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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1832
L'ASTRAZZIONE DE ROMA
Che cce vorressi fà? ciavevo tanta
Speranza a l’astrazzion de stammatina,
E vvarda si cche ssorte de scinquina!
Tre, ssette, ventiquattro, otto, quaranta.
Buggiarà er cannarone1 che li canta2
E cchi lli mette ggiù ne la terina:3
Ch’io me vorìa ggiucà n’anguillottina4
Si llì ddrento ce sò ttutt’e nnovanta.
E pperchè cc’è a l’Impresa er castelletto?5
Pe’ cconcertasse prima tra de loro
Cuello c’ha da tirà ddoppo er pivetto.6
Ecco si cche vvò ddì cquer conciastoro,7
Quer passamano8 addietr’ar parapetto:9
Nun ze sapessi mai tutt’er lavoro!
16 gennaio 1832
- ↑ Gridatore, persona di voce alta.
- ↑ Cantare i numeri è in Roma l’“annunziarli„.
- ↑ Bussolo d’argento in forma di urna, consimile presso a poco ad una zuppiera, detta in Roma terrina, e dal comune terina.
- ↑ Uno degli storpiamenti di guillotine (ghigliottina): quajjottina, anguillottina, ecc.
- ↑ Congregazione de’ notabili della Impresa de’ Lotti, i quali, raccolti insieme, mercé alcuni loro metodi riconoscono e mettono fuori di giuoco pel di più quei numeri che abbiano ecceduto nelle poste il carico delle vincite a cadaun numero assegnato.
- ↑ Fanciullo. È un alunno dell’ospizio degli orfani.
- ↑ Drappello composto dal prelato tesoriere e di altri camerali.
- ↑ I già detti, dal punto in che l’orfano estrae una palla e la dà per di dietro alle spalle, si vanno passando uno all’altro il cartellino numerato che dentro vi era: e ciò per verifica della susseguente pubblicazione.
- ↑ Della loggia di Monte-Citorio.
Note
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