigli.
- ↑ [Cominciando dal titolo, mi pare il più terribile de' tanti sonetti contro Papa Gregorio. E, come negli altri, così anche in questo il fondo deve essere storico.]
Note
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