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CAPITOLO XXXIII
Buck alla riscossa
Buck Taylor, sfuggito ai colpi di fucile dei negri e dei vaqueros grazie alla velocità del suo cavallo, nel momento in cui il Re dei Granchi s’impadroniva dell’ingegnere e dello scrivano, non si era molto allontanato dallo sbocco del piccolo Cañon.
Lasciò che il mustano galoppasse un quarto d’ora, poi, quando, si trovò in mezzo ad un ammasso di rocce, ritenendosi ormai sicuro, poichè non aveva veduto alcun cavaliere seguirlo, balzò a terra, dicendo:
— Vediamo innanzi tutto cos’hanno fatto alla mia povera Latty. Deve esser stata colpita da una palla...
La cavalla nitriva dolorosamente e s’impennava, segno evidente che era stata ferita.
Buck dopo averla calmata con la voce e con le carezze, la esaminò rapidamente. Vi erano alcune macchie di sangue sul pelame bianchissimo del fianco destro.
— Bah! — esclamò il cow-boy, allegramente, facendo scoppiettare le dita come un uomo soddisfatto. — La palla, non le ha sfiorato che la groppa. Non è nulla, mia brava Latty, e guarirai presto. Un po’ più in basso però e ti fracassavano la colonna vertebrale. Sta quieta che debbo occuparmi di quei bravi giovani.
Si era fermato dietro una roccia colossale, che s’alzava per più di cento e cinquanta metri, dalla cui cima si poteva dominare un vasto tratto del Gran Cañon.
Buck, che non esitava mai nelle sue decisioni, la scalò rapidamente: giunto sulla vetta, che terminava in una piccola piattaforma, si stese bocconi guardando in direzione del piccolo Cañon.
Quantunque fosse lontano quasi un miglio, potè vedere distintamente i negri ed i vaqueros dirigersi verso la foresta, conducendo con sè Harris è Blunt, legati e coricati sulle groppe di due mustani.
— Dove li condurranno? — si chiese. — Mi pare che si dirigano verso il Colorado. Non vi lascerò anche se doveste scendere all’inferno. Buffalo Bill non può essere lontano, ed a nostra volta vi sorprenderemo e vi appiccheremo.
Ridiscese dalla rupe, dopo aver rilevata attentamente la direzione presa dalla banda, e raggiunse la cavalla che si era finalmente calmata.
Versò sulla ferita un po’ d’acqua mista a whisky, che teneva nella fiaschetta, la coprì con la grossa gualdrappa di palino, poi salì in arcione, dicendo:
— Andiamo, Latty; non dobbiamo perdere di vista quei furfanti.
Girò adagio attorno a quell’ammasso di rupi, poi si diresse a sua volta verso la foresta, cercando di tenersi nascosto fra gli enormi cactus a boccia che in quel luogo abbondavano.
Giunto presso i primi alberi scoprì facilmente le tracce lasciate dai cavalli dei banditi.
— Camminate pure, — disse. — Ormai non vi perderò più. Buck Taylor quando è sulla pista, non si ferma e non esita mai.
Avanzandosi prudentemente, potè così giungere in vista dell’accampamento dei vaqueros nel mezzo della foresta, a breve distanza dal Rio Colorado. Nel timore che i banditi potessero scoprirlo o che i cavalli fiutassero la presenza della sua Latty e dessero l’allarme, ritornò sui propri passi, costruendosi una minuscola tettoia in mezzo ad un gruppo di piante cotonifere e di quercioli.
Passò la notte a fianco della cavalla, ora sonnecchiando ora vegliando: aveva udito a parecchie riprese urla di belve affamate. Il mattino seguente fece una nuova esplorazione verso l’accampamento dei banditi, temendo che si fossero allontanati.
Fu non poco sorpreso di trovarli ancora là. Che cosa aspettavano? Non riusciva a spiegarsi il motivo di una fermata in quel luogo deserto, perchè non conosceva i progetti del Re dei Granchi.
Al mattino del terzo giorno li vide finalmente guadare il Rio Colorado: conducevano sempre con loro i due prigionieri. Lasciò che si allontanassero, poi guadò a sua volto il fiume, ritrovando facilmente sulla riva opposta le tracce dei cavalli.
Era praticissimo del Gran Cañon e, vedendo quale direzione tenevano i banditi, gli nacque subito il sospetto che cercassero di riparare nella miniera di Waterpoket.
Come la maggior parte dei cow-boys, nella sua gioventù era stato cercatore d’oro e minatore, ed aveva anche lavorato per qualche tempo nella vasta miniera, spaccando i quarzi auriferi; questa non gli era quindi sconosciuta.
— Sarebbe una bella trappola per quei furfanti, e non un rifugio, — mormorò. — Peccato che il colonnello non sia ancora giunto.
Aspettò la sera, poi si diresse verso la miniera, nascondendosi fra le rupi. Aveva lasciata la cavalla legata ad un albero per essere più libero nelle sue mosse e non esporsi al pericolo d’essere scoperto.
L’entrata della miniera era illuminata da un falò, attorno al quale stavano seduti parecchi uomini che chiacchieravano e fumavano.
Buck, che si era accostato fino a centocinquanta metri, strisciando con precauzione fra le rocce, ne riconobbe alcuni; due o tre di essi che indossavano vesti stracciate, gli erano però sconosciuti.
— Quelli non sono nè negri nè messicani, — mormorò il cow-boy. — Mi sembrano minatori o banditi.
Ad un tratto si picchiò la fronte con la mano.
— Possìbile! — esclamò. — Che questo sia l’asilo di quel brigante di Will Rook? Sarebbe come prendere due piccioni ad una fava! Vorrei però sapere che cosa faranno dell’ingegnere e del suo compagno. Se potessi cacciarmi nella miniera! Ah! Ci sono! Vi è un’altra entrata, me la ricordo benissimo, verso la riva del fiume! Briganti! Siete presi!
Tornò sollecitamente indietro e raggiunse la cavalla.
– Uno sforzo ancora, mia brava Latty – le disse, accarezzandola — Poi potrai riposarti comodamente, e avrai anche del foraggio in abbondanza. Le rive del Rio non sono aride.
Rimontò in sella e si spinse al galoppo, tornando al fiume, che non era molto lontano. Quando lo ebbe raggiunto, si mise a costeggiarlo, seguendo la corrente.
Non si scorgeva alcuno, nè si vedeva brillare alcun lume lungo le rive. Di quando in quando l’urlo triste di una cojote si mesceva al muggito delle acque.
Buck Taylor, quantunque fesse certo di non fare alcun cattivo incontro, per precauzione aveva messa davanti alla sella la carabina, e aveva levato dalla fonda la rivoltella, appendendosela alla cintura.
Galoppò per mezz’ora passando sotto gli alberi immensi che ombreggiavano la riva; poi si arrestò bruscamente di fronte ad uno sperone colossale, una roccia immensa che spingeva la sua punta estrema sino alla sponda del Colorado.
— L’altro sbocco della miniera deve trovarsi qui — disse. — Mi ricordo che imbarcavano in questo luogo il carbone.
Scese da cavallo e, tenendo Latty per la briglia, si spinse verso la roccia. Qua e là si scorgevano capanne semi-crollate; immense quantità di carbone giacevano abbandonate davanti alla miniera. Una gru, con le sue catene, si ergeva ancora fra le cataste di panconi e di traverse di legno, che venivano usate per innalzare le armature della galleria.
Cominciava già a discernere una nera apertura, l’imbocco della miniera, quando udì un rombo lontano, che fece sussultare il suolo come sotto una scossa di terremoto, poi gli giunsero all’orecchio tre voci umane. Buck si chiese che cosa poteva essere avvenuto: ad un tratto dalla bocca della miniera irruppe un torrente di fuoco che abbattè la gru e le capanne, disperdendo nel medesimo tempo il deposito di carbone e le cataste di legname.
Il cow-boy si sentì sollevare, e venne scaraventato in mezzo ad alcuni cespugli. Anche Latty era stata atterrata di colpo.
L’immensa fiammata s’alzò verso il cielo, illuminando d’una luce intensa la riva del fiume e le rocce del Gran Cañon, poi sparve con un rombo che si ripercosse lungamente lungo le alte pareti dell’abisso.
— È saltata la miniera! — aveva esclamato il cow-boy, che si era coperto istintivamente gli occhi.
Quando li scoprì, le tenebre regnavano attorno a lui e solo l’eco lontana della vallata ripercuoteva quel fragore terribile. Si alzò, corse verso la cavalla, e mandò un sospiro di soddisfazione vedendo che si rimetteva in piedi senza alcun aiuto.
— Credevo che quella vampata me l’avesse accecata. È scoppiato del grisou in fondo alla miniera... Ventre d’orso grigio! E quelle grida! Che vi siano degli uomini in pericolo là dentro? Non è possi— bile che i banditi, che chiacchieravano poco fa dinanzi all’altro sbocco, si siano spinti fin qui.
Rimase un momento perplesso sul da farsi, poi prese risolutamente partito.
— Chiunque siano, non devo lasciarli perire. E poi vi sono l’ingegnere ed il suo compagno fra i banditi.
Aveva alcune torce d’ocote dietro la sella. Ne accese una, legò la cavalla, poi si spinse verso l’imboccatura della miniera.
— Proviamo se l’aria è respirabile, innanzi tutto, — disse. — Quel maledetto grisou abbrucia prima e poi asfissia.
Nella galleria, vastissima e dalla vòlta molto alta, l’aria si era subito purificata, e Buck potè inoltrarsi liberamente, senza correre il pericolo di aspirare gaz pericolosi sviluppati dallo scoppio.
Fece quasi di corsa due o trecento passi, sempre in discesa, incespicando di quando in quando. Massi di carbone, rotaie, vagoncini e traverse divelte dalle armature per la violenza dello scoppio ingombravano la galleria. Buck si trovò improvvisamente in una immensa caverna.
— Ma io conosco questo deposito carbonifero, — disse.
Alzò la torcia d’ocote e gli sfuggì un grido: — Dei morti!
Dietro un cumulo di carbone incendiato dalla fiammata del grisou aveva scorto tre persone rovesciate le une sulle altre.
Buck Taylor si era precipitato innanzi, si era curvato rapidamente sui corpi inanimati, guardandoli in volto.
— L’ingegnere! — esclamò. — Ah! mio Dio, forse sono giunto troppo tardi. Il gaz, detonando, lo ha asfissiato.
Lo prese fra le braccia e si slanciò nella galleria, correndo come una lepre. Lo depose presso la cavalla, poi ritornò nella caverna sempre di corsa, portando successivamente fuori Blunt ed il vecchio.
— Non perdiamo tempo, — mormorò. — I cuori di questi uomini battono ancora. Chissà!
Aprì la bocca dell’ingegnere, gli afferrò la lingua, e prese a tirargliela: con la mano sinistra gli alzava intanto ora un braccio ed era l’altro. Passò poi a Blunt e a Clayfert, compiendo gli stessi movimenti per riattivare la respirazione.
— Ventre d’orso grigio! — brontolava il cow-boy. — Che non riesca a salvarli? Come sì trovavano in quella caverna? Che siano stati essi a dare fuoco al grisou? Imprudenti! Dovevano immaginarselo che sotto quelle vòlte c’era il gaz detonante.
Mentre parlava, non cessava di tirare la lingua ora all’uno ed ora all’altro, soffregando anche energicamente i loro petti.
Cominciava a dubitare di poterli richiamare in vita, quando un lungo sospiro sfuggì ad Harris.
— Signore! Signore! — gridò Buck, — aspirate bene l’aria... così... Va bene... i polmoni cominciano a funzionare... urrah! sono salvi! Bestia, ed io grido mentre vi possono essere briganti nei dintorni.
Harris, dopo quattro o cinque inspirazioni, con uno sforzo si era alzato a sedere, mentre Blunt e anche Clayfert cominciavano a dar segni di vita.
— Voi, Buck! — esclamò l’ingegnere, con voce fioca.
— E giunto in buon punto per strapparvi alla morte, signore — rispose il cow-boy con voce lieta. — Un quarto d’ora di ritardo e voi sareste morto entro la miniera. Questo si chiama aver fortuna, signore.
— Ed il signor Clayfert? E Blunt?
— Clayfert, avete detto? Quel vecchio signore? Sarebbe...
— Il padre di miss Annie.
— Ventre di lupo rosso! Oh! Non temete, aprono anche essi gli occhi.
Infatti, lo scrivano ed il minatore, che aspiravano ormai a pieni polmoni la fresca brezza della notte, a loro volta si erano alzati a sedere, guardandosi intorno con stupore.
— Dove sono? — chiese lo scrivano. — Che io sia già morto?
— Mi sembra invece che siate più vivo di prima, giovanotto, — disse Buck. — Questo non è certo il paradiso delle pelli rosse, e nemmeno quello delle pelli bianche; come state?
— Buck!
— In carne ed ossa. Credevate che vi avessi abbandonati? Un cow-boy si fa uccidere, ma non lascia gli amici nel pericolo.
— E quel fuoco? E quel rimbombo spaventevole?
— Il grisou, giovanotto, che è scoppiato tremendamente e per poco non vi uccideva tutti. Ed i banditi? Che siano saltati in aria?
— Non credo, — rispose Harris. — Sono sicuramente stati essi a dar fuoco al gaz detonante, facendo scoppiare una mina od una cartuccia di dinamite.
— Dinamite, ingegnere, — disse il vecchio minatore. — Quei miserabili, ne sono certo, cercavano di sopprimerci, seppellendoci nel fondo della miniera. La detonazione era avvenuta alcuni istanti prima dello scoppio del grisou.
— Voi credete? — chiese Blunt, con accento feroce.
— Sì, volevano sbarazzarsi di noi.
— Morte e dannazione! E noi ci lasceremo sfuggire quei mostri! — urlò lo scrivano.
— Non sono ancora in salvo, giovanotto, — rispose Buck. — Il colonnello non è ancora giunto, però sono sicuro che a quest’ora sta scendendo nel Gran Cañon. Sarebbe anzi meglio che noi gli andassimo incontro.
— E permetteremo che quei briganti scappino?
— Non abbandoneranno il Gran Cañon, senza aver prima tentato di togliere Annie agli Apaches, — disse Harris. — Non inquietatevi, Blunt: noi sapremo ritrovarli più tardi.
— Signori, potete camminare? Il signor Clayfert può approfittare della mia cavalla.
— E dove ci conducete? — chiese Harris.
— Attraverseremo il Colorado e ci accamperemo lungo la riva opposta, sulla pista che io ho percorso. Vi ho già detto come uno dei ferri della mia cavalla porti un segno che il colonnello ritroverà facilmente. È necessario quindi che ritorni su quella via perchè...
Un colpo di carabina, seguito quasi subito da due altri, gli mozzò la parola.
— Degli spari! — esclamò Harris.
— E provengono dall’imboccatura di ponente della miniera, — aggiunse il signor Clayfert.
— Ventre d’orso grigio! — esclamò Buck Taylor. — Che il colonnello sia giunto e attacchi la miniera? Signori, corriamo!