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VIII.
Il suo primo pensiero fu di cessare le lezioni. Ma poi prevalse in lei il sentimento della dignità. Sarebbe stata una viltà il ceder così subito all’insolenza d’una piccola parte, ch’era la peggiore, della classe. E decise di persistere, non solo; ma di tenere chiusi in sè i suoi affanni e le sue paure. La maestra Baroffi, peraltro, la tirò su quel discorso la mattina dopo, a colazione, lagnandosi con lei che i suoi alunni serali avessero bucato in fondo i calamai fissi nei banchi, in modo che quella mattina era colato tutto l’inchiostro sui vestiti delle ragazze. Allora la Varetti le parlò delle sue angustie. Ma quella, con la sua voce grassa di madre nobile, ribatteva sempre lo stesso chiodo: — Ma parla loro una volta! Fa’ loro un bel discorso, che li commova! Fin che non ti farai sentire, non farai nulla. Ti scrivo una parlata io, se ti pare. Il tuo motto deve essere: Sursum corda! Ah se fossi io al tuo posto! Me li farei venire a baciarmi le mani, come schiavi riconoscenti. La parola è tutto, mia cara! — La Varetti, però, non le disse verbo dell’atto del Muroni perchè, in fondo, sebbene l’avesse offesa, l’aveva tolta almeno da un’affannosa incertezza, svelandole con che fine era venuto a scuola; e anche il nuovo timore ch’ella aveva ora di una vendetta del suo orgoglio ferito, essendo qualche cosa di determinato, l’angustiava meno della paura misteriosa di prima.
Senonchè la terza lezione fu anche più burrascosa della seconda. Ella s’accorse fin dai primi momenti che ci doveva essere un’intesa per far del chiasso fra i peggiori ragazzi della classe. Anche il contegno del Muroni le apparve mutato di proposito fin dal principio. Egli prese nel suo banco un atteggiamento spavaldo, con le mani nelle tasche della sottoveste e una gamba sull’altra, guardando lei con uno sguardo che andava senza posa dal viso ai piedi e dai piedi in su, accompagnato da un dondolio del capo e da un sorriso continuo, come se volesse farle capire il desiderio sensuale che gli faceva accarezzar così con occhio insolente tutta la sua persona. Ella scoperse un accordo fra lui e il piccolo Maggia, al quale dava delle occhiate per incoraggiarlo alle impertinenze. Resse non di meno fin che potè, senza far rimproveri. Ma, senza volerlo, il socialista Lamagna suscitò il disordine. Quando un alunno di destra lesse ad alta voce una proposizione dell’Artiere italiano che diceva: “Il galantuomo, anche se è povero, è sempre contento e onorato„ — il Lamagna fece un riso ironico, e disse forte: — Che pastocchie da venir a contare a noi! — E tutti i ragazzi risero in coro. Ciò non ostante, ad ogni interruzione o monelleria di costoro, la confortava il veder la maggior parte degli uomini, e in ispecie i contadini ed i pastori, far segno di maraviglia e di riprovazione, e dare anche sulla voce ai disturbatori; e alcuni di essi, dei visi onesti e gravi, mostrare un sincero rammarico. Questo le diede coraggio fino a minacciare qualcuno di espulsione perpetua; ma la sua voce gentile e tremola dava così poca forza a quelle minacce, che nessuno se ne diede per inteso. A un certo punto, a un’interruzione chiassosa del piccolo Maggia, s’alzò quella specie di bruto di suo zio, rabbioso come un giumento molestato, e gli mostrò il pugno enorme e gli occhi bianchi; ma la paura di quel pugno non lo racquetò che pochi minuti. Egli non faceva propriamente nulla da potere esser colto e scacciato; la maestra non riusciva mai a prenderlo sul fatto. Con una varietà e rapidità maravigliosa di gesti, di smorfie e di lazzi egli eccitava e disturbava vicini e lontani, facendo sempre in tempo a ricomporre la faccia a un’espressione di stupore buffonesco. quando essa lo guardava. Infine, nacque uno scandalo. Avendo la maestra chiamato a leggere Saltafinestra, questi, finita la lettura, per rimettersi a sedere fece un giro sopra sè stesso, voltando la schiena a lei. Stando col viso chino sul libro, essa non vide l’atto, ma a una risata di tutta la ragazzaglia sospettò l’ingiuria, e mutò colore.
Scoppiarono varie voci d’indignazione, fra le quali s’udì distinta quella del Perotti che gridò: — È una vergogna!
Il Muroni si voltò di scatto verso di lui e gli fissò in viso due occhi terribili, in cui balenava la risoluzione d’una vendetta. Poi disse fra i denti:
— A più tardi!
Alla maestra s’agghiacciò il sangue: le parve di veder per aria un coltello, tutto le si oscurò dinanzi, non ebbe più la forza di pronunciare una parola di rimprovero.
L’aspettazione d’una rissa tenne la classe in silenzio.
La povera ragazza avrebbe voluto che la lezione non finisse mai. Quando fu alla fine ebbe ancora tanta forza da dire con un filo di voce: — Escano in silenzio, mi raccomando; vadano subito a casa; non mi diano dei dispiaceri.
Saltafinestra aspettò il Perotti sul viale, davanti alla scuola. Tremando come una foglia, la maestra mise il viso allo spiraglio dell’uscio, dopo aver esortato inutilmente il cantoniere a correr fuori a intromettersi: questi diceva che sarebbe accorso, quando fossero venuti alle mani, e non si moveva di dietro a lei. Essa vide gli alunni disporsi in cerchio come per assistere a una lotta. Il Perotti e il Muroni si misero l’uno di fronte all’altro, al lume del lampione, coi visi alti, che quasi si toccavano. Nel silenzio della folla, udì le loro voci.
— Torni un po’ a dire quello che ha detto! — disse il Muroni.
In quel momento si udì la voce piangente del figliuolo del Perotti che supplicava il padre d’andarsene, e pareva che si sforzasse di tirarlo via.
La maestra si sentì un sudore freddo alla fronte.
Ma alle prime parole del Perotti, capì ch’egli dava indietro. Gl’intese dir confusamente: — ....tra camerati.... non vai la pena.... quando uno dice il suo sentimento....
Tutta la ragazzaglia mise fuori quell’ah! prolungato, con cui si piglia atto d’una ritrattazione.
Il Muroni disse forte, fra il mormorio: — A me non si fanno osservazioni, — e continuò, senza che la maestra capisse, in tono risentito, fischiando quasi le parole. La voce del Perotti rispose anche più blanda di prima. La rissa era scansata. I due contendenti e la folla si cominciarono a movere.
La ragazza respirò. Ma capì che non avrebbe più avuto nessun protettore coraggioso contro chi l’insultava.