< La capitana del Yucatan
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22. Combattimento notturno
21. La distruzione della cannoniera 23. I cayos di San Felipe

CAPITOLO XXII.


Combattimento notturno.


Un pauroso silenzio era tenuto dietro al grido del signor Cordoba. Pareva che gli uomini rimasti ancora a bordo della cannoniera, per un istante fossero rimasti pietrificati dal terrore.

Ad un tratto un urlo immenso d’angoscia s’alzò sulla tolda, echeggiando sinistramente fra le tenebre e perdendosi, lontano lontano sul mare, poi rimbombò una sorda detonazione, mentre una gigantesca colonna d’acqua si slanciava in alto avvolgendo la cannoniera.

L’intera massa della nave, sollevata dallo scoppio del formidabile ordigno di distruzione, mostrò la chiglia, poi ripiombò con orribile fragore nelle acque, rovesciandosi sul babordo, col fianco squarciato dall’esplosione.

Una muraglia liquida, coi margini coperti di candida spuma che spiccavano sinistramente fra l’oscurità, si distendeva rumoreggiando per la baia, sfasciandosi con grande impeto contro le radici dei paletuvieri che si contorcevano disaggregandosi.

Cordoba e lo spagnuolo, travolti da quella mostruosa ondata, si sentirono lanciati in alto, poi precipitati in mezzo alla spuma e quindi trascinati a fondo e rotolati ora a manca ed ora a destra.

Quando, passata l’onda, ricomparvero alla superficie, i loro orecchi furono assordati da un furioso fuoco di moschetteria che echeggiava intorno alla baia.

In mezzo alle radici dei paletuvieri, fra le macchie dei palmizi, dietro i tronchi degli alberi, balenavano dovunque lampi, mentre sopra le acque s’incrociavano, con fischi acuti e con strani miagolii, centinaia e centinaia di palle.

— Lampi!... — esclamò Cordoba, scuotendo la testa per sbarazzare gli orecchi dall’acqua. — Grandina!... Gl’insorti attaccano il mio Yucatan!

Poi alzandosi sopra l’onda che lo investiva lanciò un rapido sguardo verso la piccola baia, dove pochi istanti prima si trovava ancora la cannoniera.

— Più nulla!... — esclamò. — Il legno è saltato!... Speriamo che l’equipaggio abbia avuto il tempo di sottrarsi alla tremenda esplosione.

Ehi!... Quiroga!...

— Signore, — rispose lo spagnuolo che lo precedeva a breve distanza, nuotando disperatamente.

— Vedete la scialuppa?

— Sì, arriva di furia.

— E l’Yucatan? — chiese Cordoba, con apprensione.

— Mi pare che s’avanzi a tutto vapore, signor Cordoba.

Toh!... Eh!... Questo è un hotchkiss che fa udire la sua voce!... —

Alcuni lampi si vedevano balenare l’uno dietro l’altro, in mezzo all’ensenada, seguiti da una serie di detonazioni secche e brevi.

— Sì, a bordo del Yucatan fanno tuonare gli hotchkiss, — disse Cordoba. — Che si tenti di abbordarlo?

Bah! Ormai me ne rido degli insorti e delle loro scialuppe!

In quell’istante si udì una voce a gridare ripetutamente:

— Signor Cordoba!... Dove siete voi?

— Stiamo per giungere, — rispose il tenente. — Siete voi, Padilla?

— Sì, signor tenente!... Presto perchè le palle fischiano a centinaia.

— Due bracciate ancora!

— Ed un colpo di remo da parte nostra!... —

La prora della piccola baleniera era improvvisamente comparsa a dieci passi e s’avvicinava rapida come una saetta, sotto i poderosi colpi di remo dei due robusti marinai.

Padilla vedendo a poche braccia una testa, esclamò:

— Qui, signor Cordoba!...

— Per mille pesci-cani!... — esclamò il tenente. — Allungate un braccio.

— A voi, signore. —

Il tenente con una mano s’aggrappò al bordo e porse l’altra allo spagnuolo, poi, con due spinte, si issò a bordo.

— E Quiroga? — chiese il soldato.

— Eccomi, — rispose il camerata.

In quell’istante una palla fischiò agli orecchi del tenente, mentre un’altra attraversava, con un colpo secco, le tavole della piccola baleniera a pochi pollici da uno dei due marinai.

— Lampi!... — esclamò Cordoba. — Ci hanno scoperti!... —

Una terza, poi una quarta palla passarono miagolando sopra la scialuppa.

— Grandina, signor Cordoba!... — esclamarono i due marinai. — Dobbiamo prendere il largo?

— Lasciate andare i remi e gettiamoci in acqua, — rispose Cordoba. — Gl’insorti ci hanno veduti e si preparano a crivellarci. Orsù: un bel salto! —

I quattro uomini, con un accordo ammirabile, scavalcarono il tribordo e si lasciarono cadere in acqua, mentre altre due palle colpivano la scialuppa, l’una a prora e l’altra a poppa.

Quiroga li aveva raggiunti e si era aggrappato al bordo per prendere un po’ di riposo.

— Si avvicina l’Yucatan? — chiese Cordoba, che trovandosi presso la prora, non poteva vederlo.

— Sì, s'accosta, — rispose uno dei due marinai. — Pare però che abbia incontrato degli ostacoli: udite, tenente!...

— Sì, gli hotchkiss che ricominciano a tuonare.

— Odo degli spari anche in mezzo alla baia, — disse Quiroga. — Sembra che vi siano delle scialuppe laggiù.

— Bah!... Mastro Colon farà passare l’Yucatan sopra di esse — disse Cordoba. — Ohe!... Attenti!... Ci bersagliano ancora!... Tuffatevi più che potete se vi preme salvare la pelle.

Gl’insorti, furibondi per aver perduta la cannoniera, avevano cominciato l’attacco sparando all’impazzata in tutte le direzioni, colla speranza di impedire alla piccola nave la fuga.

Nascosti in mezzo ai paletuvieri e sui margini dei boschi, bruciavano le cariche con una prodigalità degna di miglior causa, senza sapere precisamente dove si trovasse l’Yucatan, essendo l’oscurità sempre così fitta da non poterlo distinguere.

Mastro Colon non aveva creduto di rispondere, accontentandosi di mandare buona parte dei marinai sotto coperta, onde non esporli inutilmente a quel furioso grandinare di proiettili.

Era bensì vero che i bersaglieri tiravano a casaccio, però delle palle potevano colpire l’Yucatan e fare dei vuoti fra i suoi bravi marinai.

Sentendo però le palle grandinare e scrosciare sulla torretta di poppa, aveva fatto scaricare gli hotchkiss mandando le palle sotto i boschi ed in mezzo ai paletuvieri, poi aveva comandato macchina avanti per andare a raccogliere Cordoba ed i suoi valorosi compagni.

Ormai lo scoppio del siluro era avvenuto e l’urlo d’angoscia dell’equipaggio della cannoniera era stato udito anche a bordo del Yucatan. Sapendo ormai di non aver di fronte alcun avversario capace di arrestare la veloce nave, Colon aveva fatto accendere i fuochi regolamentari, onde gli uomini della piccola baleniera potessero scorgerli e senz’altro si era diretto verso la punta di Corrientes per poi uscire in mare.

Era stato in quel momento che gl’insorti, accortisi della fuga della nave, avevano ripreso il fuoco con estrema violenza, convergendo i loro colpi in mezzo all’ensenada. Le palle cadevano fitte sull’Yucatan, battendo contro i fianchi e cacciandosi negli strati di celluloide, senza però causare alcun danno; poichè i fori subito si rinchiudevano dietro ai proiettili.

Colon, rinchiuso nella torretta d’acciaio di poppa, se ne rideva. Ci voleva altro che palle di fucile per l’Yucatan!... Aveva comandato anche ai marinai di sgombrare la coperta non lasciando che sei uomini intorno agli hotchkiss, riparati dietro a quattro balle di celluloide compresse, ostacoli sufficienti per metterli al coperto dalle palle di fucile.

In mezzo alla baia però l’Yucatan aveva fatto improvvisamente l’incontro di quattro grosse scialuppe, montate ognuna da una ventina di bersaglieri, i quali avevano subito aperto un fuoco indiavolato contro la nave, mentre alcuni remiganti le spingevano innanzi per tentare l’abbordaggio.

— Ohe!... Uomini di prora!... — gridò il mastro. — Fate cantare un po’ gli hotchkiss, poi passeremo addosso a quelle barche a tutto vapore!... Il signor Cordoba non deve essere lontano.

Poi, mentre i due pezzi scaricavano rapidamente i loro colpi spazzando la baia e mandando a picco una scialuppa, l’Yucatan aveva presa la corsa, passando addosso alle altre.

Urla di furore avevano accolto quel colpo maestro del vecchio lupo di mare.

Gli equipaggi delle scialuppe, capitombolati in acqua, avevano bensì cercato di arrampicarsi a bordo per giungere sul ponte ed impegnare una lotta disperata; l’Yucatan li aveva lasciati indietro, continuando la sua corsa verso il capo Corrientes, senza badare alle continue scariche degl’insorti imboscati fra i paletuvieri.

Gli uomini degli hotchkiss, abbandonati i pezzi, si erano slanciati sul castello di prora tenendo in mano delle funi e chiamando ad alta voce il signor Cordoba.

Ad un tratto a breve distanza udirono una voce alzarsi dal mare:

— Ohe!... Accostate adagio o ci taglierete!...

— Siete voi, signor tenente? – chiese un artigliere.

— Chi vuoi che sia?

— Mastro Colon, macchina indietro! — urlarono i marinai di prora.

L’elica fu arrestata, poi le pale batterono precipitosamente l’acqua in senso inverso rallentando lo slancio del Yucatan.

Una massa confusa si distingueva a pochi metri dallo sperone della piccola nave. Gli artiglieri degli hotchkiss lanciarono le funi, gridando:

— Attenzione!...

— Imbarcate!... — si udì a gridare il signor Cordoba.

Mentre le palle fischiavano sul ponte della nave e attorno alla scialuppa, Cordoba ed i suoi compagni si erano rapidamente imbarcati, legando una fune all’anello di prora.

— Avanti a tutto vapore!... — comandò Cordoba. — Saliremo a bordo più tardi!... Al largo, mastro Colon!... —

L’Yucatan prese a rimorchio la baleniera, e continuò la corsa con una velocità di quindici nodi all’ora, dirigendosi verso l’uscita della baia.

I cubani, vedendo la preda agognata a fuggire, raddoppiavano il fuoco sperando d’arrestare la rapida nave.

La distanza aumentava di minuto in minuto e le palle non giungevano quasi più a destinazione.

Poco dopo l’Yucatan passava dinanzi alla piccola insenatura — Ecco fatto, — dissero i due marinai.
— Non uccidetelo! — esclamò la marchesa.
ove Cordoba aveva fatto esplodere il siluro, speronando un ammasso di rottami, gli avanzi della povera cannoniera, poi varcata la punta di Corrientes si slanciava a tutto vapore sulle onde del mare dei Caraibi.

— Ehi!... Mio vecchio Colon, sei contento adunque? — chiese in quell’istante una voce.

Era il signor Cordoba che così parlava. Senza attendere che venisse issata la scialuppa, da bravo marinaio si era arrampicato su per la fune di rimorchio, mettendo piede dietro la torretta di poppa.

— Voi, tenente!... — esclamò il vecchio mastro. — Mille milioni di merluzzi!... Che colpo superbo, signor Cordoba!... Pardo ed i suoi furfanti creperanno di rabbia!... È stata sminuzzata la cannoniera?...

— È andata a picco subito, mio caro. Sfido io!... Un siluro di quella grossezza!... Avrebbe mandato in aria anche una corazzata di diecimila tonnellate.

— E l’equipaggio che la montava?...

— Spero che non sarà perito tutto, vecchio Colon. All’ultimo momento ho avuto compassione per quei poveri diavoli ed ho voluto avvertirli che stavano per saltare.

— Forse avete fatto male a risparmiare quei nemici della nostra Spagna e quegli alleati di quei ladroni d’yankees; la guerra è però appena cominciata ed avremo tempo di mandarne degli altri all’altro mondo.

— Lo si vedrà in seguito. Per ora accontentiamoci di essere sfuggiti a quella pericolosa imboscata ed al blocco. Fa spegnere i fanali, vecchio mio; non è prudente navigare con dei lumi accesi a bordo.

— Temete che vi siano delle navi americane in questi dintorni?

— Chi può saperlo?... So che il blocco è stato esteso a tutte le coste dell’isola e qualche nave potrebbe trovarsi in questi paraggi per sorvegliare l’ensenada di Cortez e l’isola dei Pini.

— Giungeremo ai cayos di S. Felipe all’alba...

— Bisogna arrivare prima, Colon.

— Vi sono una sessantina di miglia da percorrere, signor Cordoba.

— Avanzeremo a tiraggio forzato, se sarà necessario; voglio giungere prima che le tenebre si alzino. Se gl’insorti che si trovano colà si accorgessero della presenza della nostra nave potrebbero avere dei sospetti. Tu conosci quei cayos?...

— Come la ensenada di Corrientes, signor Cordoba, — rispose il mastro.

— Ci occorre un nascondiglio, Colon.

— Lo troveremo.

— Che sia vicino a S. Felipe.

— Sarà vicinissimo.

— Allora sai dove condurre l’Yucatan.

— Lo so, signor Cordoba, — rispose il vecchio marinaio, con un sorriso misterioso. — Basterà abbassare gli alberi e noi passeremo.

— Passeremo!... — esclamò Cordoba, con stupore. — E dove?... In mezzo a qualche altra scogliera forse?...

— Meglio ancora, signor Cordoba.

— Ah!... Credo di comprendere!... Mi hanno detto che fra quei cayos si trovano dei bacini che sembrano racchiusi dalle rupi e nei quali si accede passando per dei canali strettissimi. È così, Colon?...

— No, signor Cordoba; si tratta d’un’ampia caverna marina che forse pochi conoscono e dentro la quale noi potremo nasconderci assieme all’Yucatan.

— Vada per quella caverna!... Ingegnere!...

— Signore!... — esclamò il macchinista, comparendo sulla scala.

— A ventiquattro nodi!...

— Siamo inseguiti, signor Cordoba?

— No, mi preme divorare molta via.

— Andremo a venticinque nodi, signore. Riempirò i forni fino a fondere le grate di ferro.

— Benissimo: badate che non succeda qualche guasto se vi preme salvare la marchesa.

— Non temete. —

Cordoba estrasse una scatola, prese una sigaretta, l’accese e si accomodò placidamente su di una poltrona a bilico che soleva adoperare la Capitana e si mise a fumare, mormorando:

— Quando saremo a S. Felipe, noi rideremo: parola di Cordoba. —

Ad un tratto si battè la fronte, esclamando:

— E quel caro signor Del Monte?... Carrai!... Io l’aveva dimenticato. Ehi, Colon, fa condurre qui il cubano.

— Volete appiccarlo, tenente?... — chiese il mastro.

— Eh!... Il desiderio lo avrei, ma penso che può renderci qualche altro servigio prima di mandarlo a trovare messer Belzebù, suo patrono. Va a prenderlo pel collo e portalo in coperta, delicatamente per ora: non bisogna guastarmelo. —

Mezzo minuto dopo mastro Colon conduceva in coperta il cubano, tenendolo ben stretto pel colletto della camicia. Il povero diavolo, credendo fosse giunta la sua ultima ora, era diventato giallo come un limone maturo e sua prima cosa, appena giunse sulla tolda, fu quella di guardare se dai pennoni o dal picco della randa pendeva qualche laccio. Non vedendone alcuno si rasserenò un poco e mandò un sospiro di soddisfazione.

— Avete voluto spaventarmi, signor Cordoba?... — chiese, scorgendo il tenente attraverso ad una vera nube di fumo.

— Non so nulla, mio caro signor Del Monte, — rispose Cordoba che si dondolava tranquillamente e che continuava a fumare come un turco.

— Avete dimenticata già la vostra promessa?...

— Uh!... Le promesse in tempo di guerra valgono ben poco, signor Del Monte; però rassicuratevi, non ho ancora fatto preparare il nodo scorsoio che deve appiccarvi. Per ora ho delle preoccupazioni ben più gravi pel capo e che valgono ben di più della vostra pellaccia.

— E quali, signor Cordoba?... Non siete contento di aver lasciato la baia di Corrientes, mentre avreste dovuto perdere la nave, il carico e fors’anche la vita se io non vi avessi avvertito del pericolo?...

— Non dico di no, ma ho altri pensieri. Mio caro signor Del Monte, voi conoscete certamente i cayos di S. Felipe?

— Sì, signor Cordoba.

— Chi comanda laggiù?...

— Il signor Guaymo.

— Ne so quanto prima.

— Un luogotenente di Pardo.

— Toh!... Ma quanti luogotenenti ha quel Pardo? Che tutti gl’insorti siano suoi aiutanti, sotto-aiutanti, e sotto-tenenti?...

— Infatti ne ha parecchi e tutti fidatissimi.

— Lo siete anche voi per caso?...

— Non ho mai avuto quest’onore.

— Quanti uomini ha quel signor Guaymo?...

— Un trecento, credo. —

Cordoba fece una smorfia.

Carramba!... — esclamò. — E tutti armati?...

— Di eccellenti fucili sbarcati dagli americani, e posseggono anche una batteria di mitragliatrici che più tardi passeranno sull’isola.

— Canaglie di yankees!... Conoscete quel signor Guaymo?...

— Molto, signor Cordoba.

— Credete voi che presentandovi a nome di Pardo mi potesse cedere la marchesa ed il capitano Carrill?...

— Hum!... Guaymo è troppo sospettoso per sperarlo.

— Si può ingannarlo.

— In qual modo?...

— Innalzando la bandiera americana sul mio legno e fingendomi un capitano yankee.

— È impossibile, signor Cordoba.

— E per quale motivo?...

— Perchè l’Yucatan ormai è stato segnalato dappertutto: nave a vapore di trecento tonnellate, due alberi, un pezzo in torretta, due hotchkiss per armamento, cento uomini d’equipaggio e un carico di armi per gli spagnuoli. Presentatevi a S. Felipe e la vostra nave verrà tosto riconosciuta.

— Mille fulmini!... Chi ha fornito agli insorti tante indicazioni?...

— Il console americano di Merida.

— Che lo colga la febbre gialla!... — urlò Cordoba.

Poi dopo d’aver riflettuto alcuni istanti, mormorò, alzando le spalle:

— La vedremo se non sarò capace di strappare a quei messeri la nostra Capitana. Carramba!... Cordoba non è uomo da arrestarsi a mezza via. Ehi, Colon!...

— Signore!...

— Riconduci questo caro signor Del Monte all’ombra. Il sole potrebbe fargli male e poi nella cabina avrà più agio di pensare. Diavolo!... Quando si tratta di salvare la pelle si può mettere sossopra e frugare e rifrugare il cervello.

Signor Del Monte pensate un po’ al vostro amico di San Felipe. Chissà!... Potrebbe tenere in sua mano la vostra grazia ed anche la corda da appiccarvi. —

Ciò detto Cordoba riaccese una seconda sigaretta e tornò a sdraiarsi sulla poltrona, mentre l’Yucatan correva, con un fremito sonoro, verso i cayos di S. Felipe, lasciandosi a poppa una lunga scia gorgogliante.


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