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◄ | Capitolo XXXIII - La regina degli antropofaghi |
Conclusione
Tre mesi dopo gli avvenimenti narrati, un legno corsaro spinto dalla tempesta, andava a rifugiarsi nella baia abitata dagli antropofaghi. Era montato da sessanta filibustieri guidati da Sharp, un altro che doveva più tardi acquistare grande rinomanza fra gli scorridori del mare, colla seconda impresa di Panama.
Avevano appena gettate le àncore quando videro staccarsi dalla spiaggia una scialuppa montata da due bianchi e da un negro di statura atletica.
Erano Carmaux, Wan Stiller e Moko.
Dopo la misteriosa scomparsa della regina e del Corsaro, nella loro qualità di divinità marittime, erano stati proclamati liberi, affidando anzi a loro il supremo comando della tribù, e di quella libertà avevano subito approfittato per abbandonare i loro sudditi e rifugiarsi a bordo della nave corsara.
Fu da Sharp, che avevano già conosciuto alla Tortue, che appresero, con stupore, che Morgan e la maggior parte dei suoi compagni erano riusciti a salvarsi non solo, ma anche a ricondurre all'isola la Folgore, quantunque mezza fracassata dall'esplosione prima e dalla tempesta poi. Tornati quindici giorni dopo alla Tortue, Carmaux, l'amburghese ed il negro poterono finalmente rivedere i loro compagni e Morgan che avevano creduti inghiottiti dall'Atlantico ed informarli della misteriosa scomparsa del signor di Ventimiglia e della figlia di Wan Guld.
Varie spedizioni furono tosto organizzate da Grammont, da Laurent, da Wan Horn, da Sharp e da Harris, i più famosi capi della filibusteria e dallo stesso Morgan. Navi furono mandate a perlustrare le coste della Florida e perfino alle isole Bahama ma con nessun risultato.
Il Corsaro Nero era scomparso senza lasciar traccia in nessuna terra.
Solamente sei anni più tardi, quando già Morgan era diventato famoso colla sua ardita e fortunata spedizione di Panama e si era ritirato alla Giamaica a godersi le ricchezze immense accumulate, da un capitano fiammingo che veniva dall'Europa gli veniva consegnato un piccolo scudo d'oro che portava nel mezzo gli stemmi del signor di Ventimiglia e di Wan Guld, e che asseriva essergli stato dato da un vecchio marinaio italiano.