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AVVISO
DEL
TRADUTTORE.
Obligata una nave Russa, che veleggiava per l’Egéo ad entrare nell’isola di S. Maura, dove era l’antica Leucade, e trovandosi in essa imbarcato il signore Ossur celebre letterato di Pietroburgo, volle osservare se esistesse ancora in quel sito avanzo alcuno del famoso tempio di Apollo Leucadio. Vi scoprì in effetto pochi resti di esso: E da una rotta
iscrizione potè confusamente arguíre d’essere ivi stata sepolta la infelice Saffo.
La curiosità lo spinse ad intraprendere alcuni scavi in quelle vicinanze, e finalmente gli riuscì di ritrovare una cassa di pietra, ed in essa acchiusi alcuni papiri, che diligentemente da lui spiegati, gli offersero l’opera, di cui ho intrapresa la traduzione. Nelle seguenti istoriche notizie, da me compilate per facilitarmi l’intelligenza del testo, farò vedere, quanto sia utile la presente scoperta per la dilucidazione di varj punti, riguardanti la storia di quei tempi. Il giudicare del merito di un opera spetta a chi la legge, non a chi la traduce; poichè il traduttore non può dispensarsi dal contrarre in qualche modo della parzialità per il testo. Il pubblico adunque sia il giudice di questo poemetto, e a me sia lecito soltanto notarne qualche difetto, non per far torto al merito della Greca poetessa, ma per viepiù provare essere, quest’opera, vero e genuino suo parto. Si trova in effeto in quest’inni usata troppo spesso la figura, o sia repetizione; cosa, che già Demetrio Falereo notò in Saffo, come ancora una certa uniformità di espressioni e d’immagini in ogni principio di essi.
Per riguardo a me non incontro alcun dubbio a creder detta opera veramente genuina della nostra poetessa, anche perchè ho troppe prove della onestà del signore Ossur, ma altri ancora potrà persuadersene facilmente, considerando le relazioni di varj passaggi di questa con alcuni frammenti di Saffo, conservatici da parecchj autori, come si noterà alla fine di ciaschedun inno. Questa unita ad altre prove, che anderemo osservando in appresso, mi fa congetturare, che gli antichi avessero notizia di tal’opera, o almeno di qualche parte di essa.
Nell’originale Greco vi sono delle vivezze poetiche, le quali per non essere adattabili alla nostra morale, ho creduto bene di ommettere, come anche per lo stesso motivo ne ho moderato delle altre. Non nego, che queste doverose restrizioni, unite a i limiti di una traduzione rigorosa hanno di molto snervato la bellezza del testo; ma in luogo di dolermene, mi glorio più tosto di aver sagrificato alcune grazie della Greca poesia alla illibata morale della religione, in cui vivo.
Mirabile è in vero la concatenazione delle umane vicende! Chi avrebbe mai detto, che ad una principessa del Nord, legislatrice e guerriera, protettrice delle scienze e de’ sapienti, fosse riserbata la gloria dopo ventiquattro secoli di scoprire le opere d’una Greca poetessa?