< L'uomo delinquente < Parte ottava
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Capitolo IV. Conclusione.
Parte ottava - III Parte nona - I

1. Epilettoidi

1. Epilettoidi. — Mi giova, chiudendo questa. parte, far notare come nel criminale latente, così come nell’occasionale e nel vero criminaloide, nel reo d’impeto e suicida, nell’isterico, nell’alcoolista, in non pochi monomani e mattoidi non che nella follia transitoria e periodica, ho potuto dimostrare, per quanto più remoto che nel pazzo morale e nel vero delinquente nato, il substrato epilettoide sul quale è evidente ormai basarsi e svolgersi insieme all’atavismo; quasi tutto il triste mondo criminale. La conoscenza che anche il genio ha un fondo analogo epilettoide, di cui prove numerose offrimmo nell’Uomo di genio, mentre serve a farci comprendere subito come possano esservi dei genii criminali, ci spiega anche come nel reo nato l’imbecillità morale possa esser accompagnata da intelligenza lucidissima e più ancora nel criminaloide. E la conoscenza che nell’epilettico, sulla malattia, sull’accesso morboso, prevale, più ancora che non vi si innesti, l’anomalia regressiva congenita, ci aiuta a comprendere la fusione della malattia e dell’atavismo nel delinquente nato, e le successive sue gradazioni, nel reo d’impeto e occasionale fino quasi a toccare le regione dell’uomo normale. Qui mi è caro finire con alcune linee geniali di un alienista pieno di originalità e di robusto criterio scientifico, che riassume quanto io intendo dire sull’epilessia. « Ad ogni passo », scrive il Venturi (L’epilessia vasomotoria, Arch., anno XV, fasc. I), «della osservazione clinica e dello studio della vita spirituale si urta nel sospetto che l’epilessia sia una molla che mette in giuoco molte altre anche al di là di quello che si suol dire vita morbosa. Alcune delle sue manifestazioni ci danno l’idea che essa rappresenti quasi altrettanti moti esagerati delle funzioni normali della vita nervosa, così che alcuni soggetti epilettici sembrano non essere che individui a forti tinte, esagerati, impulsivi, senza che in codesta loro straordinaria maniera di espressione si possa dichiarare il fatto morboso. Così l’epilessia, spogliata dalle sue più mostruose espressioni, appare un tutto sintomatico, che starebbe all’uomo normale come un gigante a un nano, come un uomo selvaggio a un timido collegiale, egualmente formati di carne ed ossa, e dotati di attitudini istintive e emotive simili; ma in proporzioni differenti.» «Al movimento, alla sensazione, alla emozione, al sentimento, al rossore, alle lagrime, al giudizio della persona sana, corrisponde la convulsione, la allucinazione, lo spavento, il furore, la congestione, la spuma alla bocca, il delirio della persona epilettica.» « Tra l’una e l’altra così non sarebbevi differenza di natura, ma di grado, di intensità nelle espressioni della vita nervosa.» «L’esagerazione di taluna delle espressioni sopraccennate che può occorrere nelle persone sane per effetto d’insolita energia di stimolo e per debolezza occasionale dei poteri di resistenza può arrivare alla pressoché perfetta somiglianza di grado con quelle corrispondenti di natura epilettica. L’ira, il furore, la congestione, l’allucinazione, l’impulso incoercibile, possono avvenire in soggetti così detti sani sotto la determinante di cause morali (eccitamenti corticali) straordinarie ». «Mi ricordo di un cacciatore che non aveva fama di epilettico, il quale saputo che gli era stato ucciso un cane entrò in furore, corse in cerca dell’uccisore, per più ore di seguito, pallido, furioso, incapace a dar ascolto ai consigli di prudenza e trovatolo lo aggredì e ferocemente lo uccise, dopodiché fuggì sbalordito e non trovò calma che parecchie ore dopo il misfatto. A chi gli chiese conto di quanto aveva fatto, riconobbe d aver esagerato nella reazione, ma parimenti assicurò che non sapeva quello che si facesse, e a stento ricordò poi i particolari dell’avvenimento. Posto per base che questo cacciatore non fosse epilettico, come si assicurava, che differenza nel modo e nelle circostanze del delitto fra lui e il famoso Misdea? Questi avrà agito per epilessia e le passioni non si sono però manifestate per le azioni degli stessi centri nervosi? non hanno avuto le stesse espressioni sintomatiche? In quel momento certamente il cacciatore fu un epilettico (anche se prima non lo fu mai) a cui la passione aveva servito di causa eccitatrice e il Misdea un passionato a cui l’epilessia abituale avrà prestato facile giuoco alla espressione esagerata del sentimento». Giudizio questo che si completa con quanto fa osservare il Mausdley (Journal of Mentai science, 1888), «che vi è uno stadio intermedio tra il delitto quasi incoscientemente commesso dall’epilettico e il delitto pensatamente commesso dal violento ed astuto malfattore, stato intermedio nel quale un cieco, cupo, irrequieto sentimento di penosa tensione spinge l’uomo debole di mente che ne è soggetto a liberarsene con una violenza irragionevole, della cui spinta non riesce ad addurre il motivo; o se costretto ne dà uno monco e forse anche falso ».

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