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1. Carcere. — 2. Organismi giuridici. — 3. Conclusione.
Ma purtroppo, almeno da noi, i mezzi preventivi sono sogni di idealista; questo mondo avvocatesco che ancora ci regge e che dalla difesa e dalla punizione del reo trae i suoi più affari e onorari, ha altro a pensare che a sostituire e prevenire le pene. Quindi per quanto esse siano inutili, anzi dannose, è su queste che dobbiamo fermarci, sopratutto sul carcere — che innanzi al volgo giuridico è la sola difesa che si sappia apprestare contro il delitto.
1. Carceri cellulari. — Una volta che si debba infliggere il carcere dobbiamo evitare quanto è possibile ogni contatto reciproco del reo; di qui il vantaggio del sistema cellulare che se non emenda, almeno non acuisce la delinquenza e impedisce in parte almeno, le associazioni, e non obbliga il reo ad aggiungere ai suoi vizi quelli dei compagni.
Loro riforma. Psicologia applicata alle discipline carcerarie. — Quando si voglia far del carcere un luogo di cura non possiamo contentarci dell’isolamento assoluto, almeno pel giorno, e dobbiamo lasciare anche da parte l’istruzione alfabetica, che riesce quasi sempre dannosa, perché facilita ai rei i mezzi di comunicazione e fornisce nuove armi al delitto, e le prediche e le lezioni di astratta morale che sono affatto inutili.
Bisogna invece interessare i detenuti al bene, o con vantaggi materiali come la diminuzione graduale della pena, od utilizzando anche la loro vanità, coll’istituire punti di premio e di biasimo inscritti in un album affisso in pubblico, o col passaggio, a seconda dei meriti, in categorie privilegiate. Perciò bisogna abolire il diritto di grazia che dà lusinga di ottenere l’abbreviazione della pena, non per i meriti proprii, ma pei favori degli altri.
E bisogna alzare i rei ai loro proprii occhi, far loro comprendere che possono riacquistare la stima del mondo; inspirare loro il bisogno di diventare onesti, nel mezzo di quelle stesse passioni, che se fossero lasciati a loro stessi, li farebbero diventar peggiori. — Ferrus racconta come un ladro diventasse un galantuomo, vedendosi affidata a bella posta la guardaroba dalla suora delle carceri. — Un condannato di eccessiva violenza, incaricato della sorveglianza di un gruppo di condannati, divenne il più docile di tutti.
Il lavoro deve essere la molla, il passatempo e lo scopo di ogni stabilimento carcerario, per suscitare l’assopita energia, per abituare ad una occupazione fruttuosa dopo la liberazione, come strumento di disciplina carceraria, e anche per risarcire lo Stato delle spese incontrate per loro; si evitino però i lavori di ottonaio, calcografo, calligrafo, ferraio, che preparerebbero la via ad altri delitti: si preferiscano lavori agricoli, i quali permettono facile collocamento, lavori di cartonaggio, di paglia che non richiedono strumenti atti a ferire.
Modificazioni della legislazione carceraria. — Sistema graduatorio. — Ma più che nella struttura interna del carcere occorre una modificazione della legge che lo concerne. Ne è primo esempio il sistema graduatorio irlandese, il quale consiste nel sottoporre il detenuto che serbò buona condotta, e sia quindi suscettibile di emenda, successivamente a forme gradatamente più miti di pena — dall’isolamento assoluto ed ozioso, al lavoro associato e poi al lavoro all’aperto, con un miglioramento anche del vitto, ecc., in modo da materializzare e rendere cara anche a quelle menti grossolane la virtù.
Individualizzazione della pena. — Inoltre insieme alla gradazione bisognerebbe individualizzare la pena, cioè applicare metodi di repressione e di occupazione diversi per i diversi individui come si usa già in Sassonia (Zwicken).
Anche la liberazione condizionale, per verità già introdotta nella nostra legislazione (art. 16, 17 Cod. pen.), ma applicata non si sa perché in misura irrisoria (132 volte in tutto il 1897!), stimolerebbe l’emenda nei carcerati; sebbene gli splendidi risultati di diminuzione del delitto ottenuti in Inghilterra fossero in gran parte effetto della emigrazione volontaria dei liberati che in patria non trovano lavoro.
Molto più efficace è la condanna condizionale, cioè il sospendere l’esecuzione di una prima condanna sino a che il condannato rimasto libero non recidivi: in Francia essa è già applicata con la celebre legge Béranger.
Una ben limitata azione esercitano i patronati per i liberati dal carcere, più spesso incentivo all’ozio che aiuto alla riabilitazione.
Deportazione. — Accanto alle carceri si è sperato da molti sull’utilità della deportazione, la quale liberando un paese da elementi torbidi favorirebbe in lontane colonizzazioni l’emenda dei criminali. Ma tali speranze sono svanite dopoché si è visto nella Nuova-Galles e in Caledonia in quali infamie, in quale disordine morale e materiale cadano questi aggruppamenti di criminali, dai quali niuno è mai uscito migliorato. Inoltre il paese nel quale la deportazione ha luogo resta
straziato e imbarbarito da codesti incomodi ospiti, tanto che la proporzione della criminalità, che in Inghilterra si calcolava di un delinquente su 850 abitanti, saliva nella Nuova-Galles ad i su 104, ed in Van-Diemen ad i su 84; e i delitti commessi con violenza, che in Inghilterra stavano agli altri delitti come i ad 8, toccavano nella Nuova-Galles la proporzione di 50 per 100; perché i condannati non lavorano, e quindi per vivere devono ricorrere ai delitti, che vi raddoppiano il numero. Il paese poi da cui sono stati strappati non resta.
notevolmente beneficato, perché la loro sorte eccita più che spavento, invidia. Nel 1852 infatti furono 3000 in Francia i forzati che chiesero di essere deportati, e per ottenerlo commisero dei nuovi delitti.
Inoltre le spese per tale istituzione sono fortissime Nella Guiana ogni reo costa 1100 franchi l’anno, 3 volte più che non un condannato cellulare Nella Caledonia gli evasi erano solo per 10, i morti il 6 per 1000, ma enorme vi riesce il dispendio del trasporto, 900 lire a testa!
Domicilio coatto. — Altrettanto dicasi del domicilio coatto, che costa veramente meno, ma che lascia pure i condannati in un ozio pericoloso, che è occasione a tutti i vizi intensificati dall’aggruppamento; che non dà alcun mezzo di aiuto materiale e che perciò li ritorna così, dopo il breve tempo della condanna, peggiorati alla società.
Ammonizione e vigilanza speciale. — Si collegano con queste istituzioni carcerarie l’ammonizione e la vigilanza speciale della pubblica sicurezza (art. 28 e 32 Cod. pen.), che mentre spogliano d’ogni garanzia le persone colpite paralizzando ogni iniziativa, ogni tentativo di lavoro e di emenda, non sono sufficienti a rendere inoffensivi i cattivi.
2. Organismi giuridici — Né molto meglio valgono gli organismi giuridici incaricati di applicare queste pene.
Giurati. — La giuria, per esempio, s’è mostrata affatto inadatta alla sua funzione, se non per i reati politici, come dimostrano le sproporzioni enormi tra le assoluzioni ch’essa pronuncia per gli stessi reati delle varie regioni: il 50% a Cagliari, il 13% a Milano. Appunto perché i giurati subiscono facilmente l’influenza dell’opinione pubblica è pericoloso di lasciare all’istinto, al sentimento decisioni in cui occorre anzi spogliarsene per far trionfare la giustizia.
Procedura. — Inoltre la nostra procedura, anche nella magistratura ordinaria, in mezzo a tanti formalismi e lungaggini e appelli e rinvii senza dare il più spesso garanzie di indipendenza e di giustizia, rende la pena non pronta, né certa, né seria, e quindi inefficace, anche quando non intervenga a scombinare l’opera dei giudici l’abusato e nefasto diritto di grazia.
3. Il diritto di grazia profuso da noi in modo da superare 100 o più volte quanto si fa in Francia e negli altri paesi, è un nor senso pericolosissimo. In Italia su 20.000 domande di grazia 3.000 sono esaudite. Come ciò può conciliarsi col fatto che ogni giorno più ci dimostra la scarsezza dei ravvedimenti? Come si ardisce affermare che la giustizia è uguale per tutti, quando la si affastella di norme giuridiche e poi tutto ciò si mette in non cale, mediante la firma spesso involontaria di un uomo il quale è pure un uomo e che spesso non sa proprio nulla di quello che firma, e che tutto dipende da un ministro il quale deve porsi al rimorchio di uomini politici, di direttori delle carceri i quali si lasciano spesso trarre in abbaglio o dalla simpatia o da interessi personali? Beccaria scrisse che il far credere agli uomini che si possono perdonare i delitti o che la pena non ne è la necessaria conseguenza, è un far credere che potendosi perdonare, le condanne non perdonate siano piuttosto violenza della forma che emanazioni della giustizia. Sia dunque dolce, indulgente, umano il legislatore, ma siano inesorabili le leggi, inesorabili gli esecutori.