< La scotennatrice
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II. Attraverso alla prateria
I. Una caccia ai bisonti III. Il campione degli uccisori di uomini

II.


Attraverso alla prateria.


La luna era comparsa fra i due più alti picchi della grande catena di montagne, lasciando cadere dolcemente sulla prateria addormentata i suoi raggi azzurrini.

Fra le alte erbe i grilli cantavano e fischiavano, essendovene in America anche di quelli che zuffolano come le vaporiere, ed in lontananza echeggiava, ad intervalli, l’urlo lugubre, tristissimo, di una coyote in cerca d’una cena non ancora trovata. I tre scorridori di prateria, dopo essere rimasti qualche minuto in ascolto e aver fiutata l’aria a più riprese, scuotendo il capo come persone che dubitano d’un qualche grosso pericolo, erano balzati lestamente in sella.

L’inglese, vedendo che stavano per andarsene senza più curarsi nè di lui, nè dei bisonti, dopo una breve esitazione e tre o quattro imprecazioni, aveva creduto bene d’imitarli poichè, dopo tutto, teneva più alla sua capigliatura che alla guarigione del suo spleen.

John si era messo alla testa del piccolo drappello, tenendo il rifle dinanzi alla sella per essere più pronto a servirsene.

Se Bud Turner non era caduto nelle mani degli Sioux, ciò che era difficile ammettere, essendo l’uomo più scaltro, più temuto e più svelto di tutti gli scorridori della prateria, in qualche luogo si doveva trovare: tale almeno era la convinzione dell’indian-agent e dei suoi compagni.

Doveva essersi appiattato in mezzo alle alte erbe per aspettare che gl’indiani si fossero allontanati.

— Un furbo come quello non si può prendere — mormorava John, eccitando il suo cavallone. — È sfuggito mille volte alla morte e credo che sarà sfuggito anche questa volta alle grinfe di quella triste megera. Cerchiamo... cerchiamo.

Galoppavano da cinque o sei minuti, quasi soffocati fra le altissime graminacee che sorpassavano le selle dei cavalli, quando l’indian-agent si volse bruscamente verso Harry che gli veniva subito dietro, dicendo:

— I bisonti ci stanno dinanzi.

— In marcia? — chiese lo scorridore.

— Sì, sfilano all’orizzonte al trotto.

— Molti?

— Ve ne devono essere laggiù parecchie centinaia.

— Come mai non si riposano, John? I bisonti la notte non marciano.

— Avranno i loro motivi per far giuocare le loro gambe. Devono aver fiutato un grande pericolo.

— Che abbiano gli Sioux alle spalle?

— lo credo invece che gl’indiani si occupino in questo momento più di noi che di quei ruminanti. Vorrei perdere la mia vecchia pipa che mi serve da trent’anni ed il mio rifle insieme, se la nostra presenza non è stata già notata dai guerrieri di Minnehaha o di Toro Seduto.

— E noi continueremo ad avanzare?

— Io penso, amico, che fra le schiere di quegli stupidi animali avremo meno da temere da parte degl’indiani.

«Chissà che Turner non si sia messo al riparo dietro a quei bastioni viventi.

— E l’inglese? Non potrà trattenersi dal far fuoco e quindi tradirà la nostra presenza.

— Ci penso io a quel testardo.

Così dicendo fece fare al suo cavallo un brusco voltafaccia ed in due salti si portò vicino al lord, il quale non aveva ancora cessato di brontolare.

Milord — gli disse. — Lasciatemi esaminare per un momento la vostra carabina.

— Che cosa volere fare voi, mister? — chiese l’inglese.

— Vedere se è stata bene caricata, poichè fra cinque minuti noi ci troveremo in mezzo a delle centinaia e centinaia di bisonti.

— Aho!... Io essere finalmente contento!...

— Date.

L’inglese, che di nulla sospettava, gli porse l’arma che l’indian-agent si affrettò ad appendere all’arcione della propria sella.

Mister!... — gridò il lord, sorpreso ed incollerito. — Che fare voi?

— Vi disarmo perchè non possiate far fuoco contro i bisonti.

— Voi volere a me impedire sparare!... — gridò l’inglese, inarcando le braccia e stringendo i pugni. — Essere voi, diventato pazzo, mister?

«Io avere pagato per uccidere bisonti e voi ora impedire a me!... Aho!... Pazzo, pazzo, mister!...

— Niente affatto, milord — rispose l’indian-agent. — Il mio cervello non si è gonfiato, nè è diminuito d’una sola linea, anzi, tutt’altro.

— Sì, pazzo, pazzo, mister — tornò a urlare l’inglese, sempre più furibondo. — Io volere uccidere bisonti!...

— Più tardi forse, ma per ora no. Non avete capito che dietro quegli animali vi sono gl’indiani?

— Me importare niente indiani!... Me importare soli bisonti.

Milord — disse John, con voce minacciosa. — Questo non è il momento di sollevare delle dispute. Smettetela o vi uccido il cavallo e vi lascio a piedi nella prateria.

«Amici, seguitemi e tenetelo d’occhio.

L’inglese, testardo e prepotente, invece di cedere, balzò a terra, prese l’atteggiamento d’un pugilatore e fece girare i pugni dinanzi al proprio petto gridando rabbiosamente:

— Io sfidare tutti a boxe!... Briganti!... Vi farò impiccare!...

— Buon divertimento, milord, i bisonti vi risponderanno a colpi di corna. In quanto a noi abbiamo da far qualche cosa di meglio che quello di ammaccarci scambievolmente le costole.

Ciò detto spronò il suo cavallone e riprese la corsa, seguìto da Giorgio e da Harry i quali ridevano come pazzi.

L’inglese era rimasto solo, continuando a tirare pugni in tutte le direzioni, a rischio di colpire il suo cavallo e di prendersi un tremendo calcio.

— Lasciamolo fare — disse John. — Si deciderà a seguirci. Se si ostina ad aspettare lì i bisonti, lo raccoglieremo più tardi, se gl’indiani non l’avranno scotennato.

«Mi preme più salvare Turner, che ci sarà di grandissimo aiuto per uscire da questa trappola dentro la quale ci siamo così incautamente cacciati.

«Tenete ben fermi i cavalli e badate che non si spaventino.

«Ecco le prime file dei bisonti che ci vengono addosso.

Infatti le prime avanguardie dei giganteschi ruminanti giungevano già e, contrariamente alle loro placide abitudini, giungevano al piccolo trotto dando segni di viva inquietudine.

Le prime falangi erano formate da vecchi maschi armati di corna poderose. Dietro, dopo un breve intervallo, arrivavano pure trottando le femmine ed i vitelli, formando delle file interminabili, guardate sui fianchi da altri maschi per proteggere i piccoli dagli assalti dei lupi.

Malgrado le orrende stragi che da anni compivano i cacciatori bianchi, ben più feroci e più egoisti degl’indiani, poichè non uccidevano per procacciarsi della carne eccellente, bensì le sole folte pellicce assai apprezzate sui mercati dell’Est e dell’Ovest, i bisonti erano ancora numerosi in quell’epoca.

Le torme immense formate talvolta da quattro o cinque migliaia di capi, che emigravano verso le Montagne Rocciose per tornare poi verso le pianure costeggianti il Mississipi, non s’incontravano più; tuttavia non era raro imbattersi ancora in branchi di parecchie centinaia di ruminanti, vaganti fra il Colorado e il Wyoming.

Una cosa aveva colpito subito John: era l’intensa agitazione che si era impadronita di quegli animali, di solito così pigri durante le loro emigrazioni.

Perchè corressero in quel modo, maschi, femmine e vitelli, dimenticandosi di pascolare, mentre le succulente foglie del buffalo grass coprivano il suolo, un motivo ben grave ci doveva essere.

O avevano gl’indiani alle spalle o qualche pericolo ben peggiore doveva minacciarli.

— John — disse Harry, il quale aveva arrestato il cavallo a soli cinquanta o sessanta metri dai bisonti. — Che cosa dici tu di questa fuga?

— Umh!.. Uhm!... Non ci vedo chiaro in questa faccenda — rispose l’indian-agent. — Io ho però notato più volte che anche perseguitati dai cacciatori non si sono mai dati ad una corsa così pazza.

— Che cosa vuoi concludere?

— Che il mio naso sente sempre.

— Che cosa?

— Odor di fumo.

— Ancora?

— E più acuto di prima.

— Allora la prateria brucia.

— Mah!...

— Eppure non vedo alcun chiarore in nessuna direzione — disse Giorgio. — Con queste tenebre sarebbe facile scorgere delle lingue di fuoco.

— Il vento soffia debolissimo e la prateria non cessa che dinanzi ai Laramie — rispose l’indian-agent. — Chissà dove si trova il fuoco in questo momento, ma non dubitare che avanzerà.

— Allora non ci rimane che di ritornare verso il sud, raccogliere quell’ostinato inglese e cercare di raggiungere il generale Custer sull’Horse, per avvertirlo dell’alzata di scudi di Sitting-Bull e di Minnehaha.

«Ti pare?

John non rispose. Guardava diritto dinanzi a sè, al di là delle colonne dei bisonti, seguendo attentamente alcune macchie rossastre che spiccavano abbastanza vivamente sul verde smeraldo della prateria.

— Nè lupi, nè coyotes!... — esclamò ad un tratto. — Sono sei cavalli che galoppano furiosamente dietro un settimo che ha il mantello bianco e che li precede magnificamente.

«Quella è una caccia all’uomo. Guardate anche voi, amici.

— Corna di bisonte!... — gridò Harry. — Sono indiani che cercano di raggiungere un uomo bianco. Ah!... Odi?... Uno è caduto!...

In lontananza si era udito uno sparo ed una macchia rossa aveva interrotta bruscamente la corsa scomparendo fra le erbe.

— L’uomo bianco ha ammazzato un cavallo!... — gridò Giorgio. — Avesse ammazzato, col medesimo colpo, anche il briccone che lo montava.

— Chi può essere quel fuggiasco? — chiese Harry.

— Chi?... Chi?... Non può essere che Bud Turner!... — gridò John. — Amici, corriamo in suo aiuto!... L’eroe del Far-West non si deve lasciarlo perire sotto i nostri occhi.

— Ed i bisonti che ci tagliano il passo? — chiese Harry.

— Siete sicuri dei vostri mustani?

— Sicurissimi — risposero i due corridori.

— Attaccate senza paura, urlando e sparando. Quando i bisonti sono incolonnati non sono affatto da temersi.

«Approfittate della loro sorpresa per passare attraverso le linee.

«Anda!... Sotto!...

L’avanguardia della truppa era passata e si avanzava in quel momento il grosso, distanziando la prima d’un centinaio di metri.

Lo spazio era più che bastante pei cavalieri, tuttavia quel passaggio non era affatto senza pericoli.

Anche fra i bisonti vi sono dei rissosi, i quali non esitano, se importunati, a scagliarsi a testa bassa contro i cavalieri ed a conficcare le loro poderose corna nel ventre dei poveri animali, pronti poi a finire anche gli uomini appena balzati di sella.

I maschi che fiancheggiavano le femmine ed i vitelli erano sopratutto da temersi, come incaricati del buon ordine della colonna.

John piantò gli sproni nel ventre del suo cavallo e lo lanciò ventre a terra, urlando a squarciagola e scaricando la grossa rivoltella Colt, a otto colpi, che aveva levata dalla fonda della sella.

I suoi due compagni l’avevano prontamente seguìto, pure sparando ed urlando.

I bisonti, che fino allora pareva non si fossero nemmeno accorti della presenza dei cavalieri, quantunque si trovassero così vicini, udendo quelle detonazioni aprirono le loro colonne rovesciandosi gli uni addosso agli altri ed urtandosi furiosamente.

Quel momento bastò. I tre cavalieri passarono colla velocità d’una tromba fra l’avanguardia ed il grosso della truppa e si trovarono dall’altra parte.

Tre o quattro giganteschi maschi, dalla fronte villosa e le gobbe altissime, irritati di vedere le punte delle colonne andare a catafascio, si provarono ad inseguirli, mandando dei muggiti minacciosi, ma dovettero ben presto comprendere che non erano fatti per lottare, con qualche speranza di successo, coi lesti corridori della prateria.

Anda!... Anda!... — non aveva cessato di gridare John. — Lasciate i bisonti e guardate gl’indiani!...

La caccia all’uomo bianco, che montava un cavallo pure bianco, non era cessata.

I cinque indiani, poichè il sesto era caduto fra le erbe insieme al suo cavallo, per non più rialzarsi, conducevano la caccia con foga irresistibile, ben risoluti ad impadronirsi della capigliatura del fuggiasco.

Di quando in quando sparavano qualche colpo di carabina, che andava sempre a vuoto in causa delle scosse disordinate dei cavalli.

L’inseguito si era prontamente accorto della improvvisa comparsa dei tre cavalieri ed aveva cambiato direzione, avendo certamente compreso che accorrevano in suo soccorso.

Anche agl’indiani non era sfuggito quell’intervento niente affatto desiderato, poichè faceva perdere loro la capigliatura tanto desiderata; tuttavia, da gente coraggiosa, non avevano voltate le spalle.

— Quattro contro cinque — disse John, animando il cavallo, il quale cominciava a dare segni di stanchezza. — Coi nostri infallibili rifles avremo buon giuoco anche se quegli Sioux sono armati di winchester, che non hanno la portata nè la precisione delle nostre armi.

La distanza spariva a vista d’occhio, poichè anche il fuggiasco pareva possedesse un vero corridore della prateria.

A trecento metri, John trattenne violentemente il suo cavallo facendolo piegare fino quasi a terra, e mandò un grido di trionfo:

— Bud Turner!... Amici!... È lui!... Fate fuoco senza perdere tempo!...

Anche Harry e Giorgio avevano fermati i loro mustani, per poter meglio prendere la mira.

Tre lampi squarciarono le tenebre, seguiti da altrettante fragorose detonazioni e su cinque cavalli indiani tre caddero, sbalzando d’arcione i loro cavalieri.

— Ecco un tiro meraviglioso!... — urlò il fuggiasco.

I due ultimi indiani, vista la mala parata, scaricarono tre o quattro colpi di winchester, poi volsero le spalle e si allontanarono a corsa sfrenata, senza occuparsi dei loro compagni, i quali forse si erano nascosti sotto le altissime erbe, scomparendo ben presto fra le ombre della notte.

Il fuggiasco, sfuggito così miracolosamente ad una morte quasi sicura, raggiunse i suoi salvatori.

— John, l’indian-agent ed i suoi giovani amici!... — esclamò tendendo ambo le mani. — Solo voi potevate fare dei colpi così splendidi!... Grazie, amici della prateria.

«Voi avete salvata la capigliatura di Turner.

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