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Capitolo XVIII - Prigionieri dei selvaggi
Capitolo XVII Capitolo XIX

CAPITOLO XVIII.

Prigionieri dei selvaggi.

I fuegini non avevano lasciato i dintorni della baia, sospettando probabilmente uno sbarco degli uomini bianchi per vendicare i due marinai scomparsi; anzi pareva che si fossero raccolti in gran numero.

Sui margini dei boschi e sulle cime delle colline, e anche delle montagne, si vedevano avvampare dei fuochi disposti in forma circolare e di quando in quando si udivano alti clamori lontani e dei rullii sordi e monotoni che parevano di tamburi o di qualche cosa di simile.

Sulla spiaggia si vedevano gruppi d’uomini che all’accostarsi della scialuppa fuggivano rapidamente, mettendosi in salvo sulle alture. Spiavano gli uomini bianchi senza osare di assalirli, sapendo ormai che erano provvisti di quelle formidabili armi da fuoco che tanto temevano.

Piotre ed il signor Lopez, quando qualche drappello indugiava a disperdersi, sparavano qualche colpo di carabina o di moschetto, con poco profitto però, in causa delle oscillità che subiva l’imbarcazione e per l’oscurità della notte. Anche verso il Settentrione si udiva qualche sparo. Dovevano essere gli uomini della scialuppa-baleniera che tentavano di vendicare i loro due camerati.

Arrancando con buona lena, verso la mezzanotte le due scialuppe si incontrarono nei pressi del piccolo seno, dove erano stati assaltati i due marinai di guardia.

Quelli della baleniera avevano già esplorato un tratto di costa facendo frequenti sbarchi e non avevano trovato che i cadaveri di tre selvaggi, tutti uccisi a colpi di pistola alla testa ed al petto. Dei due scomparsi invece, nessuna traccia.

— Che cosa volete tentare ora? — chiese il signor Lopez a Piotre.

— Continuare le ricerche, — rispose questi, — e far accostare la Quiqua per mitragliare questi miserabili cannibali. La scialuppa-baleniera torni a bordo con due uomini, gli altri passino sul gran canotto e ci prestino mano forte. —

Quindi, volgendosi verso l’araucana:

— Mariquita, — le disse, — voi dovete essere stanca e dovete aver molto freddo, non essendo le vostre vesti ben asciutte. Ritiratevi, ve ne prego. Ci raggiungerete sulla mia nave.

— E voi, Piotre?

— Il freddo non fa presa sulla pelle d’un baleniere, e poi devo guidare io la spedizione.

— Sì, ragazza mia, — disse il signor Lopez. — Non è prudente rimanere con noi, dopo quel tuffo in mare e con questo vento che fa raggrinzare le carni.

Verrai con noi più tardi. —

Mariquita che si sentiva realmente gelare, passò sulla scialuppa-baleniera, la quale prese tosto la corsa verso la Quiqua, mentre il gran canotto, coll’equipaggio raddoppiato, entrava nel piccolo seno.

I selvaggi non erano ancora discesi dalle alture, dove continuavano a mantenere accesi i fuochi ed a gridare, come se sfidassero i marinai ad assalirli nelle loro posizioni.

Piotre, seguito dal signor Lopez, da Pardoe e da quattro marinai, sbarcò coll’intenzione di sorprendere qualche selvaggio e di fare nuove ricerche, mentre gli altri tre s’imboscavano fra i cespugli di berberis per sorvegliare le mosse degli Ona, i quali parevano numerosissimi.

I selvaggi uccisi dai due marinai scomparsi furono presto ritrovati. Avevano ancora presso di loro le armi, lancie ed arco, che i loro compagni non avevano raccolte, e Piotre potè accertarsi che erano stati uccisi a colpi di pistola.

— Allarghiamo le ricerche, — disse il baleniere. — Chissà che i corpi di quei disgraziati non siano stati nascosti in mezzo a quelle felci che occupano la base delle colline. —

Per meglio perlustrare si divisero in tre gruppi, spingendosi verso la base delle colline, quantunque ormai fossero convinti che i loro camerati erano stati portati via per servirsi dei loro cadaveri per qualche banchetto.

Si erano già allontanati dalla spiaggia alcune centinaia di passi, quando il cacciatore di guanachi che si trovava con Piotre e col signor Lopez, fece loro cenno di arrestarsi.

Erano allora giunti dinanzi ad un folto gruppo di felci e di berberis, il quale si prolungava su uno spazio considerevole.

— Passate a destra, voi, — disse loro. Io invece attraverserò queste piante, essendo più agile di voi. Credo che qui dentro ci sia nascosto qualche cosa.

— Degli Ona? — chiese Piotre, che aveva armata la carabina.

— Non lo so, vedremo. —

Il signor Lopez ed il baleniere, fidandosi nella sagacia di quel selvaggio, di cui ormai non diffidavano più, seguirono il margine della macchia salendo lentamente la collina, mentre gli altri due gruppi s’avanzavano attraverso alti macchioni, sparando qualche colpo di fucile verso gli Ona che apparivano sempre numerosissimi sulle creste ed intorno agli immensi bracieri incessantemente alimentati.

Il cacciatore si era gettato in mezzo alle felci, aprendosi faticosamente il passo. Proseguiva diritto, accostando sovente un orecchio al suolo e mandando un sibilo appena percettibile. Ad un tratto si fermò. Un’ombra si era alzata dinanzi a lui: era lo stregone che aveva condotto a terra Piotre ed i marinai.

— Sei riuscito? — chiese l’Ona al cacciatore.

— Sì, essi hanno ormai completa fiducia in me, — rispose l’interrogato. — Credono che io li abbia salvati.

— Potrai quindi salire sul grande canotto ed incendiarlo?

— Ecco quello che dubito, quantunque creda che sulla nave vi sia così poca gente che potreste impadronirvene facilmente.

— Sono quasi tutti a terra gli uomini bianchi?

— Quanti ne hai contati tu?

— Quindici, — rispose lo stregone.

— Allora non ve ne saranno più di quattro sul legno.

— Hanno creduto alla storia che tu hai raccontata?

— Pienamente.

— E la fanciulla?

— È tornata sul gran canotto.

— Faremo un banchetto colossale e festeggeremo il genio del bene. Mai la nostra tribù avrà mangiato in un sol colpo tanti uomini bianchi.

— Ce lo permetterà il capo bianco? Vedrà che sono suoi amici.

— Farà quello che vorremo noi.

— Che cosa devo fare?

— Affondare la barca di questi uomini per impedire che possano accorrere in aiuto del grande canotto.

— Siete pronti?

— Quando i fuochi che ardono sulle colline si spegneranno, le nostre barche assaliranno il grande canotto, — rispose lo stregone. — Oh! Erano venuti per portarci via il capo bianco! Avranno la sorte che è toccata ai compagni del capo, così più nessuno verrà a vendicare il massacro che abbiamo compiuto. Va, non perdere tempo. Sii svelto e abile. —

Lo stregone si gettò in mezzo alle felci e scomparve rapidamente senza far rumore. Il cacciatore di guanachi invece uscì cautamente dalla macchia e, vedendo che i tre piccoli gruppi continuavano a salire la collina, si mise a strisciare verso la spiaggia, tenendosi nascosto dietro i rialzi del terreno ed i cespugli di berberis. Scivolava senza far rumore, pari ad un serpente, guardandosi intorno, sapendo che dovevano trovarsi lì presso due marinai della scialuppa.

Giunto presso la riva, s’immerse in acqua, e, punto badando al freddo e alle onde, s’accostò silenziosamente al canotto che era stato tirato sulla sabbia.

In quel momento i fuochi che ardevano sulla cima delle colline si spegnevano rapidamente.

— Ecco il segnale, — mormorò. — Gli uomini bianchi sono nostri. —

Guardò verso il mare. La Quiqua aveva levate le àncore e sciolte le vele, e s’avanzava cautamente verso la costa per proteggere Piotre ed i suoi compagni. Era ancora lontana qualche miglio, essendo il vento contrario e l’equipaggio troppo scarso per manovrare le vele.

Da tutti i seni della spiaggia uscivano allora delle ombre allungate, che si radunavano verso l’estremità d’un promontorio.

— I canotti, — mormorò il pescatore.

S’alzò impugnando la scure di pietra che si era legata alla cintura e percosse poderosamente e replicatamente i fianchi della scialuppa, sfondando parecchie tavole.

Udendo quel fracasso, i due marinai, che stavano appiattati fra i cespugli, si erano levati urlando.

— All’armi! —

Vedendo il cacciatore di guanachi colla scure ancora alzata, scaricarono simultaneamente i loro fucili, gridando:

— Tradimento! Capitano! Signor Lopez! Tradimento! —

Il selvaggio aveva spiccato un salto scomparendo fra le onde che si rompevano contro la spiaggia.

Piotre ed i loro compagni, a quegli spari ed a quelle grida avevano interrotto le loro ricerche, scendendo precipitosamente la china.

— Su chi avete fatto fuoco? — chiese il baleniere, con agitazione.

— Tradimento, capitano! — rispose uno dei due marinai. — Il cacciatore di guanachi ha spezzato il gran canotto.

— Il cacciatore? Ah! l’infame! — esclamò Pardoe.

— Tutti gli stessi, — disse Piotre, con furore. — Nati traditori, morranno traditori. Ma se credono di averci in loro potere s’ingannano. Ecco la Quiqua che sta per giungere. —

Sì, la nave baleniera stava per arrivare, ma non per toccare la costa, giacchè un gravissimo pericolo la minacciava. Un numero infinito di canotti, montati da selvaggi armati La giovane araucana atterrita, li vide scomparire, poi riapparire a galla, sempre strettamente avvinghiati.

(Cap. XXI)

di lancie, di mazze e di archi, correva su di essa per assalirla e fare prigionieri i pochi uomini che la guidavano. Uscivano da tutti i seni, da tutte le cale, avviandosi rapidamente, formando un immenso semi-cerchio che a poco a poco si stringeva.

Piotre, atterrito, aveva mandato un urlo di furore.

— Mariquita! Assaltano Mariquita! Ah! Miserabili! —

Disperato, fuori di sè, stava per slanciarsi fra le onde, quando urla tremende risuonarono dietro di lui.

Gli Ona scendevano a torme dalle colline per assalire i disgraziati, i quali ormai non potevano più raggiungere la nave e mettersi in salvo.

— Signor Piotre, — disse Pardoe. — Ci assaltano da tutte le parti. —

Il signor Lopez era diventato pallido come un morto e guardava con terrore i canotti che avevano ormai attorniata la Quiqua, cercando di abbordarla.

— Mia figlia. La mia Mariquita! — gemeva.

— Vado a salvarla o a perire con lei! — gridò il baleniere.

— Sarebbe un sacrificio inutile, capitano, — disse il vecchio pescatore. — Rimanete con noi, e cerchiamo di far fronte ai selvaggi. Potremo più tardi salvare Mariquita. —

Gli Ona, sicuri della vittoria e forti della superiorità del loro numero, assalivano in quel momento, con pari slancio, i compagni di Piotre e la nave baleniera.

Le fucilate erano cominciate. Anche i pochi marinai della nave si difendevano disperatamente, quantunque sicuri di dover soccombere nell’impari lotta.

— A me i miei marinai! — gridò il baleniere, con voce formidabile. — Signor Lopez, presso di me. Cerchiamo almeno di non farci prendere noi: Mariquita la strapperemo poi a quei miserabili. —

Gli Ona avevano impegnata la lotta con un coraggio insolito. Mentre quelli che montavano i canotti s’arrampicavano sui fianchi della nave, saettando i pochi difensori con nubi di freccie e di giavellotti, gli altri si precipitavano in ranghi serrati contro Piotre ed i suoi compagni, che si erano addossati contro la scialuppa.

Il baleniere, pazzo di furore, risoluto a far pagare ben cara la vittoria a quei mostruosi cannibali, sparava senza tregua, incitando i suoi uomini. Ogni palla colpiva inesorabilmente, pure gli Ona erano tanti che le perdite diventavano insensibili.

Turbini di freccie e di giavellotti giungevano da tutte le parti. Già due marinai fino dal primo urto erano caduti, mortalmente feriti, trapassati da quei dardi e anche il vecchio Pardoe era stramazzato, stordito da un colpo di mazza che non aveva avuto il tempo di parare.

Piotre, la cui forza pareva che fosse centuplicata, teneva fronte al nemico.

Mancatogli il tempo di poter ricaricare, aveva impugnata la carabina per la canna e, roteandola furiosamente, spezzava lancie, fracassava teste, sfondava petti, mentre il vecchio esploratore, al suo fianco, scaricava a bruciapelo il suo moschetto, assistito dai marinai.

Intanto nella baia le detonazioni diventavano più rade. I canotti avevano ormai abbordata la Quiqua ed irrompevano sulla tolda con clamori vittoriosi.

— Piotre, — disse il signor Lopez, con accento straziante. — Mariquita è presa! L’ho veduta calare in un canotto.

— E noi fra qualche minuto saremo morti, — rispose il baleniere, con voce cupa.

— Arrendiamoci..... è inutile continuare la resistenza... Tutti i marinai sono caduti. —

Il signor Lopez non potè continuare. Un selvaggio lo aveva atterrato, afferrandolo per di dietro e dandogli un pugno sul cranio.

Non rimaneva in piedi che l’erculeo Piotre, il quale pareva che fosse invulnerabile. Il suo vigore terribile, la sua statura, il suo coraggio da leone, s’imponevano a quei cannibali, i quali esitavano a stringerlo troppo da vicino.

Aveva raccolto un altro fucile sfuggito ad un marinaio caduto al suo fianco, col petto attraversato da un colpo di lancia, e continuava a picchiare con crescente furia a destra e a sinistra, cercando di aprirsi il passo fra quell’orda urlante e di porsi in salvo fra i boschi.

I selvaggi invece non aprivano le loro file, anzi le stringevano sempre più e opponevano una resistenza ostinata. Nondimeno il gigante era riuscito ad allontanarsi dalla spiaggia, sperando di raggiungere la base della collina.

Disgraziatamente il terreno era ineguale e tutto cosparso di muschi pregni d’acqua, sui quali i suoi piedi scivolavano.

Nel prendere lo slancio l’equilibrio gli mancò e cadde. Subito una massa d’uomini si gettò su di lui, coprendolo interamente.

L’ercole tentò di scuoterla. Ed infatti la sollevò, poi ricadde, dibattendosi invano. Cinquanta mani lo avevano afferrato cingendolo rapidamente con solide corde che gl’impedirono di continuare quell’impari lotta.

— Uccidetemi! — gridò il disgraziato.

Una voce che aveva già udita ancora, si alzò fra i selvaggi che lo attorniavano.

— Non è ancora tempo. —

Il baleniere alzò il capo guardando i vincitori.

— Lo stregone! — esclamò.

Il traditore si era fatto innanzi, ghignando ferocemente.

— Mi riconosci? — gli chiese.

— Che tu sia maledetto! — gridò Piotre, sputandogli addosso. — Ecco la ricompensa dei regali che ti diedi. Almeno uccidimi subito.

— Ti ho detto che non è ancora tempo.

— Che cosa ne hai fatto della fanciulla che era sulla mia nave?

— È nelle nostre mani.

— Viva ancora?

— Sì, viva.

— Perchè non l’hai uccisa?

— Perchè il capo bianco non l’ha voluto.

— Quale capo bianco! — esclamò Piotre con stupore.

— Quello che andavi a cercare. —

Il baleniere lo guardò, credendo che quel miserabile fosse impazzito.

— Ti burli di me? — chiese.

— Non ne ho alcun motivo.

— Spiegati.

— Non è ancora tempo.

— Che cosa ne hai fatto del vecchio che combatteva presso di me?

— Lo abbiamo risparmiato.

— E dell’altro?

— È ferito, eppure spero che guarirà presto.

— E dei miei marinai?

— Oh! Quelli erano serbati a noi e non al capo bianco. Li abbiamo uccisi e li mangeremo domani.

— Miserabile!

— Volevi che li lasciassimo tutti al capo bianco? Ad ognuno la sua parte.

— Quale trama infernale è mai questa? — si domandò Piotre, che credeva d’impazzire. — Che Alonzo sia il capo bianco? E come può aver permesso questo massacro? Lo sapeva dunque lui che eravamo noi? La mia testa scoppia! —

Ad un tratto impallidì orribilmente.

— E Mariquita! — esclamò. — Dovrò perderla io in cambio della vita? No, è impossibile, sarebbe troppo atroce.

— Alzati, — disse lo stregone. — Dobbiamo tornare al nostro villaggio.

— Dimmi almeno, chi è quel capo bianco?

— Te l’ho già detto: è l’uomo che tu volevi andar a liberare. Me lo hai raccontato tu ed io ho subito ordito il tradimento per impedirti di riprendercelo.

È un gran stregone che tutti amano e che nessuno vorrebbe perdere, perchè ha insegnato a noi tante cose che prima ignoravamo. Partiamo. —

L’jacmusa fece un cenno. Le schiere degli Ona si aprirono e s’avanzarono otto uomini scelti fra i più robusti, i quali reggevano una specie di portantina formata da due pelli di guanaco cucite insieme e legate a due lunghissime pertiche. Piotre fu alzato e gettato sulla pelle, senza essere stato slegato. I selvaggi avevano avuto una prova troppo eloquente della sua forza prodigiosa per attentarsi ad allentare le corde che gli stringevano le braccia e le gambe, in modo da impedirgli di fare il più piccolo movimento.

Prima però di coricarsi, Piotre aveva veduto a qualche distanza due altri palanchini, che pareva portassero due altre persone.

— Chi sono? — chiese all’jacmusa che gli si era messo presso onde poter meglio sorvegliarlo.

— I due vecchi dai capelli bianchi, — aveva risposto lo stregone.

— E perchè non li avete uccisi al pari degli altri?

— Al capo bianco avevamo promessa la vita di quattro sole persone, a sua scelta, ed i due vecchi entravano nel numero con te e colla fanciulla.

— Sapeva il capo bianco chi erano costoro?

— Non lo so, però l’ho udito pronunciare dei nomi.

— Ed ha accondisceso che voi massacraste gli altri, i miei marinai? — chiese Piotre con un sordo singhiozzo.

— Oh! lui no, — rispose lo stregone. — Voleva anzi che noi li risparmiassimo tutti, e allora che cosa avremmo mangiato noi? La carne bianca è molto cara; i grandi canotti non approdano quasi mai sulle nostre rive e noi tutti ne siamo ghiottissimi. Gli abbiamo concesso la vita di quattro sole persone e come vedi abbiamo mantenuto la parola. Se non ci fosse stato lui, a quest’ora nessuno di voi sarebbe più vivo.

Peccato! Doveva essere così tenera la carne di quella bella giovane! —

Ed il miserabile sospirò.

— Tu sei un mostro! — gridò Piotre, rabbrividendo al pensiero che Mariquita, senza quel miracolo, avrebbe servito di pasto a quegli antropofaghi.

Lo stregone alzò le spalle sorridendo.

— Dimmi com’è il capo bianco, — rispose Piotre, dopo qualche minuto di silenzio.

— È più piccolo di te, più bianco, con la barba bionda e gli occhi azzurri.

— Sì, Alonzo, — mormorò Piotre. — Quando è naufragato?

— È molto tempo, al principiare del gelo.

— Si è spezzato su queste spiaggie il suo gran canotto?

— Sì, le onde lo avevano trascinato sulle scogliere, all’estremità della baia. Se vorrai ti mostrerò i rottami che i cavalloni non hanno potuto distruggere. Noi però abbiamo portato via tutto quello che poteva essere utile.

— E dei suoi compagni che cosa ne avete fatto?

— Li abbiamo mangiati, — rispose candidamente l’jacmusa.

— E anche distrutta la nave?

— Ci occorreva del ferro.

— E della mia che cosa ne farete?

— A quest’ora brucia ed i nostri pescatori raccolgono i pezzi di metallo.

— La mia Quiqua! — urlò Piotre, facendo uno sforzo supremo per spezzare le corde e balzare alla gola dello stregone.

— Il capo bianco non voleva; invece io, per togliergli dal capo l’idea di fuggire, l’ho fatta incendiare.

Così non potrete più andarvene ed eviteremo il pericolo di far venire molti uomini bianchi a sterminarci. Neh, non sono uno stupido io!

— Sei un infame pirata.

— Non so che cosa sia, nè mi curo di saperlo. Sta cheto e non ti arrabbiare. —

Lo stregone, che doveva avere una gran paura di Piotre, anche se questi era legato, lo lasciò, riparandosi fra un gruppo di guerrieri. Tutte le orde che avevano preso parte al combattimento si erano messe in cammino, parte precedendo e parte seguendo le tre lettighe.

Erano quattro o cinquecento selvaggi, tutti bene armati e di statura superiore alla media, poichè gli Ona sono i più alti uomini della Terra del Fuoco, discendendo probabilmente dai Patagoni, mentre invece, come abbiamo detto, tutti gli altri sono al disotto della statura media.

Erano divisi in varii drappelli, guidati ognuno da capi che portavano fra i capelli piume di colore differente per distinguersi gli uni dagli altri. Moltissimi erano feriti, avendo dovuto subire per un buon quarto d’ora il fuoco dei marinai della Quiqua; tuttavia non davano segno di mostrare soverchio dolore e camminavano al pari degli altri senza rimanere indietro, nè chiedere aiuto ai compagni.

La colonna lunghissima salì la collina, superò la cresta e s’inoltrò entro una gola ingombra di altissimi faggi e di pini, e così tenebrosa che non si poteva scorgere nulla a pochi passi di distanza.

Continuò così ad avanzarsi per due ore, poi ai primi albori s’arrestò su un vasto spazio rinchiuso fra montagne tagliate a picco, e occupato da un numero infinito di capanne.

— Ci siamo, — disse lo stregone a Piotre, il quale era immerso in tristi pensieri. — Il capo bianco abita qui. —


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