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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1833
L'ASINA DE BBALAÀMME
A ttempo de l’ebbrei c’oggni storiaro
Sapeva ppiù er futuro ch’er passato,
Balaàmme, all’usanza d’un frustato
Cavarcava a ccavallo d’un zomaro.
Er ciuccio1 pe’ un zocchè2 ss’era affermato;3
E ’r profeta menava.4 “Eh ffrater caro,
Perchè mme fate lo scontent’amaro?.„
Je disse er poverello martrattato.
“Avessiv’occhi5 com’avete mano,6
Potressivo7 vedé cchi cc’è cqui avanti,
E snerbamme8 le chiappe un po’ ppiù ppiano.„
Forze9 ve farà spesce10 Iddio sa a cquanti
Che li somari parlino itajjano:
Cazzo! in latineria sce ne sò ttanti!
Roma, 28 aprile 1833
- ↑ Ciuco.
- ↑ Per non socchè.
- ↑ Fermato.
- ↑ Assolutamente, “percuoteva.„
- ↑ Se aveste occhi.
- ↑ Mani.
- ↑ Potreste.
- ↑ Snerbarmi.
- ↑ Forse.
- ↑ Specie.
Note
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