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IX - L'assalto al treno
VIII X

CAPITOLO IX


L’assalto al treno


A mezzanotte non solo tutto il personale della piccola stazione era al sicuro, ma anche un tratto di sessanta metri di binario era stato divelto per impedire al treno di proseguire.

Con due sole cartucce di dinamite avevano fatte saltare le rotaie, senza perdere tempo a svitarle, poi le avevano levate senza colmare le due enormi buche, aperte dal terribile esplosivo, entro le quali doveva precipitare la macchina.

Poichè avevano ancora sei ore di tempo, i negri ed i vaqueros, scovato nel magazzino un caratello di aguardiente, lo trasportarono nell’ufficio telegrafico, mettendosi a bere ed a giuocare, malgrado le proteste del povero impiegato che era stato solidamente legato ad un seggiolone a dondolo.

Tuttavia Josè Mirim, non sembrava affatto tranquillo e si dimenticava sovente di vuotare il bicchiere che il Re dei Granchi gli riempiva. Quel galoppo, udito nel momento in cui intimava la resa all’impiegato, lo preoccupava.

Eira convinto di non essersi ingannato. Eppure nessuno degli uomini che occupavano la stazione era fuggito, di questo era certo, perchè li conosceva tutti.

— Mi sembrate pensieroso, señor Josè, — diceva sovente il Re dei Granchi che giuocava una partita al monte con Sam e con Zim. — Si direbbe che non siate soddisfatto dell’esito della nostra spedizione. Vuotate un altro bicchiere: vi metterà di buon umore.

— Inpfatti non sono troppo contento, — rispondeva il messicano.

— Eppure non abbiamo sparato nemmeno un colpo di carabina.

— Penso sempre a quel galoppo.

— Dovete esservi ingannato.

— Vorrei anch’io aver udito male.

— Chi volete che si trovasse qui? Le persone che io attendo, no di certo. Dormono profondamente in qualche albergo di Mojave, in attesa del treno.

— E’ l’assenza della moglie dell’impiegato che mi inquieta.

— Se vi ha detto che si è recata a Kramer!

— Sì, credeteci.

— E vorreste voi che ci fosse sfuggita, di notte, sola, fra queste praterie dove non è raro incontrare dei lupi?

— E’ una donna energica la señora Preston, — disse il vaquero — ed un’altra volta ha salvato un treno, che stava per fracassarsi contro una roccia staccatasi da una collina.

— Aveva un cavallo quest’impiegato?

— Sì.

— E non l’avete veduto?

— La scuderia è stata trovata vuota.

— Si sarà recata a Kramer col cavallo.

Tutti lo hanno affermato, anche i facchini della stazione.

— Allora beviamo e non occupiamoci d’altro. Sono le due, signor Josè, entrate nella partita e vuotiamo ancora. Il barilotto è abbastanza grosso per durare fino all’alba.

Si rimisero a giuocare ed a bere, aspettando pazientemente l’arrivo del treno, mentre due di loro vegliavano all’esterno.

Erano le cinque del mattino, quando udirono in lontananza un fischio che annunciava l’avvicinarsi del treno partito tre quarti d’ora prima da Mojave.

— Lesti, ragazzi! — gridò Mirim, dando un calcio al barilotto. — Coloro che aspettiamo stanno per giungere.

Simone era stato il primo a slanciarsi fuori, senza preoccuparsi delle urla del povero impiegato, che scagliava dietro i banditi una sequela d’invettive.

Il negro era raggiante. Ormai non dubitava di poter avere ben presto fra le mani la graziosa Sovrana del Campo d’Oro, senza aver spesa nemmeno la cinquantesima parte delle sue ricchezze.

— Preparate le carabine, — comandò ai suoi uomini. — Forse ci sarà combattimento.

— E l’ingegnere lo risparmieremo? — chiese Sam.

— Venti dollari a chi lo fredda, — rispose Simone, con un crudele sorriso.

— Anche l’altro allora, — disse Zim.

— Mandate al diavolo anche quell’imbecille di scrivano, — disse il Re dei Granchi. — Così non ci daranno più nessun fastidio e potremo tornare al nostro villaggio indisturbati. Miss Annie di buona o di cattiva voglia cederà!

Señor, — disse Josè che lo aveva raggiunto. — Nascondetevi dietro quelle piante e lasciate che arresti io il treno, perchè non avvenga una catastrofe.

— Non si accorgerà che mancano le rotaie?

— E’ ancora troppo scuro e, quando il treno giungerà qui, non comincerà ancora ad albeggiare.

— Lo fermerete?

Il vaquero mostrò sotto il serapè una lampada a occhi di bue accesa, di quelle usate dai guardiani addetti agli scambi, e disse:

— Basterà che mostri il rosso invece del verde per segnalare un pericolo: non lo farò tuttavia che all’ultimo momento premendomi, innanzi tutto, d’immobilizzare là macchina. Orsù, señor, in mezzo alle piante. Il treno s’avanza.

Verso l’ovest due punti rossi, che ingrandivano rapidamente, erano comparsi fra le colline ed un altro fischio era echeggiato fra il silenzio della notte.

— Dovremo far fuoco? — chiese Simone.

— Solamente qualche colpo, quando la macchina si sarà rovesciata, — rispose il messicano. — Ciò basterà per far capire che i salteadores hanno tentato un fermo. Addio, señor. Faccio la mia parte di guardiano.

Il vaquero alzò la fascia in modo da coprirsi interamente il viso e si spinse là dove le rotaie erano state levate.

Il treno s’avanzava rapidissimo, perchè non doveva arrestarsi alla piccola stazione. Si udivano distintamente il rombo prodotto dalle ruote, lo sbuffare della macchina e di quando in quando dei canti stonati.

Probabilmente i minatori, che avevano passata la notte a Mojave a gozzovigliare e si recavano nei placers dell’Arizona, avevano preso posto negli ultimi carrozzoni e si divertivano a cantare ed a suonare prima di giungere sui campi di dolore e di fatica.

Josè Mirim, che conservava una calma spaventosa, si era spinto fin oltre la prima buca prodotta dall’esplosione delle cartucce e teneva alta la lampada mostrando l’occhio rosso. Ad una curva apparve improvvisamente il treno che s’avanzava con una velocità di ottanta chilometri all’ora. Mandò un grido tonante, mentre faceva ondeggiare vivamente la lampada.

— Alto!... La via è franata!,..

Si udirono delle grida, poi lo stridore dei freni rabbiosamente manovrati, poi un cupo rimbombo: una fiammata enorme uscì dal camino.

La macchina, quantunque avesse frenato lo slancio, era uscita dal binario e dopo aver percorso un centinaio di metri si era rovesciata entro la prima buca con un fragore assordante. I quattro carrozzoni che la seguivano, trasportati dal proprio slancio, si accavallarono sul tender con frastuono orrendo, poi ricaddero, mentre dall’interno si udivano urla di spavento e bestemmie.

Quasi nel medesimo tempo quattro o cinque colpi di carabina rintronarono, mentre una voce imperiosa, quella di Josè Mirim, urlava:

— Guai a chi oppone resistenza!... I miei uomini sono armati e fucileranno chi tenta di ribellarsi!...

Nove vaqueros ed i quattro negri guidati dal Re dei Granchi si erano fatti innanzi, portando in una mano una torcia, e nell’altra una carabina spianata.

Fra le grida dei viaggiatori terrorizzati si era udito un comando che partiva dal secondo carrozzone, il quale per un vero miracolo era rimasto intatto:

— Fuoco su quei briganti!...

Sette od otto colpi di rivoltella, sparati però a casaccio, avevano tenuto dietro a quell’ordine, facendo indietreggiare vivamente i negri ed i vaqueros, che non s’aspettavano di trovare alcuna resistenza da parte dei viaggiatori.

Il Re dei Granchi aveva mandato un urlo di furore.

— L’ingegnere Harris!...

— Una scarica là dentro!... — aveva gridato Sam, che non mancava d’audacia.

— Per ucciderla? No!... — aveva risposto Simone.

Josè Mirim, alla testa d’una mezza dozzina dei suoi uomini si era fatto innanzi, gridando:

— Fermi tutti e abbasso le armi. Non vogliamo depredare nessuno, nè faremo alcun male a chi ci lascerà tranquilli.

— Che cosa volete dunque? — chiese il capo conduttore uscendo sul terrazzino dell’ambulante postale, che era semi-rovesciato.

— Riprendere una fanciulla che è fuggita dalla casa paterna senza averne avuto il consenso. Noi sappiamo che si trova su questo treno e siamo incaricati di ricondurla a suo padre.

— Chi è? — chiesero una ventina di voci.

— Miss Annie Clayfert.

— Briccone!... Tu menti!... — gridò la fanciulla, affacciandosi improvvisamente ad uno sportello del secondo carrozzone. — Tu sei un miserabile pagato da qualcuno per rapirmi.

Uno scoppio d’ingiurie aveva tenuto dietro a quelle parole, pronunciate con voce energica dalla Sovrana del Campo d’Oro.

— Brigante!

— Mascalzone!

— Ladro delle grandi strade!

— Impicchiamolo!

— Miserabile!

— Prestateci man forte, signori, e facciamo pagare a costoro questo disastro ferroviario.

Erano l’ingegnere e lo scrivano che si erano slanciati sul terrazzino, tenendo nelle mani due rivoltelle ciascuno.

I viaggiatori, una trentina in tutto, avevano pure lasciati i carrozzoni e urlavano e gesticolavano furiosamente, poco disposti a secondare il desiderio espresso dal vaquero.

— Sei un bandito!

— Aiutiamo la fanciulla!

— Canaglie, per poco non ci avete massacrati tutti!

Anche il capo-treno ed i frenatori erano balzati a terra, armata di rivoltelle.

— Il primo che fa fuoco è un uomo morto — tuonò Josè, facendo avanzare rapidamente i suoi uomini.

— Espugniamo il carrozzone, — disse Simone, accostandosi al messicano. — Se gli uomini che accompagnano la fanciulla resistemo, vi dò il permesso di ucciderli.

— Tenete a bada i viaggiatori voi, — disse Josè, volgendosi verso i suoi uomini. — A me gli altri.

Simone ed i suoi quattro negri si slanciarono verso il carrozzone con le carabine spianate.

Harris e Blunt, con una mossa fulminea si ritrassero nell’interno, chiudendo frettolosamente la porta e fecero fuoco attraverso ai vetri, un vero fuoco di fila che rese prudenti gli assalitori, i quali, per tema di colpire anche la fanciulla, non osavano rispondere con le carabine. Una palla colpì uno dei negri in mezzo alla fronte, fulminandolo, mentre un’altra attraversava il sombrero di Josè.

Vedendo che i due viaggiatori avevano impegnata coraggiosamente la lotta, i guardia-freni ed il capo conduttore, barricatisi nell’ambulante postale, aprirono a loro volta il fuoco contro i banditi.

Stava per succedere un massacro, giacchè anche gli altri viaggiatori incominciavano a sparare attraverso gli sportelli, quando un fischio acuto si udì a breve distanza.

Il Re dei Granchi aveva mandato un vero ruggito:

— Un treno di soccorso! Siamo stati traditi!

Josè si era slanciato in mezzo alla linea, mordendosi le pugna.

Una macchina, seguita dal tender e da un solo carrozzone si era fermata in quel momento dinanzi alla stazione ferroviaria e numerosi uomini scendevano precipitosamente.

— I soldati! — gridò, tornando rapidamente indietro.

— Fuggite! Ci prendono alle spalle!

A quel grido, i vaqueros ed i negri che cominciavano a trovarsi a mal partito, volsero le spalle, fuggendo in direzione della gola, dove si trovavano i loro cavalli. Il negro che era rimasto nel treno, a guardia delle valige, aveva approfittato della confusione per darsela a gambe dietro ai fuggiaschi.

Vedendo quegli uomini correre verso le colline, i soldati giunti col treno di soccorso, li salutarono con una scarica, poi si misero ad inseguirli. Erano una ventina di guardie della frontiera, bei giovanotti, abituati alle scaramucce ed alle lunghe corse.

Harris e Blunt pei primi erano scesi sulla linea, subito seguiti da Annie che teneva ancora in mano una rivoltella fumante e non sembrava affatto commossa per l’audace attentato di quei bricconi.

Dalla stazione accorrevano alcune persone con torce e con lampade. Erano impiegati giunti col treno di soccorso insieme con un ispettore della polizia.

Fra di loro vi era anche una donna, alta, bionda, d’una trentina d’anni, che portava ad armacollo una piccola carabina.

— I banditi sono fuggiti! — esclamò l’ingegnere, che non si era ancora rimesso dalla sorpresa. — Pochi minuti di ritardo, e voi, miss, cadevate nelle loro mani.

— Chi supponete che fossero? — chiese Annie.

— Chi?... — gridò Blunt, che era ancora eccitatissimo. — Canaglie assoldate dal Re dei Granchi!...

— E forse c’era anche lui nella banda, — aggiunse Harris. — Ho veduto un uomo alto e grosso, che nelle forme gli rassomigliava.

— Anch’io l’ho notato, — disse lo scrivano. — Anzi ho fatto fuoco due volte su di lui nella speranza...

L’arrivo dell’ispettore e degl’impiegati gl’impedì di continuare.

— Signori, — disse l’ispettore, — vi sono dei feriti fra di voi?

— Solamente dei contusi, — risposero i viaggiatori, che erano scesi, raggruppandosi intorno ad Annie per guardarla meglio.

— Ed il macchinista?...

— Presente, signore, — rispose un uomo. — Sono saltato a terra insieme con il fuochista prima che la macchina si rovesciasse, e ce la siamo cavata abbastanza bene. Solo Bob zoppica un pò.

— E la macchina?

— Guastata completamente, signore.

— E le rotaie strappate per una lunghezza di cinquanta metri, — disse uno degli impiegati. — I briganti devono aver adoperata la dinamite.

— Vi è un morto qui! — gridò in quel momento una voce.

— Un viaggiatore? — chiesero gl’impiegati, accorrendo.

— No, uno di quei briganti.

— L’abbiamo ucciso noi con la prima scarica, — disse Harris, facendosi innanzi, — Vediamo se lo conosciamo.

— Perchè dite ciò, signore? — chiese l’ispettore.

— E’ vero, — gridarono parecchie voci. — E’ con voi che i briganti l’avevano.

— Portate qui quell’uomo, — ordinò l’ispettore.

Due facchini della stazione alzarono il cadavere che giaceva sulla scarpa della linea e lo trasportarono in mezzo ai viaggiatori.

Levata la sciarpa di lana che gli copriva il viso, e che era tutta intrisa di sangue, un grido di sorpresa sfuggì dalle labbra di tutti.

— Un negro!...

— Me l’ero immaginato, — disse Harris. — Quest’uomo deve essere un compagno del Re dei Granchi.

— Signori, — disse l’ispettore. — Ritiratevi nella stazione, in attesa del treno che non tarderà a giungere da Kramer.

Mentre i viaggiatori s’avviavano verso la tettoia, sotto cui si era fermata una macchina, l’ispettore s’appressò ad Harris, il quale stava prendendo le valige che Blunt gli porgeva.

— Signore, — disse — voi affermate di conoscere il capo di quei banditi?

— Sì, ormai non ho più alcun dubbio che quegli uomini fossero agli ordini d’un certo Simone, meglio conosciuto a S. Francisco col titolo di Re dei Granchi. Ha giurato di rapirmi la fidanzata.

— Sono miss Annie Clayfert, — disse la Sovrana del Campo d’Oro avanzandosi.

L’ispettore non potè trattenere un gesto di stupore.

— La figlia del ricco minatore! — esclamò. — I giornali si sono molto occupati di voi e conosco la vostra storia, miss. E’ il signore che vi ha vinta in quell’asta emozionante?

— Sì, — rispose Annie.

— Cercheremo di sbarazzarvi di quel negro. I soldati lo inseguono e non torneranno a mani vuote.

— Purchè quei banditi non posseggano dei cavalli, — disse Harris.

— Ah!... Non avevo pensato a questo! — esclamò l’ispettore. — Quei miserabili non andranno però molto lontano e, se non varcheranno la frontiera messicana, presto o tardi cadranno nelle nostre mani e noi li appiccheremo senza fare risparmio di corda. By god!... E’ stata una vera fortuna che noi siamo giunti in tempo.

— Dunque voi sapevate che quei banditi ci aspettavano qui? — disse Annie.

— Una donna coraggiosa ci aveva avvertiti, tre ore or sono, che la stazione era stata invasa dai briganti.

— Chi? — chiesero all’una voce Annie, Blunt ed Harris.

— La moglie dell’impiegato telegrafico. Mentre i banditi legavano suo marito, la brava donna, che si trovava in una stanza attigua, saltò dalla finestra, insellò silenziosamente un cavallo e galoppò fino a Kramer.

— E’ quella che vi seguiva? — chiese Annie.

— Sì, miss, — rispose l’ispettore. — E’ la seconda volta che salva un treno da un attentato. Signori, odo fischiare in lontananza. Fra dieci minuti riprenderete il vostro viaggio verso l’Est.

In quel momento alcuni soldati, infangati e trafelati, giunsero sul binario, sbucando da una macchia di magnolie selvatiche.

— Ebbene? — chiese l’ispettore, movendo verso di loro.

— Fuggiti, signori, — rispose un sergente. — Avevano i cavalli nascosti in un cañon e si sono allontanati al galoppo.

— Li riprenderemo più tardi, — disse l’ispettore. — Alla stazione, signori!... Il treno sta per giungere.

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