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CAPITOLO XX.
La fuga.
Alla sera tutto il villaggio fiammeggiava.
Enormi cataste di legna ardevano intorno alla capanna del capo bianco e su quelle pire, orribile a dirsi, arrostivano i disgraziati marinai della Quiqua, infilati entro enormi spiedi, sotto la sorveglianza di due dozzine di cuochi, molto pratici, a quello che sembrava, in tale genere d’arrosti umani.
Dinanzi alla capanna, seduti intorno ad una stuoia smisurata, si erano raccolti i guerrieri ed i sotto-capi scelti fra tutti coloro che s’erano mostrati più valorosi nell’assalto della nave e nel combattimento contro Piotre ed i suoi compagni.
Erano i soli rimasti al villaggio. Tutti gli altri, smaniosi di procurarsi anche essi degli arrosti di carne bianca, erano partiti per le rive settentrionali del golfo, in attesa della nave annunziata dal capo, promessa che era stata creduta ciecamente come vera.
Alonzo aveva preso posto su una pelle di guanaco, nel centro della stuoia, con a fianco lo stregone ed il cacciatore di guanachi, i due principali cooperatori del tradimento e della vittoria finale. In attesa degli arrosti umani, quei ributtanti convitati avevano cominciato a divorare immensi cumuli di pesci, di ricci di mare e di ostriche, innaffiando quei cibi con abbondanti libazioni di acquavite.
Tutti i barili trovati sulla Quiqua erano stati allineati dinanzi ai banchettanti e ognuno spillava a suo piacimento, servendosi per tazze dei gusci di conchiglie.
Alonzo, per stornare ogni sospetto, fingeva di mostrarsi molto allegro e scherzava collo stregone e col cacciatore di guanachi, quantunque provasse delle nausee invincibili, sentendo l’odore di quelle povere carni che arrostivano crepitando e gli tremasse il cuore all’idea di dover assistere, fino alla fine, a quell’atroce pranzo.
Si consolava solo vedendo che i selvaggi bevevano smodatamente, sperando che si ubbriacassero prima che i cuochi portassero tutti quei cadaveri.
Aveva anzi, appunto perciò, dato ordine ai cuochi di ritardare la cucinatura e di serbare quegli arrosti come ultimo piatto. E per farli resistere meglio dinanzi a quelle pire gigantesche, aveva fatto distribuire anche a loro due barili di acquavite, sicuro invece che anche essi avrebbero finito per cadere ubbriachi.
Quelle abbondanti libazioni producevano il loro effetto. I selvaggi non avevano ancora divorato la metà dei pesci, dei ricci e delle ostriche, che già penavano a mantenersi ritti. Non abituati a quei liquori s’intorpidivano rapidamente e parecchi cadevano come fulminati, colla bocca ancora piena di cibi che non avevano avuto il tempo d’inghiottire.
Anche lo stregone ed il cacciatore di guanachi di quando in quando si accasciavano e facevano inutili sforzi per attendere il piattoforte che i cuochi, del pari ubbriachi, lasciavano ormai abbruciare.
Alonzo incoraggiava tutti a bere, deridendo quelli che resistevano meno degli altri, per spingerli ad attingere sempre nei barili. E quei bruti, per non apparire deboli dinanzi al capo, ingollavano l’ardente liquore a crepapelle, cadendo poco dopo col naso in mezzo agli avanzi dei pesci e delle conchiglie.
— Un ultimo colpo e tutti cadranno per non rialzarsi prima di ventiquattro ore, — si disse Alonzo.
A quelli che ancora si reggevano propose una specie di brindisi per festeggiare la vittoria riportata, e quella futura contro la nave attesa. Furono accettati con tanto entusiasmo che al terzo brindisi più nessuno rimaneva seduto.
Tutti erano caduti, in un miscuglio indescrivibile, chi innanzi, chi indietro, russando e singhiozzando rumorosamente.
I cuochi erano pure stramazzati dinanzi alle pire, col pericolo di arrosolarsi le membra. Gli arrosti si carbonizzavano.
Alonzo si era alzato.
— Se non approfitto di questo momento, non uscirò mai più dalla Terra del Fuoco, — disse.
Si diresse velocemente verso la capanna, si passò nella cintura alcuni coltelli, ed una scure, si caricò di parecchie corde, prese due moschetti e uscì correndo all’impazzata.
Dinanzi alla capanna dei prigionieri non vegliava nessuno, essendo state le guardie invitate a prendere parte al banchetto.
Fece cadere la traversa di legno ed entrò, dicendo:
— Presto, dormono tutti, seguitemi senza indugio. —
Il primo ad uscire era stato Piotre. I due cugini si guardarono biecamente, senza salutarsi, senza scambiare una sola parola. Nè Alonzo voleva ringraziare l’altro d’aver armata la nave per quella pericolosa spedizione, nè il baleniere per aver avuto salva la vita.
Ambedue sentivano per istinto che il loro odio, lungi dal calmarsi, si era maggiormente acuito e che doveva all’uno o all’altro riuscire fatale.
Il signor Lopez, indovinando lo stato e l’eccitazione dei loro animi e temendo uno scoppio che poteva riuscire fatale in quel momento, si era affrettato a raggiungerli, dicendo:
— Andiamocene subito, prima che gli Ona si accorgano della nostra fuga. —
Alonzo si era accostato al vecchio esploratore, tendendogli la mano.
— Grazie, signor Lopez, — gli disse. — Non speravo di rivedere più mai colui che un giorno diventerà per me un secondo padre. —
Mariquita giungeva assieme a Pardoe, il quale se aveva la testa rotta, aveva nondimeno le gambe ancora solide.
— Nessuno se n’è accorto? — chiese.
— No, Mariquita, — rispose Alonzo. — Sono tutti ubbriachi, e nessuno ci darà alcun fastidio, per ventiquattro ore per lo meno. —
Diede al signor Lopez un moschetto e delle munizioni, quindi, additando la tenebrosa gola che s’apriva dinanzi a loro, aggiunse:
— Là vi è la libertà; partiamo senza indugio. —
Si misero in cammino, procedendo con passo rapido. Alonzo, pratico dei luoghi, camminava dinanzi a tutti, seguito dal signor Lopez, poi veniva Mariquita col vecchio Pardoe e ultimo Piotre, più cupo che mai.
Scesero la gola quasi di corsa, nel più profondo silenzio, attraversarono il bosco di faggi senza prendere un momento di riposo e senza parlare, quindi presero la via delle colline, raddoppiando il passo.
Il mare brontolava sulla spiaggia ed il vento marino portava fino a loro le emanazioni saline. Non avevano da percorrere che qualche chilometro per giungere alla costa, quando Alonzo si fermò bruscamente, dicendo:
— Siamo seguiti.
— Da chi? — chiese Piotre, corrugando la fronte.
— Dai selvaggi.
— Come lo sapete voi? Che sia qualche nuovo tradimento ordito da qualcuno?.... Non mi sorprenderei giacchè qualcuno di noi è di troppo.
— Io o voi? — chiese Alonzo ironicamente.
— Piotre! Alonzo! — gridò il signor Lopez, gettandosi in mezzo a loro. — Pensate al pericolo che ci minaccia e non già ai vostri odii che dovrebbero già essere ormai estinti. —
Mariquita si era accostata al baleniere, prendendolo per una mano e sussurandogli in un orecchio.
— Tacete: volete perdervi? —
I due rivali si misurarono per qualche istante collo sguardo, poi si rimisero in cammino.
— Siete sicuro che siamo inseguiti? — chiese il signor Lopez ad Alonzo. — Non potreste ingannarvi?
— Vi dico che ci danno la caccia, — rispose l’ex capo degli Ona. — Può darsi che qualcuna delle bande che ho mandato verso le coste settentrionali della baia si sia spinta fino qui per meglio sorvegliare la spiaggia e che ci abbia scorto. — In tale caso ci mancherebbe il tempo di costruire la zattera.
— So dove si trovano dei canotti e mi dirigo precisamente verso quella cala, per essere pronti a fuggire.
— E affronteremo il mare su quelle deboli scialuppe?
— Pel momento sì, poi torneremo, se potremo, — rispose Alonzo.
Si fermò e si guardò alle spalle, facendo segno a tutti di non parlare, poi accostò un orecchio al suolo.
— Sì, c’inseguono, — disse poi, rialzandosi. — Fuggiamo presto. —
Avevano presa la corsa. Anche il vecchio Pardoe, quantunque ferito, precipitava il passo, sorretto da Piotre.
Già si trovavano a poche centinaia di passi dalla spiaggia, quando udirono delle grida. Una torma di selvaggi era uscita dai boschi e scendeva velocemente le colline.
— Eccoli! — gridò il signor Lopez.
— Seguitemi, — disse Alonzo, con un gesto imperioso.
Si dirigeva verso alcune rocce le quali pareva che celassero qualche piccola cala e che si spingevano molto innanzi nella baia, formando due piccoli promontori.
I fuggiaschi scalarono velocemente le rupi e scesero la parte opposta senza rallentare.
Colà si estendeva un tratto di spiaggia sabbiosa e si vedevano arenati parecchi di quei canotti usati dai fuegini, fatti con scorze d’albero riunite e spalmate di resina.
Alonzo stava per slanciarsi verso il più grosso e che pareva anche il più solido, quando Piotre lo fermò, dicendo:
— Legatene due insieme, signor Gutierres, resisteranno meglio alle onde. Datemi ora la vostra scure.
— Che cosa ne volete fare? — chiese Alonzo.
— Lo vedrete: occupatevi dei due canotti voi. —
Prese la scure e si mise a tempestare le altre imbarcazioni, sfondandole una ad una.
— Così renderò impossibile un inseguimento sul mare da parte dei selvaggi. —
Intanto Alonzo e il signor Lopez univano frettolosamentei due più grossi canotti, legandoli solidamente l’uno a fianco all’altro. Avevano appena terminato, quando comparvero gli Ona. Erano una cinquantina e sembravano furibondi.
— Il capo bianco fugge! — gridavano.
Alonzo ed il signor Lopez scaricarono i loro moschetti, poi balzarono nei canotti dove già si trovavano Mariquita e Pardoe.
Piotre stava in quel momento spezzando gli ultimi, senza curarsi delle freccie e dei giavellotti che già grandinavano.
— Fuggiamo! — gridò Alonzo, afferrando i remi per allontanare i due canotti.
— E Piotre! — gridò Mariquita, fermandogli le braccia.
Un lampo feroce balenava negli occhi dell’argentino; la sua faccia dimostrava in quel momento un odio terribile.
— Lui! — esclamò. — Se la sbrighi come può.
— Tu non commetterai una tale infamia, Alonzo! — gridò Mariquita.
— Mi libero d’un rivale pericoloso, — rispose l’ex capo degli Ona, con accento d’odio, tentando di allontanare i canotti.
Pardoe ed il signor Lopez si erano gettati su di lui strappandogli dalle mani il remo.
— Noi non vi permetteremo di commettere una simile viltà, — disse il vecchio esploratore con indignazione.
— Lasciatelo andare, — rispose Alonzo. — Ci sarebbe d’impaccio. —
Mariquita dinanzi a tanta infamia, aveva mandato un grido d’orrore, poi aveva raccolto uno dei moschetti, armandolo precipitosamente e facendo atto di balzare sulla spiaggia.
— Dove vai Mariquita? — chiese il signor Lopez.
— A morire con Piotre, — rispose la giovane.
Alonzo pronunciò una bestemmia.
Il baleniere, che non si era accorto di nulla, aveva allora finito di spezzare l’ultima imbarcazione... In pochi salti raggiunse i fuggiaschi, passando fra una tempesta di dardi e di giavellotti e balzò nei canotti, gridando con voce tuonante:
— Ai remi! —
Tutti, eccettuato Alonzo, che si era seduto a prora d’una scialuppa, pallido di rabbia, avevano afferrate le pagaie.
Uscirono velocemente dalla cala e si spinsero in mezzo al golfo, mentre gli Ona, impotenti a seguirli, si sfogavano con urla e con una inutile grandine di proiettili d’ogni specie. La notte era oscurissima e nebbiosa, ma, non soffiando il vento, non vi erano ondate così forti da compromettere la poca resistenza che offrivano i due canotti. Anche l’Atlantico sembrava tranquillo non udendosi al largo lo scroscio dei cavalloni.
Nondimeno i fuggiaschi non si sentivano tranquilli su quei fragili schifi che potevano da un momento all’altro guastarsi ed affondare. E poi nella fretta di sottrarsi all’inseguimento dei selvaggi non si erano occupati di portare con loro nè una goccia d’acqua dolce, nè alcuna provvigione.
— Dove andremo a finire noi? — chiese il signor Lopez, vedendo che Piotre dirigeva i canotti fuori della baia.
— Fuggiamo, — rispose il baleniere. — Prima che sorga l’alba dobbiamo essere ben lontani di qui. I selvaggi avranno già dato l’allarme e siccome i canotti non mancano a loro, non tarderanno a mettersi in caccia.
La nostra salvezza sta nella nostra rapidità.
— Saremo costretti ad approdare in qualche luogo. Queste scialuppe non resisteranno molto all’urto delle onde dell’oceano, nè potrebbero servirci per riguadagnare lo Stretto di Magellano che è così lontano.
— Vedremo di raggiungere qualche isola, — rispose Piotre. — Su queste coste non mancano degli uccelli e scioglieremo della neve per procurarci dell’acqua.
— Se incontrassimo qualche nave!
— In questa stagione? I balenieri si trovano tutti al sicuro nei loro porti, nè si muoveranno prima di tre mesi.
— E come faremo noi a resistere un così lungo tempo su un’isola deserta, privi di tutto? — chiese Mariquita.
— Non lo so, — rispose Piotre.
— Morremo, ecco tutto, — disse Alonzo con un triste sorriso.
— Se può far piacere a voi, non garba affatto agli altri, — rispose Piotre.
— Ci tenete alla vita, voi?
— Oggi sì.
— Vedremo se la salverete.
— Chi me la minaccia? Voi, forse?
— Piotre, — esclamò Mariquita, vedendo che il baleniere s’alzava minaccioso.
Il signor Lopez si era pure levato, pronto ad intromettersi, mentre Pardoe si era posto dinanzi ad Alonzo il quale si frugava nella cintura come se cercasse il coltello.
Il baleniere era tornato a sedersi, riprendendo le pagaie.
— Pensate a salvare Mariquita, — disse il signor Lopez, — e non dimenticate che ci troviamo su due deboli canotti che possono sfasciarsi al menomo urto. —
Ripresero la navigazione, in apparenza tutti tranquilli. Anche Alonzo aveva prese due pagaie per accelerare la corsa.
Erano allora usciti dalla baia e correvano sulle onde dell’oceano, dirigendosi verso il nord.
L’Atlantico era nebbioso ed ingombro di banchi di ghiaccio, che le correnti spingevano, con notevole velocità, verso il settentrione. Parecchi avevano delle dimensioni enormi, misurando varie centinaia di piedi, sia in lunghezza che in larghezza.
— Signor Piotre, — disse il vecchio Pardoe, — non sarebbe meglio rifugiarsi su uno di quei banchi? Sono solidi, resistono a lungo e salgono tutti verso le coste americane.
Valgono meglio di questi pessimi canotti che un urto può distruggere.
— Approvo la vostra idea, — rispose il baleniere. — Affidiamoci ad uno di quei ghiacci e mettiamo a secco queste scialuppe. Avremo così maggiore probabilità di raggiungere lo Stretto di Magellano.
— Potremo procurarci dei viveri? — chiese il signor Lopez.
— Gli uccelli marini e anche i leoni di mare si posano volentieri sui fianchi di ghiaccio, — rispose Piotre. — Ne troveremo sempre.
— Approfittiamo, — disse Pardoe. — Ecco là un banco che fa per noi. —
Una gigantesca lastra di ghiaccio, che sorreggeva nel mezzo una collinetta, passava in quel momento a due o trecento metri dai canotti. Aveva una circonferenza di un trecento metri ed uno spessore tale da non temere che si dovesse fondere molto presto.
I fuggiaschi, con pochi colpi di pagaia, la raggiunsero e aiutandosi l’un l’altro vi si arrampicarono sopra, non dimenticando di portar su anche i canotti che potevano diventare ancora utilissimi, sia per passare su qualche altro banco, sia per approdare a qualche isola dove rifornirsi di selvaggina.
— Il ghiaccio è spesso, — disse Piotre. — Potrà durare cinque o sei settimane e la corrente lo spinge verso il nord.
— Vi è una cosa che m’inquieta, — disse Pardoe.
— Quale?
— Che il banco, con quella collina che ha nel mezzo, un giorno si squilibri, si rovesci.
Salendo troveremo acque sempre meno fredde, le quali roderanno a poco a poco la parte immersa del ghiaccio.
— Quando ce ne accorgeremo lo lasceremo, — rispose Piotre. — Per ora non mi pare che questo pericolo esista, perchè non sento io alcuna ondulazione.
— Ci costruiremo un ricovero, — disse il signor Lopez.
— I materiali non mancano qui, — rispose il baleniere. — Innalzeremo una capanna che ci metta al coperto da questo vento freddissimo e anche dalle onde.
Aspettiamo l’alba. —