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Traduzione dal latino di Francesco Leopoldo Zelli Jacobuzi (1902)
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Quanti salmi si abbiano a dire nell’officio di notte.
CAP. 9.°
Nella stagione invernale, premesso
primieramente il verso: Deus in
adjutorium meum intende, Domine ad adjuvandum me festina, si dica tre volte:
Domine labia mea aperies, et os meum
annuntiabit laudem tuam. A cui si
dee aggiungere il terzo salmo, e il
Gloria. Dopo questo, si canti con
antifona il salmo nonagesimo quarto.
Appresso pongasi l’Inno; e poi si
recitino sei salmi con le antifone. Finiti
i quali, e detto il verso, l’Abbate dia
la benedizione. E sedendo tutti sulle scranne, si leggano a turno dai fratelli
nel codice sul leggio tre lezioni, cui
s’intramezzino tre responsorii cantati.
Dopo la terza lezione però, colui che
canta dica il Gloria. E mentre il
Cantore incomincia a dirlo, subito tutti
si alzino dalle scranne, per onore e
riverenza della santissima Trinità.
I Codici che si devono leggere in queste veglie, siano di autorità divina o del vecchio testamento o del nuovo, e così anche i loro commenti, fatti dai più rinomati Padri ortodossi e cattolici.
Dopo queste tre lezioni e suoi responsorii, sieguano altri sei salmi coll’Alleluja cantata. Quindi si dica a memoria la lezione dell’Apostolo, il verso, e la supplicazione della litania, cioè, Kyrie eleison; e cosi finiscano le Veglie della notte.