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V.
La mattina dopo, mentre stava per scendere alla scuola dei bimbi, la Varetti ricevette una visita inaspettata: la madre di Saltafinestra.
Questa entrò timidamente nella camera, inchinandosi, come davanti a una gran signora, e, nel girare gli occhi intorno in aria di curiosità rispettosa, parve un momento stupita di vedere appeso a una parete il ritratto d’un ufficiale. Era una piccola donna tozza, con un fazzoletto giallo sul capo, che lasciava vedere i capelli grigi; vestita da contadina, pulita: un viso d’anima in pena, con una ruga diritta in mezzo alla fronte, e due occhi inquieti e luccicanti, in cui pareva avesse due lacrime fisse, come cristallizzate.
Cominciò con una domanda singolare, a bassa voce, come se parlasse in un confessionale: domandò alla maestra se sapesse per qual motivo il suo figliuolo si fosse deciso ad andar alla scuola serale. La maestra si maravigliò della domanda. Che ne poteva saper lei? E il sospetto che la donna supponesse una relazione, anche solo di parole, tra lei ed il giovane, le fece salire il sangue alle guance.
Allora, con voce tremula, parlandole piano, quasi nell’orecchio, la vecchia le raccomandò il figliuolo: caso mai non si fosse portato bene e avesse commesso qualche.... imprudenza, pregava la signorina di compatire, fin che poteva, di non prenderlo di punta.... per via del suo carattere. Con tutte quelle ch’ei le aveva fatto, essa mostrava ancora di credere che fosse pervertito dalle cattive compagnie, più che tristo di fondo. Ma la verità le uscì di bocca a malgrado suo, quando vide negli occhi della ragazza un’espressione fuggevole di compassione. — Ah! signora maestra! — esclamò giungendo le mani. — Se sapesse che vita è la mia! Quel figliuolo che gli darei tutto il mio sangue! Santa Maria benedetta! Dire che dai tredici anni in su non s’è più voluto confessare né comunicare! — E si mise a piangere. Sì, le sarebbe parso poca cosa tutto il resto, se solamente fosse voluto andare a messa la domenica. Anzi, era venuta apposta per questo. Se la signora maestra, facendo lezione, così alla lontana, a poco a poco, gli avesse potuto insinuare un po’ di religione, un poco di timor di Dio, con quelle parole che le persone istruite sanno trovare, avrebbe fatto un’opera santa, e lei l’avrebbe benedetta per tutta la vita.
Qui s’interruppe per avvicinarsi alla finestra e guardar sul viale, senza mettere il viso alla vetrata, perchè temeva che il figliuolo l’avesse vista entrare o potesse vederla uscire. E il suo aspetto e ogni suo movimento dimostravano un affanno abituale ed antico che s’era fatto come una malattia cronica in lei, dicevano una storia miseranda di dolori e di stenti, le notti vegliate ad aspettare il figliuolo, col tremacuore di vederselo portar ferito o cadavere, le persecuzioni e le busse toccate dal marito, il terrore continuo della giustizia umana e divina, venticinque anni di vita ch’erano stati un lungo martirio senza conforto e senza requie. Poi tornò a raccomandare il figliuolo con parole umili, dalle quali trapelava nondimeno una certa alterezza paurosa dell’avvenenza, del coraggio, e perfino della celebrità trista di lui. Cattivi compagni e cattive donne lo cercavano, lo volevano tutti, lo tiravano a bere e a giuocare, egli era orgoglioso, s’offendeva per una mezza parola, non aveva paura di niente al mondo.... Ma da bambino era stato buono come gli altri. — E questo ricordo la fece dare in pianto un’altra volta. — Chi me l’avesse detto, — esclamò, piangendo nelle mani aperte, — quando lo portavo in collo, che m’avrebbe straziato il cuore in questo modo! — E mentre la maestra le diceva qualche parola di consolazione, essa levò le mani dal viso e stette a guardarla in atto di gratitudine e d’ammirazione, come osservando per la prima volta la sua figura signorile e la sua voce soave. Espresse poi il suo pensiero nell’andar via, guardandola di nuovo da capo a piedi. — Ah! poverina! — disse — una signorina così.... dover far la scuola a tutti quegli indemoniati! — E se n’andò, dopo aver lanciato un altro sguardo sospettoso dalla finestra.