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L'infedele - II L'infedele - IV

III.

Chèrie non è un nome, naturalmente, è un soprannome. Nessuno sa troppo bene come Chèrie si sia chiamata, al fonte battesimale e quale cognome ella porti, sui registri dello stato civile. Forse, a furia di udirsi chiamare Chérie, ella stessa ha dimenticato il suo vero nome. Fu il primo uomo che l’ha amata, quello che la chiamò Chérie, o sua madre, o un indifferente, o ella stessa si applicò questo vezzeggiativo francese? Chi lo sa! Nessuno, forse ha pensato mai a domandarglielo: forse, perchè accanto a lei si pensa a tutt’altro che a fare delle indagini sul suo nome: forse, perchè queste due sillabe sono così ben dette, per indicarla! Ella, del resto, è muta su questo: se un raro imprudente le chiede l’origine del dolce appellativo, ella china i suoi begli occhi verde acqua, e non risponde. D’altronde, dapertutto, per dire di lei, non la si nomina che come Chérie: il suo nome è ripetuto spesso, nei colloqui dei giovanotti alla moda, massime fra quelli più intelligenti e più veri amatori delle donne: anche le signore, talvolta, parlano di lei, ma quando sono sole e di sfuggita. Ella non firma che Chérie i suoi biglietti mancanti di ortografia, ma non mancanti di grazia. Questo soprannome, infine, ha un carattere soave e familiare che se contrasta con la vita di Chérie, risponde abbastanza al tipo muliebre che ella rappresenta.

Chérie non è più tanto giovane, ha circa trent’anni. Ma come a venti anni, ella ha sempre la medesima foresta arruffata di capelli biondi, dove, qua e là, una scintilla di oro si accende; nei suoi begli occhi glauchi frangiati di biondo, è sempre un perenne riso di giovinezza, e la bocca tagliata classicamente, simile a quella di una olimpiaca Diana, ha una freschezza umida incantevole. Non invecchierà tanto presto, Chérie, poichè il segreto della gioventù è nel genere della sua beltà, un po’ confuso, un po’ originale, in certi lineamenti squisito, in alcuni altri molto scorretto. Ella è troppo alta: ma la sua persona è snella, ha proprio quella flessuosità che sì facilmente si attribuisce alle donne di persona svelta, ma che è raramente reale. La carnagione è un po’ rossastra, di una tinta sgradita che, in alcuni giorni, diventa color mattone; ma i suoi occhi sono immensi, o sembrano immensi, giacchè la pupilla azzurro verdina ha intorno una comea non bianca, dai riflessi azzurri, ma la lieve ombra che è sotto le palpebre, ha anche qualche cosa di azzurro: ed è miope, Chérie, con questi grandi occhi nuotanti nelle tinte glauche, il che le dà un’aria sognante. D’altronde, saviamente, ella non adopera mai l’occhialino, lasciando ai suoi occhi vedere solo quello che vogliono e non togliendo loro nessuna di quelle contemplazioni vaghe ed errabonde. Ella ha il collo un po’ troppo lungo, le spalle larghe, la cintura strettissima, il passo lieve e due o tre movimenti leggiadrissimi del capo.

Ma la cosa più seducente, in Chérie, la cosa che vi attrae, che vi prende, che vi tiene, che vi soggioca, è la voce. Qual voce! Bassa e velata, quasi sempre, questa voce dicendo parole più insignificanti, par sempre emozionata: talvolta vivida e sonante, in un’armonia di canto, pare che dia forza e lietezza a chi l’ascolta. La voce di Chérie è insinuante, è toccante, è candida, è amorosa: ella è già scomparsa e quella voce vibra ancora nel vostro cuore, con musicalità sentimentali, e certe frasi dette da quella voce, sembra che contengano delle melodie sconosciute. Ella sa bene questo, Chérie! E conoscendovi, dandovi un lungo sguardo dei suoi immensi occhi color dell’acqua marina, dicendovi: buona sera, ella sa di suscitare non so quale piccolo poema nelle anime più inaridite. Molti l’hanno voluta conoscere, solo per udirla a parlare, e, dopo, non hanno saputo staccarsene che a forza. Ella non ha mai cantato, però. Una strana avventura, è accaduta, a Chérie, in un veglione. Una signora della grande società, il cui marito era folle di Chérie, si è mascherata per trovare la sua rivale, per parlarle, per ingiuriarla, forse, per fare uno scandalo, certamente. La dama è entrata nel palco di Chérie e sono rimaste insieme mezz’ora, parlando a bassa voce, sul davanti del palco, guardandosi a traverso i buchi delle mascherine: lo scandalo non vi è stato, giacchè, a un certo momento, la dama si è levata, ha salutato quietamente ed è uscita. Dopo, interrogata, ha detto: mio marito ha ragione. Del resto, la dama è un po’ strana e Chérie, pare, le abbia risposto con molta dolcezza e con molta umiltà.

Chérie è, relativamente, onesta. Non ha mai due amanti, nello stesso tempo; non ha mai preso, solo per il denaro, un amante brutto, vecchio o ladro; odia i banchieri e gli ebrei; e se le è capitato che il suo amante fosse egualmente ricco, giovane e bello, ella gli ha dato uno o due anni di amore, gli è stata fedele, gli ha fatto spendere una quantità di denaro, lo ha lasciato solo quando costui ha voluto esser lasciato e ha tenuto sempre due o tre mesi di lutto. Le si conoscono anche degli amori di cuore. Essa è ricca, infine. Vi è chi è restato legato, a lei, come si resta difficilmente legati a una Chérie: e chi ha voluto assicurarle una fortuna. Essa dà da vivere a una quantità di parenti poveri, marita le sue cameriere, partecipa segretamente a tutte le questue e a tutte le sottoscrizioni, ha delle devozioni speciali per certi santi e una paura orribile della morte.

La sua casa, d’altra parte, è elegantissima: ella ama le grandi serre, i grandi saloni, i mobili larghi e scolpiti — che dureranno più di noi, ella dice, con una lieve malinconia — i quadri antichi. I salottini, i mobilucci, i gingilletti, le statuine le sono antipatici. È troppo alta, per poterli amare, porta sempre dei vestiti o neri, o bianchi: bianco sul nero, talvolta, e nero sul bianco: ha delle scarpette nere senza tacco, con grandi fibbie di argento, di strass: porta dei mantelli ampii, foderati di magnifiche e nobili pelliccie e dei fili di perle, in tutte le grandezze e in tutte le ore, al collo. Sta più volentieri in piedi che seduta, più seduta che sdraiata: e ama di cavalcare, di remare, di ballare. È sana: o pare sana. Sta più volentieri sul mare che sulla montagna. Nel suo mondo la ritengono come una donna sentimentale, troppo, e troppo pretensiosa, quindi. Le piace di cenare, ma odia i discorsi liberi; beve e mangia benissimo, ma ha un inconsiderato amore per i fiori; non è mai triste, ma è capace di guardare la luna con occhi pensosi, Chi, fra le sue amiche, la chiama una posatrice, chi una seccatrice: qualcuna confessa che ella è buona.

Sì, Chérie è sentimentale, buona e anche un poco sciocca, Ha una sentimentalità tutta superficiale e una fantasia molto limitata. Le cose che dice sono, spesso, molto ingenue o molto sceme, ma le dice con grazia e sovra tutto con una voce! Sa qualche verso, ma per lo più, ne sbaglia l’autore: legge, ogni tanto, qualche libro, ma Ohnet è il suo autore preferito. Le piacciono gli eroi poveri e nobili, le eroine che muoiono, anzi che peccare: ma tutto ciò è simile a quello che può sentire una modistina o una onesta fanciulla un po’ esaltata. Salvo che nella sua società di donne volgari e mal educate, di creature corrotte e avide, ella sembra un fiore di poesia, talvolta, mentre, poveretta, ha un piccolo cervello e una piccola anima. Per lei si va in rovina, egualmente, ma senza essere urtati in certi bisogni di finezza e di delicatezza; e quanti hanno finito per esserle grati di ciò, malgrado la loro rovina! Qualcuno, si è illuso su lei: ha creduto di trovare in Chérie della passione, della intensità, della profondità: ha supposto che grandi misteri fossero nascosti in quella anima: ha voluto attribuirle un desiderio d’ideale, combattuto dalla sua viltà: ha creduto che ella tenesse a redimersi. Costui ha avuto delle delusioni gravi. Chérie non è nulla di tutto questo: non pensa a nessuna di queste cose: quando gliele dicono, non le capisce: quando gliele ripetono, si sforza per comprendere, ma finisce per seccarsi ed esce in un discorso qualunque. Non bisogna dunque lasciarsi ingannare dalle inflessioni malinconiche della sua voce, quando tramonta il sole: dalle lacrime che velano i suoi grandi occhi, quando vede uno spettacolo pietoso: da certe furtive strette di mano, quando ode un bel discorso eloquente: da certi segni di croce che ella fa, quando lampeggia e tuona. Bisogna pensare sovra ogni altra cosa che ella è una donna fatta per l’amore, che ella è buonina, ma che è anche un poco stupida. Per aggiungere un ultimo tratto, Chérie è quasi sempre allegra: il che è consolante, per chi la conosce e per chi le vuol bene. Ella crede che l’allegria conservi la salute e la beltà; e a trenta anni, per questo, pare molto più giovane.

Questa Chérie, nella istoria di amore che qui racconto, è la complice necessaria del tradimento fatto da Paolo Herz a Luisa Cima.

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