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Traduzione dal latino di Francesco Leopoldo Zelli Jacobuzi (1902)
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Come si dee regolare l’officio della notte nei giorni di Domenica.
CAP. 11.°
Nel giorno di Domenica si sorga
alle veglie più presto, e si tenga la
stessa forma; cioè, recitati (come sopra abbiamo stabilito) sei salmi e il
verso, sedendo tutti man mano e per
ordine nelle scranne, si leggano nel
codice (come già dicemmo) quattro
lezioni coi loro responsorii, e solo al
quarto responsorio si dica dal cantore
il Gloria. Il quale appena cominciato,
subito tutti si levino con riverenza.
Dopo le dette lezioni, sieguano
ordinatamente altri sei salmi con le
antifone, come i primi, e il verso. Quindi
si leggano altre quattro lezioni coi
loro responsorii nello stesso ordine.
Poi di nuovo si dicano tre cantici dei
Profeti, che saranno stabiliti dall’Abbate;
i quali cantici si recitino
coll’Alleluja. Detto anche il verso, e data
la benedizione dall’Abbate, si leggano
altre quattro lezioni del nuovo
testamento, come sopra. Dopo il quarto
responsorio, l’Abbate incominci l’Inno,
Te Deum laudamus. Finito il quale,
dica l’Abbate la lezione dell’Evangelo,
stando tutti ritti con riverenza e
tremore. Ed essa compiuta, tutti
rispondano Amen. Subito l’Abbate prosiegua a dire l’inno: Te Decet laus. —
E data la benedizione, s’incominci
l’officio del mattino.
Quest’ordine delle Veglie sempre si mantenga lo stesso nei giorni di Domenica, tanto di estate che d’inverno; se non forse (che mai non sia!) si destino i fratelli troppo tardi, e convenga allora abbreviare qualche cosa delle lezioni o dei responsorii. Ma però si badi che questo mai non accada. Che se pure accadesse, colui per cui negligenza accadde, ne renda a Dio degna sodisfazione nell’Oratorio.