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A Ghita A Ccrementina
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti dal 1828 al 1847

L'INCISCIATURE1

     Che sscenufreggi,2 ssciupi, strusci e ssciatti!
Che ssonajjera3 d’inzeppate a ssecco!
Iggni bbotta peccrisse annava ar lecco:
Soffiamio4 tutt’e dua come ddu’ gatti.

     L’occhi invetriti peggio de li matti:
Sempre pelo co’ ppelo, e bbecc’a bbecco.
Viè e nun vienì, fà e ppijja, ecco e nnun ecco;
E ddajje, e spiggne, e incarca, e strigni e sbatti.

     UN po’ più che ddurava stamio grassi;5
Ché ddoppo avé ffinito er giucarello
Restassimo intontiti6 com’e ssassi.

     È uN gran gusto er fregà! ma ppe’ ggodello
Più a cciccio,7 ce voria che ddiventassi
Giartruda tutta sorca, io tutt’uscello.


Morrovalle, 17 settembre 1831 - De Peppe er tosto

  1. Le fottiture.
  2. Quasi dicesse flagelli.
  3. Quasi batteria.
  4. Soffiavamo.
  5. Equivalente di «stavamo freschi».
  6. Restammo istupiditi, immobili.
  7. Più a dovere.

Note

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