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Niccolò Machiavelli - La mandragola (1518)
Atto primo
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MANDRAGOLA.
ATTO PRIMO.
SCENA PRIMA.
- Callimaco
- Siro, non ti partire, io ti voglio un poco.
- Siro
- Eccomi.
- Callimaco
- Io credo, che ti maravigliassi della mia subita partita da Parigi, ed ora ti maravigli sendo io stato quì già un mese senza far alcuna cosa.
- Siro
- Voi dite il vero.
- Callimaco
- Se io non ti ho detto infino a quì quello che io ti dirò, non è stato per non mi fidare di te, ma per giudicare le cose, che l’uomo vuole non si sappino, sia bene non le dire, se non sforzato. Pertanto pensando io di avere bisogno dell'opera tua, ti voglio dire il tutto.
- Siro
- Io vi son servidore; i servi non debbono mai domandare a' padroni d’alcuna cosa, nè cercare alcun loro fatto; ma quando per loro medesimi le dicono, debbono servirli con fede, e così ho fatto, e son per far io.
- Callimaco
- Già lo so. Io credo che tu m'abbi sentito dire mille volte (ma e’ non importa, che tu l'intenda mille una) come io aveva dieci anni, quando dai miei tutori, sendo mio padre e mia madre morti, io fui mandato a Parigi, dove io son stato vent'anni. E perchè in capo di dieci cominciarono per la passata del re Carlo le guerre in Italia, le quali rovinarono quella provincia, deliberai di vivermi a Parigi, e non mi ripatriare mai, giudicando poter in quel luogo vivere più sicuro che quì.
- Siro
- Egli è così.
- Callimaco
- E commesso di quà che fussino venduti tutti i miei beni, fuori che la casa, mi ridussi a vivere quivi, dove sono stato dieci altri anni con una felicità grandissima.
- Siro
- Io lo so.
- Callimaco
- Avendo compartito il tempo parte alli studii, parte a’ piaceri, e parte alle faccende; e in modo mi travagliavo in ciascuna di queste cose, che una non m'impediva la via dell’altra. E per questo, come tu sai, vivevo quietissimamente, giovando a ciascuno, e ingegnandomi di non offender persona, talchè mi pareva di esser grato a’ borghesi, a’ gentiluomini, al forestiero, al terrazzano, al povero, ed al ricco.
- Siro
- Egli è la verità.
- Callimaco
- Ma, parendo alla Fortuna che io avessi troppo bel tempo, fece, che capitò a Parigi un Cammillo Calfucci.
- Siro
- Io comincio a indovinarmi del mal vostro.
- Callimaco
- Costui (come gli altri Fiorentini) era spesso convitato da me, e, nel ragionare insieme accadè un giorno, che noi venimmo in disputa, dove erano più belle donne, o in Italia, o in Francia; e perch'io non potevo ragionare delle Italiane, sendo sì piccolo quando mi partii; alcun altro Fiorentino, ch'era presente, prese la parte Francese, e Cammillo l'Italiana; e dopo molte ragioni assegnate d'ogni parte, disse Cammillo quasi che irato, che se tutte le donne Italiane fussino mostri, che una sua parente era per riaver l’onor loro.
- Siro
- Io son or chiaro di quello, che voi volete dire.
- Callimaco
- E nominò Madonna Lucrezia, moglie di Messer Nicia Calfucci, alla quale dette tante laudi, e di bellezze, e di costumi, che fece restare stupido qualunque di noi; e in me destò tanto desiderio di vederla, ch'io, lasciato ogni altra deliberazione, nè pensando più alle guerre, o alla pace d’Italia, mi messi a venir quì, dove arrivato ho trovato la fama di Madonna Lucrezia essere minore assai, che la verità, il che occorre rarissime volte, e sommi acceso in tanto desiderio d’essere seco, che io non truovo loco.
- Siro
- Se voi me ne avessi parlato a Parigi, io saprei che consigliarvi; ma ora non so io che ve ne dire.
- Callimaco
- Io non ti ho detto questo per voler tuoi consigli, ma per sfogarmi in parte; e perchè tu prepari l’animo ad aiutarmi, dove il bisogno lo ricerchi.
- Siro
- A cotesto son io paratissimo; ma che speranza ci avete voi?
- Callimaco
- Ahimè, nessuna o poca; e dicoti in prima mi fa guerra la natura di lei, che è onestissima e al tutto aliena dalle cose d’amore; avere il marito ricchissimo, e che al tutto si lascia governare da lei, e se non è giovane, non è al tutto vecchio, come pare; non avere parenti, o vicini con chi ella convenga ad alcuna vegghia o festa, o ad alcuno altro piacere, di che si sogliono dilettare le giovani; delle persone meccaniche, non gliene capita a casa nessuna; non ha fante, nè famiglio, che non tremi di lei; in modo che non ci è luogo d'alcuna corruzione.
- Siro
- Che pensate adunque poter fare?
- Callimaco
- E’ non è mai alcuna cosa sì disperata, che non vi sia qualche via da poterne sperare, benchè la fusse debole e vana; e la voglia e il desiderio, che l’uomo ha di condurre la cosa, non la fa parere così.
- Siro
- In fine, e che vi fa sperare?
- Callimaco
- Due cose. L’una, la semplicità di Messer Nicia, che benchè sia Dottore, egli è il più semplice e il più sciocco uomo di Firenze; l’altra, la voglia che lui e lei hanno di avere figliuoli, che, sendo stata sei anni a marito e non avendo ancor fatti, ne hanno, sendo ricchissimi, un desiderio che muoiono. Una terza ci è, che la sua madre è suta buona compagna, ma la è ricca, tale che io non so come governarmene.
- Siro
- Avete voi per questo tentato per ancora cosa alcuna?
- Callimaco
- Sì ho, ma piccola cosa.
- Siro
- Come?
- Callimaco
- Tu conosci Ligurio, che viene continuamente a mangiar meco. Costui fu già sensale di matrimoni, dipoi s’è dato a mendicare cene e desinari e perchè gli è piacevole uomo, messer Nicia tien con lui una stretta dimestichezza, e Ligurio l’uccella; e benchè nol meni a mangiare seco, li presta alle volte danari. Io me lo son fatto amico, e gli ho comunicato el mio amore, lui m’ha promesso d’aiutarmi con le mane e co’ piè.
- Siro
- Guardate e’ non v’inganni: questi pappatori non sogliono avere molta fede.
- Callimaco
- Egli è il vero. Nondimeno, quando una cosa fa per uno, si ha a credere, quando tu gliene communichi, che ti serva con fede. Io gli ho promesso, quando e’ riesca, donarli buona somma di danari; quando non riesca, ne spicca un desinare ed una cena, chè ad ogni modo non mangerei solo.
- Siro
- Che ha egli promesso insino a qui, di fare?
- Callimaco
- Ha promesso di persuadere a messer Nicia che vada con la sua donna al bagno in questo maggio.
- Siro
- Che è a voi cotesto?
- Callimaco
- Che è a me! Potrebbe quel luogo farla diventare d’un’altra natura, perchè in simili lati non si fa se non festeggiare. E io me n’andrei là, e vi condurrei di tutte quelle ragion’ piaceri che io potessi, nè lascerei indietro alcuna parte di magnificenzia; fare’mi familiar suo, del marito. Che so io? Di cosa nasce cosa, e il tempo la governa.
- Siro
- E’ non mi dispiace.
- Callimaco
- Ligurio si partì questa mattina da me, e disse che sarebbe con messer Nicia sopra questa cosa, e me ne risponderebbe.
- Siro
- Eccogli di qua insieme.
- Callimaco
- Io mi vo’ tirare da parte, per essere a tempo a parlare con Ligurio, quando non si spicca dal dottore. Tu intanto, ne va’ in casa alle tue faccende, e, se io vorrò che tu facci cosa alcuna, io tel dirò.
- Siro
- Io vo.
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