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SCENA SETTIMA.
Zio Zua; Annesa; Gantine, dalla cucina.
Gantine
bellissimo giovanetto, allegro, somigliante a Paulu: — dalla soglia. |
Annesa, non dài da mangiare all’ospite?
Annesa
con mal garbo.
Faccio dormire il Vecchio... Non vedi?
Gantine
le si avvicina e tenta di abbracciarla. |
Sei di cattivo umore?
guarda verso il letto.
Dorme... quel vecchio scorpione?... Sai una cosa?: ho fame... e sete!... Dammi, almeno, acqua di... questa...
tenta di baciarla sulla bocca; ma essa gli sfugge. |
Quando avrai compassione di me?
Annesa.
E tu quando mi lascerai in pace?
Gantine
rincorrendola.
Non hai un briciolo di cuore!... Ma verrà il giorno in cui ti accorgerai che, senza di me, non potrai vivere!... Sarò io che ti difenderò, se qualcuno vorrà farti del male: io che ti salverò, se cadrai nel fiume o nel fuoco... Lo ha detto anche Donna Rachele.
Annesa.
Che cosa?... Che cadrò nel fuoco?
Gantine.
No: che mi sposerai.
Annesa.
Mi par difficile...
sfuggendo di bel nuovo a un abbraccio. |
Finiscila!... Sveglierai Zio Zua!
va alla porta di cucina, e chiama l’ospite povero. |
Vieni qua, straniero; vieni a mangiare un boccone.
a Gantine.
Donna Rachele vuole che tu gli tenga compagnia.
Gantine.
Volontieri!... Facciamo da padroni una volta tanto!... Mezzo padroni, del resto, lo siamo già!... Non è vero, Annesa?
siede a tavola gesticolando e dandosi il fare da padrone. — Guarda se è rimasto vino nelle bottiglie: poi, vedendo entrare l’Ospite, lo saluta con degnazione. |